BREW «Heat / Between Reflections»

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AUTORE

Brew

TITOLO DEL DISCO

«Heat/Between Reflections»

ETICHETTA

Clean Feed


Una precisazione necessaria per iniziare: non si tratta di un doppio album ma di una coppia di dischi, ciascuno dei quali documenta una stagione del trio, originariamente nato come duo al quale si aggiunse successivamente Hemingway. Il primo disco contiene registrazioni provenienti da una seduta in studio nel 1998 e da un concerto alla Knitting Factory nel 1999. Dopo di allora, i tre si sono ritrovati in modo intermittente lungo tutto il decennio successivo, non trovando continuità anche per problemi logistici, riuscendo poi a rivedersi in studio nel 2019. Si avvertono inevitabilmente alcune differenze tra i due dischi, ma non dal punto di visto audio perché paiono registrati contemporaneamente. Al contempo si percepisce netta la continuità d’intenti nonostante i vent’anni di separazione temporale. Il denominatore comune è il flusso sonoro generato senza soluzione di continuità, uno sciame avvolgente e al tempo stesso inafferrabile che rende la musica sfuggente, scorrevole e coinvolgente. In entrambi i set il trio insiste nel gioco di contrasto, nella sottolineatura delle differenze tra il koto (in fondo, lo strumento che rende differente questo trio da altri) e il contrabbasso, al di là del[1]le diverse accordature e tecniche nell’uso dell’archetto e delle dita. La voce del tradizionale strumento giapponese è intrinsecamente mutevole, capace di metamorfosi timbriche idonee a valorizzare l’apporto della sezione ritmica, cosicché le volute di suono si innalzano, paiono spegnersi e riprendono la loro danza talora anche con grande forza senza prevaricazioni individuali. Qui emerge la prima differenza tra i due dischi, laddove l’impatto sonoro è più impetuoso nelle registrazioni del 1989, maggiormente teso a estrarre tutta l’energia possibile dalla combinazione essenziale dei tre strumenti. Esemplare in tal senso il crescendo orchestrato nel brano eponimo. Diversamente, nel secondo disco la panoplia strumentale si amplia, Masaoka passa a un monocordo (il vietnamita dan bau) collegato a un amplificatore per chitarra in una serie di brani tra cui Cutting by the Pound (dall’esemplare intro jazzistica), la rarefatta Cricket’s Paradise e Tug (dove spadroneggiano le distorsioni) e ricorre anche a diversi campionamenti elettronici così come altrettanto fa Hemingway, impegnato a sua volta anche al vibrafono. Non è da meno Workman che per l’occasione adopera anche una sega ad arco e percussioni varie. Tutto ciò non fa che rendere più densa la mescola tra le voci strumentali, moltiplicandole e quasi occultandone la reale provenienza, rendendo complicata l’identificazione degli attori in azione, come per esempio nella citata Cricket’s Paradise. È un procedimento che in qualche modo illustra al meglio anche il nome stesso che il trio si è dato. Non solo: in più occasioni si ha l’impressione che siano in ben più di tre a farsi sentire, creando un effetto corale senza un effettivo centro di gravità. L’aspetto affascinante di questa soluzione adottata dai Brew consiste nel rendere l’insieme assai simile a una nuvola sonora, giocando per sottrazione rispetto al disco precedente, cercando una diversa essenzialità. Ci sarà una terza occasione? Speriamo non tra vent’anni.
Fucile

recensione pubblicata sul numero di novembre 2023 della rivista Musica Jazz

DISTRIBUTORE

Goodfellas

FORMAZIONE

Miya Masaoka (koto, monocordo, elettr. perc.), Reggie Workman (cb., perc., sega musicale, didjeridoo), Gerry Hemingway (batt., voc., vibr., elettr.).

DATA REGISTRAZIONE

New York, inverno 1998, 10 e 12-11-99, 2-11-19.