AUTORE
Arooj Aftab / Vijay Iyer / Shahzad Ismaily
TITOLO DEL DISCO
«Love In Exile»
ETICHETTA
Verve
Tre musicisti legati da una comune radice culturale (Aftab, in realtà, è dei tre l’unica a non essere nata negli Stati Uniti, dove si è trasferita soltanto nel 2005, dopo aver fatto la spola tra il Pakistan, paese d’origine, e l’Arabia Saudita) si incontrano, dando vita a un trio del tutto estemporaneo, senza vincoli formali, né materiali predeterminati. Di Iyer e della sua carriera, emblema di un moderno polistilismo, non c’è molto da dire che non sia già noto ai lettori di questa rivista. Aftab, dal canto suo, legando le proprie origini culturali e il canto urdu al minimalismo e alla musica elettronica, è arrivata in breve tempo, sulla scorta di tre album auto[1]prodotti (soprattutto grazie a «Vulture Prince», del 2021) a ottenere visibilità e un contratto con la Verve. Ismaily è un polistrumentista molto richiesto, rimasto operativo in contesti di rock avant e di musica improvvisata (Lou Reed e Laurie Anderson, ma anche John Zorn e Nels Cline). Il trio Love In Exile è nato, per alcuni concerti, intorno al 2018 e ha sviluppato affinità im[1]mediate, sulla base della semplice messa in comune delle esperienze di ciascuno dei tre, senza partico[1]lari costrutti formali. Le coordinate espressive del trio non possono considerarsi «tradizionali», perché l’apporto dell’elettronica è piutto[1]sto deciso e stempera fortemente la componente del canto, ma è piuttosto evidente che l’approccio transculturale e il rifiuto di qualsiasi categorizzazione di comodo, insieme alla libertà d’approccio, ri[1]portino la musica anche verso una comune radice asiatica. In questa direzione di libertà muove anche la modalità utilizzata per l’incisione della musica, che è stata registrata dal vivo in studio. La leader, certamente, imprime una forte connotazione, poiché, pur evitando ogni suggestione narrativa (l’uso del cantato è funzionale a un pieno utilizzo della parola/suono) indica i temi di riflessione, che sono quelli dell’auto-esilio e della ricerca di una identità, attraverso la musica (e l’amore); inoltre, l’uso della lingua urdu assume anch’esso un peso oggettivo. Il che lascia comprendere facilmente come gli aspetti di meditazione (talora prossima alla trance) imprimano traiettorie ben definite alla drammaturgia dell’insieme, verso lo spiritualismo, la trascendenza e la musica Sufi. Sebbene si sia abituati a discorrere di interplay per ben diversi motivi, assumendo talora che, al di fuori del jazz, non vi sia spazio per tale nozione, è stupefacente come i tre riescano a operare come un uno. Il processo di fusione, inevitabile, è in corso da decenni, esso comprende l’utilizzo consapevole di materiali della cosiddetta (e non sempre con fini di positiva valutazione) world music, l’utilizzo di nuove tecnologie, la valorizzazione di nuove forme di improvvisazione. Per chi non ne fosse ancora con[1]vinto, si offre l’ennesima dimostrazione che la musica segue proprie rotte, del tutto incuranti delle nostre ubbie definitorie. Fortemente raccomandato.
Cerini
pubblicata sul numero di marzo 2023 di Musica Jazz
DISTRIBUTORE
Universal
FORMAZIONE
Vijay Iyer (p., elettr.), Shahzad Ismaily (b. el., moog), Arooj Aftab (voc.).
DATA REGISTRAZIONE
Loc. e data scon.