AUTORE
Julian Lage
TITOLO DEL DISCO
«The Layers»
ETICHETTA
Blue Note
L’anno scorso Julian Lage pubblicò per la Blue Note «View With A Room», un disco che fu molto ben recensito. Furono incisi diversi brani e si dovette faticare per selezionare quelli da inserire nell’album – il chitarrista è uno di quelli dalla vena compositiva felice e prolifica – alcuni dei quali furono dolorosamente esclusi, forse quelli più intimisti e, per questo, considerati meno pubblicabili. Probabilmente il successo di critica di quel lavoro ha spinto i discografici a recuperare e a pubblicare (a metà del mese scorso) «The Layers», che secondo lo stesso Lage è «in realtà il prequel di «View With A Room». Il suo valore aggiunto rispetto al disco precedente è la forma dei brani, più lunghi e che esplorano improvvisazioni più ampie, a suggellare un sodalizio (quello tra Lage e Frisell, due chitarristi accomunati dall’amore per l’intimismo) che esprime uno dei tratti distintivi del jazz dei nostri tempi. Solo sei brani – molto bella la title-track – di cui tre (Double Southpaw, This World, The Layers) incentrati sulla chitarra acustica, per meno di trenta minuti di ascolto: una musica che all’inizio potrebbe sembrare scarna rispetto a «View With the Room» ma che riesce a vivere di vita propria.
Nicola Gaeta
Nel recensire il precedente «View With A Room» (2022), rispetto al quale il disco in commento rappresenterebbe, secondo taluni, una sorta di prequel, avevamo sottolineato come la carriera del giovane chitarrista fosse entrata in una fase di (legittimo) consolidamento. Proprio quest’album, che in ragione forse della sua estrema brevità ha patito una certa sottovalutazione critica, ci sembra dimostrare come la ricerca di stabilità non debba essere intesa come un inaridimento della parabola artistica. Il chitarrista, infatti, archiviati definitivamente gli stereotipi dell’enfant prodige e del guitar hero si sta dimostrando un musicista capace di trarre profitto da ogni influenza e incontro (Frisell, naturalmente, ma anche Zorn e New Masada Quartet, Lloyd, Halvorson e Miles Okazaki) sviluppando una certa inquietudine che lo porta, soprattutto dal vivo, verso una cifra autoriale più frenetica di qualche tempo fa, pur mantenendo tutte le caratteristiche espressive che sinora lo hanno caratterizzato. E tali inquietudini prendono corpo anche in quest’album, in particolare, in un fitto reticolo di tessiture e stratificazioni (si ascoltino soprattutto Missing Voices e This World). Dunque si sarebbe ingenerosi nel considerarlo un mero «completamento» (o peggio un disco di scarti), mentre si può senz’altro accedere all’idea dell’opera che contiene delle visioni anticipatorie. Certo è che Lage si sta dimostrando capace ancora di tanti e tali progressi da rendere persino banale un vaticinio sul ruolo di protagonista e riferimento asso[1]luto che gli sarà sicuramente riservato nel prossimo futuro. Per questo attendiamo con curiosità l’uscita del nuovo disco in sestetto, annunciato per la prossima primavera, con la produzione di Joe Henry.
Sandro Cerini
Pubblicata sul numero di aprile 2023 di Musica Jazz
DISTRIBUTORE
Universal
FORMAZIONE
Julian Lage, Bill Frisell (chit.), Jorge Roeder (cb.), Dave King (batt.).
DATA REGISTRAZIONE
Brooklyn, date non indicate.