Come altre storie del jazz, anche questa parrebbe trovare il proprio incipit in una formula consueta e pigra: «In principio era Miles»; ma la questione è più complessa, legando Davis e Zawinul in un clinch tra vecchi pugili (i due erano fanatici appassionati e praticanti della nobile arte) ove si fa difficile distinguere le reciproche influenze. L’ammirazione di Miles per l’austriaco era genuina – non solo frutto dell’infatuazione per il suono del piano elettrico Wurlitzer – e fondata sulla capacità del pianista di stare all’essenziale, come esecutore, mantenendo raffinate capacità compositive. Davis le sfruttò largamente: nel 1968 incise tre composizioni di Zawinul (Ascent, Directions No. 1 e Directions No. 2); altre seguirono nel 1969 (In A Silent Way, Pharaoh’s Dance, Gemini, Double Image, Orange Lady, Recollections e Take It Or Leave It). Il pianista tuttavia non gradì il trattamento subìto dai propri materiali, in termini di disarticolazione armonica ma non […]
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