AUTORE
Charlie Watts
TITOLO DEL DISCO
«Anthology»
ETICHETTA
BMG
L’altro Rolling Stone. Elegante, silenzioso e distaccato. Lontano anni luce dai dioscuri maledetti, Mick Jagger e Keith Richard. E dai loro stili di vita sesso, droga e rock’n’roll, visto che lui preferiva il jazz pur essendo stato per oltre mezzo secolo (e fino alla morte, avvenuta il 24 agosto di due anni fa) il «metronomo» della leggendaria band britannica. Fu folgorato giovanissimo sulla via di Miles Davis e di John Coltrane, il batterista Charlie Watts. E questo anche se il suo svezzamento era avvenuto sotto l’ala protettrice del bluesman Alexis Korner. E il passo dal blues all’improvvisazione – ma solo un quarto di secolo dopo l’ingresso ufficiale nelle Pietre Rotolanti – per lui era stato naturale. E così questa doppia antologia ne ripercorre meritoriamente un trentennio (dalla metà degli anni Ottanta alla metà dei Duemila) di militanza parallela nel mondo dello swing. Come racconta nella sua dotta introduzione ad «Anthology» Paul Sexton, giornalista e biografo del drummer, nel 1985 il nostro forma la Charlie Watts Orchestra. E arruola a bordo il fior fiore del British jazz di diverse generazioni e orientamenti (Stan Tracey, Evan Parker, Courtney Pine), ma soprattutto il contraltista Peter King, sfegatato epigono di Charlie Parker. Il disco che ne esce si intitola «Live at Fulham Town Hall»: e qui le riprese dei classici della big band di Benny Goodman (Stompin’ at the Savoy e Flying Home) si alternano ad anarchici divertissement in stile jive a selvagge polifonie mingusiane. Sei anni dopo arriva il più interessante «A Tribute to Charlie Parker With Strings» dove al quintetto del leader (con King sempre in pole position) vengono affiancati gli ar[1]chi che suonano in opposizione al jazz combo (Cool Blues). Viole e violini della London Metropolitan Orchestra, più il canto androgino di Bernard Fowler, caratterizzano «Long Ago & Far Away» (1995), con repertorio a base di standard (da Good Morning Heartache a Never Let Me Go). Nel secondo cd si comincia con una selezione dal più avventuroso – ma alterno nei risultati – «Charlie Watts Jim Keltner Project» (2000) dove i due amici batteristi rendono omaggio ai maestri del drum set (da Roy Haynes a Elvin Jones) mescolando beat elettronici, strumenti acustici ed echi world (la etno bossa nova Airto, dedicata al brasiliano Moreira). Si prosegue con «Watts at Scott’s»: un album per tentetto dove, oltre al fedelissimo King e a Evan Parker, spunta pure l’ex Loose Tubes Julian Argüelles. Il disco finisce con un tris di inediti sulla medesima lunghezza d’onda di «Live at Fulham Town Hall» ma registrati nel 2017 dal vivo con la Danish Radio Big Band. Il canto del cigno di un batterista schivo, poco appariscente, che non fa un assolo neanche sotto tortura. Capace di mettersi al servizio dei gruppi che dirige con umiltà, senza strafare, anzi magari rimanendo un passo indietro. Probabilmente la sua musica è poco più di una piacevole curiosità e una nota a pie’ di pagina nella storia del jazz inglese. Ma è un’avventura che merita di esse[1]re raccontata. E «Anthology» è un ottimo viatico per scoprire il lato inedito dell’unico batterista ufficiale degli Stones. Oltre che una lezione di ritmo, una lezione di stile.
Franchi
pubblicata sul numero di settembre 2023 di Musica Jazz
DISTRIBUTORE
Warner
FORMAZIONE
Charlie Watts (batt.), Peter King, Alan Skidmore, Evan Parker, Courtney Pine (sax), Gerard Presencer, Harry Beckett (tr.), Annie Whitehead (trne), Stan Tracey, Ian Stewart (p.), David Green (cb.), Bernard Fowler (voc.) e altri.
DATA REGISTRAZIONE
Località varie, dal 1986 al 2017.