AUTORE
Christian McBride Big Band
TITOLO DEL DISCO
«Without Further Ado, Vol. 1»
ETICHETTA
Mack Avenue
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Consistente spiegamento di forze per il nuovo album del ben noto contrabbassista, in cui già dal titolo si minaccia un seguito che speriamo possa essere un po’ più centrato di questo minestrone nel quale galleggiano ospiti più o meno famosi: alcuni già ampiamente stracotti, come l’ormai venerando soul singer Jeffrey Osborne che non azzecca un disco almeno dal 1985, altri che hanno visto tempi migliori, ovvero gli ex-Police Sting e Andy Summers, due brillanti voci dell’ultima generazione (Samara Joy e Cécile McLorin Salvant) e una della precedente (Dianne Reeves), l’abbastanza impalpabile José James – sulle cui qualità continuiamo invano ad arrovellarci – e la poco conosciuta Antoinette Henry, che non parrebbe aver finora lasciato tracce significative.
Il fatto è che di questo lavoro, pur suonato e arrangiato con implacabile professionalità, resta abbastanza difficile capire il senso fin quando non si scopre trattarsi di una sorta di celebrazione dell’attività dell’orchestra come house band nelle serate di gala del New Jersey Performing Arts Center a Newark, ente di cui McBride è direttore musicale dal 2012 e che nel corso degli anni ha ospitato le succitate voci e, c’è da presumere, anche quelle del prossimo volume. Messa così, quindi, la faccenda rientra appieno nel versante, diciamo così, «istituzionale» del contrabbassista, anche se niente può aggiungere alla sua brillante carriera; ma non ci sarà da stupirsi se, ai prossimi Grammy Awards, vedremo l’album in cima alle preferenze dei giurati perché sembra concepito proprio a questo scopo.
Il disco ha infatti tutto per piacere al grande pubblico, quello che dal jazz si tiene a debita distanza: è patinato al punto giusto, nostalgico dei bei tempi andati, rassicurante e senza scossoni. Persino il breve assolo appena fuori dalle righe di Nabate Isles su una ponderosa Murder by Numbers, che procede a passo di lumaca come una coda sull’autostrada a fine agosto, non increspa più di tanto l’atmosfera un po’ crocieristica dell’operazione. Anche gli eroi invecchiano, certo, ed è velleitario aspettarsi di ritrovare qui lo Sting che quarant’anni fa si lasciava allegramente strapazzare, sul medesimo brano, da un Frank Zappa che perfidamente gliene suggeriva le affinità armoniche con Stolen Moments. Altri tempi e, soprattutto, altra tempra. Joy, McLorin Salvant e Reeves se la cavano benissimo ma non vanno mai al di là di un pur elegante compitino; José James gioca a fare il Jon Hendricks, cosa che va ben oltre le sue possibilità attuali, Osborne ripropone pedissequamente il brano che nel 1977 gli garantì una certa notorietà come membro degli L.T.D., Antoinette Henry è corretta ma poco altro.
Nei ringraziamenti, McBride estende un saluto speciale a Quincy Jones, che però tali adunate oceaniche sapeva pensare, convocare e gestire con suprema disinvoltura ma, soprattutto, con ben altre idee: proprio quelle che invano si cercherebbero qui. Il risultato finale è di levigata gradevolezza, senza dubbio, ma già al terzo ascolto il sapore è quello di una bibita gassata rimasta aperta per un paio di giorni. Prendila (anzi, prendetela) così, non possiamo farne un dramma, come diceva il poeta.
Luca Conti
DISTRIBUTORE
mackavenue.com
FORMAZIONE
Frank Greene, Freddie Hendrix, Brandon Lee, Nabate Isles (tr.), Michael Dease, Steve Davis, James Burton III, Douglas Purviance, Max Seigel (trne), Justin Mullen (corno), Janet Axelrod (fl.), Alan Kay (cl.), Steve Wilson (sop., alto), Todd Bashore (fl., alto) , Ron Blake, Dan Pratt (ten.), Carl Maraghi (cl. b., bar.), Xavier Davis (p., p. el., clavinet), Warren Wolf (vib.), Rodney Jones (chit.), Christian McBride (cb., b. el., arr.), McClenty Hunter (batt.), Pedrito Martínez (perc.), Shannon Pearson (cori).
Ospiti: Andy Summers (chit.), Sting, Jeffrey Osborne, Dianne Reeves, Samara Joy, José James, Cécile McLorin Salvant, Antoinette Henry (voc.).
DATA REGISTRAZIONE
New York e Denver, giugno 2022-dicembre 2024.