Roy Hargrove & Mulgrew Miller «In Harmony»

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AUTORE

Roy Hargrove & Mulgrew Miller

TITOLO DEL DISCO

«In Harmony»

ETICHETTA

Resonance


Impossibile che un disco del genere possa passare inosservato. Innanzitutto per la musica straordinaria che vi è incisa: una manciata di standard riletti con un’eleganza e con una maestria fuori dal comune, l’ennesima dimostrazione che il grande jazz continua imperterrito a venir fuori anche da repertori abusati purché sia gestito da fuoriclasse, come in questo caso. Fuoriclasse, certo: non meri acrobati dello strumento bensì interpreti sensibili e in grado di mettere al servizio della musica una profondità emotiva che deriva non solo da una minuziosa conoscenza del proprio strumento ma anche, e soprattutto, dalla capacità di immergersi nelle profondità di un linguaggio che ancora dimostra di aver molto da offrire. E i due musicisti che hanno dato vita a questo piccolo capolavoro, nella loro purtroppo breve vita hanno avuto tanto da esprimere. La magistrale tecnica strumentale di Hargrove (1969-2018) e la capacità di contribuire in maniera incisiva a qualsiasi contesto hanno fatto di lui un musicista le cui caratteristiche non saranno così facili da ritrovare tutte insieme in una stessa persona. Ma la sua dimensione di artista di gran pregio risiede la sua capacità di scorporarsi dalle categorie e dalle etichette: all’inizio della carriera, Hargrove fu etichettato dalla critica come uno dei tanti giovani neo-tradizionalisti, termine che all’inizio degli anni Novanta aveva già preso un’accezione vagamente negativa. Col tempo si è capito che alcuni – non tutti – tra gli attacchi sferrati al cosiddetto jazz neo–conservatore di quegli anni erano virulente prese di posizione che non cercavano affatto di andare al fondo delle cose. I più interessanti tra i «giovani leoni» dell’epoca non si si limitavano a riproporre la storia dell’idioma afro-americano in maniera pedissequa ma cercavano di coglierne gli aspetti meno evidenti, così da trovare un personale linguaggio confrontandosi con i grandi modelli della storia. Quei giovanotti, tra cui proprio Hargrove, diedero prova dell’inesauribile ricchezza di sfumature e delle possibilità combinatorie nascoste in forme jazzistiche apparentemente più tradizionali. E ovviamente, dopo aver «paid his dues», come si dice, Hargrove iniziò a essere trattato alla pari anche dai musicisti delle generazioni precedenti (uno tra tutti, Oscar Peterson, col quale il trombettista incise un bel disco per la Telarc). Oppure – anche se nel 2006-2007 Hargrove era ormai già considerato un veterano, per quanto giovane – con un altro pianista di gran pregio come Mulgrew Miller (1955-2013). Miller, ex Jazz Messenger, ex delle band di Woody Shaw e poi di Kenny Garrett, aveva uno stile energico e nello stesso tempo equilibrato, con un senso drammaturgico e narrativo davvero emozionante. Le sue linee agili, frizzanti, i suoi accordi spesso inaspettati mettevano a dura prova qualsiasi interlocutore. Ma non Hargrove che, come si può ascoltare in questo disco, sapeva benissimo come tenergli testa e cadere sempre in piedi. Insomma, si tratta di un inedito di grande importanza storica e di forte impatto emotivo, data anche l’assai prematura scomparsa dei suoi partecipanti. Per certi versi, queste due esibizioni dal vivo hanno una capacità comunicativa non molto lontana, per dire, da un autentico monumento come l’Impulse inciso nel 1962 da John Coltrane e Duke Ellington. Anche qui si va dritti al nocciolo della questione e si ribadisce per l’ennesima volta che, spesso, «less is more». La Resonance ha fatto nuovamente centro, e questo è già uno tra gli inediti più importanti del 2021 (in attesa degli altri).
Gaeta

Pubblicata sul numero di luglio 2021 di Musica Jazz


DISTRIBUTORE

IRD

FORMAZIONE

Roy Hargrove (tr., flic.), Mulgrew Miller (p.).

DATA REGISTRAZIONE

New York, 15-1-06; Easton, 9-11-07.