Friedrich Gulda «Jazz»

13364

AUTORE

Friedrich Gulda

TITOLO DEL DISCO

«Jazz»

ETICHETTA

SWR Classic


La doppia ricorrenza legata a Gulda e caduta nel 2020 – novant’anni dalla nascita e venti dalla scomparsa – è passata largamente sotto silenzio sia sulla stampa sia nel mondo discografico, che poco hanno fatto per celebrare colui che è stato non solo uno dei più importanti pianisti classici del Novecento ma anche un significativo musicista di jazz. Per fortuna ci ha pensato la SWR Classic, etichetta dell’omonimo ente radiotelevisivo che serve il Baden- Württemberg e la Renania-Palatinato, aprendo i suoi ricchi archivi e ripescando una cospicua serie di esibizioni radiofoniche e concertistiche dell’imprevedibile viennese, confluite poi in una serie di cd di notevole interesse, tra cui un poderoso cofanetto di ben sette dischi, «The Stuttgart Solo Recitals 1966-1979», che dopo i prediletti Bach, Beethoven, Mozart e Debussy si chiude con l’unica esibizione superstite del trio di free improvisation The Inner Circle, con Ursula Anders a batteria e ammennicoli vari e Günther Rabl al contrabbasso, più il Nostro che strapazza amabilmente clavicordo, flauto dolce, cromorno (!) e si diletta anche nel canto.

Qui, invece, troviamo altre tra le numerose facce del Gulda musicista: il compositore, il direttore d’orchestra e il pianista di jazz. Le prime due sono rappresentate dalla Sinfonie in G, un lavoro orchestrale che le note di copertina presentano come «finora sconosciuto» ma che in realtà è presente da sempre nel catalogo delle opere pubblicato sull’archeologico eppur funzionale sito web del pianista, con tanto di data di prima esecuzione (che corrisponde difatti a questa di Stoccarda). Strutturato in tre tempi (Maestoso / Allegro con brio, Andante, Adagio / Allegro assai), il brano dura ben 36 minuti e vede all’opera entrambe le orchestre della SWR: quella sinfonica – assai considerata, all’epoca, nell’ambito della musica contemporanea e spesso scelta per prime esecuzioni di lavori di Boulez, Rihm e Henze – e quella multifunzionale fondata nel 1951 da Erwin Lehn e oggi ribattezzata SWR Big Band. Quest’ultima poteva contare su strumentisti di alto livello come il trombettista Ack van Rooyen, i sassofonisti Bernd Rade e Joki Freund e il batterista Klaus Weiss (vecchio compare di Gulda nelle sue scorribande jazzistiche), che infatti si ascoltano tutti quanti in significative uscite solistiche.

Dal punto di vista dello stile, il brano racchiude tutte quante le passioni del suo autore, dalla classica al jazz, alternando passaggi sinfonici a prolungati interventi della big band, senza però mai cadere nel kitsch; anzi, il dialogo tra le due anime di questa musica è proprio ciò che rende l’esecuzione assai interessante, evitando con abilità le derive sempre in agguato della Third Stream (tendenza che Gulda, com’è noto, odiava con tutte le sue forze). Il problema, magari, è proprio la smisurata messe di idee riversata nel brano con enorme generosità, tanto da farlo sembrare a volte più un quaderno di appunti che un’opera fatta e finita. E infatti Gulda non buttava via mai niente: quel che non dicono le note di copertina è che il Maestoso iniziale riapparirà quasi vent’anni dopo, senza eccessive modifiche, nella prima scena di Paradise Island, l’improbabile centone per il quale il pianista volle scaraventare sullo stesso palco i Münchner Philharmoniker, lo Zawinul Syndicate e la Paradise Band, ovvero la sua personale versione dei Weather Report del suo amico-rivale (con il sassofonista Harry Sokal, prelevato dalla Vienna Art Orchestra, e l’organista Barbara Dennerlein).

La seconda parte del cd presenta invece mezz’ora tratta dall’apparizione solitaria di Gulda al primo Heidelberger Jazztage (1971; l’anno seguente vi tornerà a suonare free jazz col trio Anima) e si concentra su composizioni ai tempi abbastanza recenti e poi divenute celeberrime: l’Entrée dalla Sonatine del 1967, il quarto studio della serie Play Piano Play, all’epoca ancora non inciso ufficialmente su disco e scritto per l’allora moglie Yuko, le Variations del 1966, abile camuffamento modaleggiante di Love For Sale, e il diabolico Prelude And Fugue del 1965. A questi brani, poi, Gulda aggiunge la bella rilettura di un pezzo dell’allievo prediletto Fritz Pauer. Si tratta di un’esibizione pianisticamente impressionante, sia dal punto di vista strumentale sia da quello espressivo: è forse una delle cose più riuscite del Gulda musicista di jazz, e completa nel migliore dei modi un disco che merita tutta la nostra attenzione.
Conti

Pubblicata sul numero di aprile 2021 di Musica Jazz.


DISTRIBUTORE

Ducale

FORMAZIONE

Radio-Orchester Stuttgart, Südfunk Tanzorchester; Friedrich Gulda (p., dir.).

DATA REGISTRAZIONE

Stoccarda e Heidelberg, 26-11-70 e 6-6-71.