AUTORE
Beyoncé
TITOLO DEL DISCO
«Cowboy Carter»
ETICHETTA
Parkwood
Back to the roots… Attenzione, però: quello di Beyoncé in «Cowboy Carter» non è un classico ritorno alle radici della black music, come ci si potrebbe aspettare, bensì un viaggio nell’universo del country. Ed è tutt’altro che un’appropriazione indebita, la sua. Il nuovo album della ex Destiny’s Child rappresenta il secondo capitolo di una trilogia concepita durante il periodo del Covid e cominciata nel 2022 con «Renaissance». Ed è un prodotto curatissimo e costosissimo a li[1]vello produttivo: basti pensare che tra gli ospiti speciali ci sono Stevie Wonder, Nile Rodgers, Jon Batiste e Miley Cyrus. Di solito il mondo dei cowboy viene considerato appannaggio dei bianchi, a volte persino in odioso odore di suprematismo. Dalla sua, però, la cantante texana da duecento milioni di copie di dischi venduti ha illustri precedenti che ne legittimano l’operazione: prima del suo album c’erano stati il profetico «Modern Sounds in Country and Western Music» di Ray Charles (1962) e, in tempi assai più recenti, il notevole «Nashville» di Solomon Burke, pubblicato nel 2006, cioè a meno di un lustro dalla morte dal re del Rock & Soul (così amava definirsi lui). E questo senza voler scomodare figure meno note dalle nostre parti, quali Charley Pride e DeFord Bailey, considerate eminenze del cosiddetto black country. Alla vigilia delle elezioni presidenziali americane e con lo spettro di Donald Trump che incombe, Queen Bey sceglie di fare un’operazione politica di riappropriazione culturale per la sua comunità. E prende posizione anche in chiave di orgoglio femminile e femminista: costato cinque anni di duro lavoro (anche a livello di marketing e comunicazione) e uscito con ben quattro copertine diverse, il progetto è firmato Beyoncé e pure Beyincé, cognome da nubile di sua madre Tina. Fatte queste premesse, veniamo alla musica. Non è una novità che la star della scena pop e r&b guardi al mondo di Nashville e dintorni (ascoltare per credere Daddy Lessons, da «Lemonade»), ma di sicuro è la prima volta che lo fa in modo sistematico. E proprio i pezzi più ispirati al mondo del country sono il punto di forza del disco, che in versione cd e vinile ha quattro brani in meno rispetto al digitale: la felice ripresa di Jolene, «benedetta» dal cameo di Dolly Parton; il singolo Texas Hold ’Em preceduto da un gustoso siparietto con Willie Nelson, boss dell’outlaw country; la rilettura della beatlesiana Blackbird con Brittney Spencer, Reyna Roberts, Tanner Adell e Tiera Kennedy ai cori; e ancora 16 Carriages. Segno che, quando i pezzi sono di livello, lady Knowles-Carter – quest’ultimo è il cognome del marito e padre di sua figlia Rumi, Jay-Z – ha poche rivali. Il resto, al netto della eccessiva lunghezza del disco (più di settanta minuti), sono suadenti ballad soul come Protector o canzoni sfacciatamente sexy in pieno stile Beyoncé, quali Bodyguard. Il tutto è poi realizzato da un impressionante cast di autori e produttori – da Raphael Saadiq a Derek Dixie, fino al re Mida del pop Pharrell Williams – e da un tripudio di citazioni, da Chuck Berry ai Beach Boys e ai Fleetwood Mac. Segno che Beyoncé vuole mettersi sulle spalle la storia del rock e del soul. E anche che oggi è lei «la» diva della musica nera.
Ivo Franchi
DISTRIBUTORE
Sony
FORMAZIONE
Beyoncé (voc.), con numerosi ospiti e formazioni diverse.
DATA REGISTRAZIONE
Loc. e date varie.