MIGUEL ZENÓN «Golden City»

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AUTORE

Miguel Zenón

TITOLO DEL DISCO

«Golden City»

ETICHETTA

Miel Music

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Dopo l’omaggio devozionale e lucido al bolero (i due volumi di «El Arte del Bolero», con Luis Perdomo) e le produzioni extra-vagantes con il Prism Quartet e con Dan Tepfer (il più recente «Heritage/Evolution, Volume 3» e «Internal Melodies»), Zenón riprende i temi che più gli sono cari e ove si radica la sua più forte espressione autoriale e identitaria. E lo fa da par suo, con una produzione che aggrega un organico esteso e ritorna non soltanto al manifesto panamericano e multietnico già meravigliosamente esposto con «Música de las Américas», ma anche a una visione fortemente urbana, che mancava da tempo, dedicando il disco – che nasce da una commissione di SFJAZZ e della Hewlett Foundation – alla città di San Francisco, della cui evoluzione socio-politica e demografica ripercorre la storia, in una serie di vividi pannelli narrativi. La musica è così più viva e nervosa di quella del suo più recente passato, tagliente e icastica, profondamente ispirata – e questa, davvero, non è una novità. Nel nonetto spicca, innanzitutto, la linea dei tre fuoriclasse al trombone (Urcola è parzialmente sottratto alla tromba e accanto a lui sono due specialisti come Ferber e Garchick), ma anche il resto è al medesimo livello, con l’elettricità di Okazaki a far da perno per una rimica da sogno (Mitchell, Tordini e Weiss) e, in più, l’aggancio alle proprie origini e a Puerto Rico, con Díaz. L’ispirazione dei pezzi ricorre ai consueti marcatori culturali della poetica zenoniana, che in realtà si rivelano anche profondamente americani: la terra delle opportunità, i molteplici ceppi di nativi dell’intero continente, le ondate migratorie, soprattutto asiatiche e caribiche, la pari contribuzione di plurime etnie alla costruzione della Grande Nazione, ma anche le vessazioni, l’emarginazione e lo sfruttamento patiti dalla working class. La musica, che parte da un forte e florido sostrato post-bop, moderno e insieme innervato di sapidi rimandi a tutte le tradizioni chiamate in gioco, si sviluppa con un andamento ora più sinuoso, ora aggressivo, ma non privo di rilasci e di momenti di aperto ottimismo ed è fortemente caratterizzata, come già dicevamo, sia dai tre ottoni, sia da un certo ruolo di pivot che viene giocato, nel raccordo ritmico, dalla chitarra di Okazaki. È un vero piacere per le orecchie ascoltare il gruppo e verificare come il sassofonista se ne sappia mettere alla guida in modo assertivo, ma senza mai strafare, benedicendo idealmente anche un grande lavoro di gruppo. Si sarebbe voluto chiudere con una riflessione polemica su quanto e come il sistema delle commissioni riesca a fare per il bene della musica e della cultura in Paesi ove questi temi stanno realmente a cuore, paragonandolo alla povere spoglie del FUS nostrano; ma, davvero, è meglio lasciar perdere. Ennesimo disco da non perdere di un artista di straordinaria maturità: ascolto obbligato.
Sandro Cerini

DISTRIBUTORE

miguelzenon.bandcamp.com

FORMAZIONE

Diego Urcola (tr., trne a pistoni), Alan Ferber (trne), Jacob Garchik (tuba, trne), Miguel Zenón (alto), Matt Mitchell (p.), Miles Okazaki (chit.), Chris Tordini (cb.), Dan Weiss (batt.), Daniel Díaz (perc.).

DATA REGISTRAZIONE

Mount Vernon, 27 e 28-11-23.

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