Firenze, Chiostro di Santa Croce
26 settembre
Ospitato nella splendida cornice del chiostro di Santa Croce nel quadro della settima edizione di Genius Loci, il concerto della John Greaves Band ha riproposto il quesito sull’attualità del progressive, in particolar modo se rapportato alla fulgida stagione di creatività vissuta da questo genere negli anni Settanta, segnatamente in Inghilterra. Il bassista gallese si è presentato con un consolidato sestetto in buona parte formato da protagonisti della scena britannica: Annie Whitehead (trombone), Mel Collins (sax tenore e soprano, flauto), Jakko Jakszyk (chitarra e voce), Annie Barbazza (piano e voce), Régis Boulard (batteria).
I primi tre nomi richiamano immediatamente alla memoria importanti associazioni. Whitehead ha gravitato nel circuito jazzistico, collaborando tra gli altri con la Brotherhood of Breath di Chris McGregor e con Elton Dean, ma ha anche largamente contribuito ad alcuni lavori di Robert Wyatt, tra i quali «Shleep» e «Cuckooland». Mel Collins figura in alcuni album storici dei King Crimson: nell’ordine «In the Wake of Poseidon», «Lizard», «Islands» e «Red». Jakszyk ha fatto parte del gruppo capeggiato da Robert Fripp tra il 2013 e il 2021, dopo essere subentrato ad Adrian Belew. Vale anche la pena di aggiungere che la trentunenne piacentina Barbazza aveva stabilito una proficua collaborazione con Greg Lake prima della sua prematura scomparsa nel 2016, realizzando un progetto di rielaborazioni di brani di Emerson Lake & Palmer e King Crimson: «Moonchild», insieme al pianista Max Repetti e sotto la supervisione di Lake, già gravemente malato.
Il concerto fiorentino ha evidenziato l’impronta del Greaves compositore e leader. Certamente lontano dalla tensione drammatica e dal multiforme approccio sperimentale degli Henry Cow, ma comunque autore di costruzioni articolate e a tratti armonicamente raffinate, peraltro alternate in alcuni frangenti a canzoni dalla trama più elementare e scontata. Prevale il lavoro di insieme di un gruppo coeso, in cui spiccano le doti vocali di una disinvolta Barbazza e i delicati impasti timbrici creati da sax (o flauto) e trombone. In alcuni passaggi Collins emerge al tenore con un fraseggio fluido, dotato di venature r&b e lontani echi jazzistici, come ad esempio in un convincente duetto con la chitarra di Jakszyk. Per parte sua, Whitehead elabora linee morbide e incisive, arricchendole di tanto in tanto con effetti growl ottenuti producendo multifonici.
Non mancano poi riferimenti o allusioni al passato. In Gloria Gloom – brano inciso da Wyatt con i Matching Mole su «Little Red Record» e poi ripreso anche dagli Henry Cow – Barbazza sostiene efficacemente Greaves nell’esecuzione della difficile parte vocale, irta di dissonanze e salti di registro. Jakszyk e la stessa Barbazza si alternano nel porgere il testo dell’eterea ed arcana Sea Song, brano d’apertura di «Rock Bottom» (pietra miliare della produzione di Wyatt), eseguito come bis davanti a un pubblico entusiasta assemblato sotto il palco, e concluso da un obbligato garbatamente disegnato dal trombone. Islands, dall’eponimo disco dei King Crimson, è affidato alla voce di Jakszyk, sostenuta da armonizzazioni pianistiche discrete e punteggiata da un flauto leggiadro, ricco di ornamentazioni e pennellate melodiche.
Quanto al resto, nello scheletro di un altro brano la chitarra sviluppa un arpeggio ipnotico ripreso dalla crimsoniana Frame by Frame. Infine, Greaves dedica all’amico Pip Pyle, batterista con il quale aveva suonato nei National Health, The Rotters’ Club Is Closing Down, titolo che allude (neanche tanto velatamente) a «The Rotters’ Club» degli Hatfield & The North, formazione nella quale Pyle – scomparso nel 2006 – aveva a lungo militato.
Tutti omaggi non pretestuosi, ma certamente sentiti come segni di appartenenza a un movimento. Il concerto, come tutti gli altri eventi in programma, è stato reso possibile dalla sinergia tra Associazione Controradio Club, Opera di Santa Croce e Controradio, in collaborazione con l’associazione culturale La Nottola di Minerva.
Enzo Boddi
Foto di Alessandro Botticelli