AUTORE
Tyshawn Sorey
TITOLO DEL DISCO
«Continuing»
ETICHETTA
PI
Il terzo capitolo della saga del «ritorno alle forme» di Sorey si compie in tempi assai stretti rispetto ai primi due e porta con sé, assieme all’ovvia ammirazione per il risultato, alcuni spunti di messa a fuoco. Fugata del tutto l’ipotesi del «trio di passaggio» (questione che potevamo già dare per risolta con il secondo capitolo), ci sembra pure ulteriormente spostato in avanti l’asse «straight», perché il nuovo disco (che ha lo stesso organico del primo) punta l’artiglieria anche su un concetto usuale di interplay, che da questo album esce sostanzialmente azzerato, rispetto a quanto siamo abituati a ritenere e a riconoscere come valido o accettabile. Uscite così ravvicinate sembrano escludere la casualità o, per meglio dire: è ben possibile che Sorey si stia nel frattempo dedicando ad altro, quel che ci sentiamo di escludere è che la pars destruens che queste sortite in trio (due diversi, in realtà, più Osby) portano con sé non sia una calcolata parte del processo creativo. Vedremo cosa accadrà, in attesa di riceverne indizi dallo stesso autore, che è nel suo pieno diritto di mantenere la suspense. Nel frattempo, come si diceva, quattro nuovi «standard» (ma anche questo concetto viene assai relativizzato) si incaricano di dare un altro calcio alla lattina, spostando l’obiettivo ancor più in avanti. Si tratta di Reincarnation Blues (Wayne Shorter), Seleritus (Ahmad Jamal), Angel Eyes (Matt Dennis) e In What Direction Are You Headed? (Harold Mabern). La dilatazione del tempo e il rapporto con esso (antico dilemma umano e non soltanto musicale), non bastano più a Sorey. Il trio sembra non aver più bisogno neppure del dialogo, come si diceva, almeno non nelle sue forme conosciute, perché i tre marciano attraverso vie distinte, ma uniti da un pensiero comune. Ciascuno opera in una forma di isolamento che non esclude gli altri due, nel raggiungimento di un discorso finale, completamente disancorato dal formato, che ne esce sovvertito, sebbene operando sul terreno del «canone» e delle forme. L’arsenale espressivo dei tre è impressionante, soprattutto quello di Sorey, naturalmente, ma anche il corposo radicamento offerto da Brewer, accanto alla batteria tonante, non è uno scherzo. Tuttavia, la funzione di Diehl nell’intero procedimento appare decisiva. Egli, facendosi spesso voce narrante e canto, è in grado di apportare un elemento di concretezza che è mancato in altri pianisti accanto a Sorey, facilitando così la sintesi. Ascoltare l’immobilità apparente di Angel Eyes può darne un’idea. Naturalmente ciascuno potrà trovare il proprio approccio a ognuno dei tre capitoli discografici, preferendo questo o quello. Poco importa, sono tutti da ascoltare e riascoltare.
Cerini
pubblicata sul numero di luglio 2023 di Musica Jazz
DISTRIBUTORE
pirecordings.com
FORMAZIONE
Aaron Diehl (p.), Matt. Brewer (cb.), Tyshawn Sorey (batt., perc.).
DATA REGISTRAZIONE
data e luogo non disponibile