Mi permetti di iniziare chiedendoti come è nata la collaborazione con Yamandu Costa e, di conseguenza, l’idea dell’album «Inner Spirit»?
L’agente svedese di Yamandu mi ha invitato a incontrare Yamandu a cena 5-6 anni fa a Malmö, in Svezia (Yamandu aveva un concerto a Malmö la sera stessa). Dopo questo incontro, io e Yamandu siamo rimasti in contatto e abbiamo deciso di provare a fare qualcosa insieme. Alla fine abbiamo tenuto alcuni concerti in Svezia all’inizio del 2023.
Non pensavo che ti piacessero le sonorità latine. È la prima volta che ti cimenti in questo genere musicale?
Amo la musica latina e in particolare quella brasiliana, da sempre. È la prima volta che collaboro direttamente con un musicista brasiliano in un progetto speciale come questo.
In base a quali criteri avete scelto i brani che fanno parte del disco?
Abbiamo composto musiche speciali per questo, cinque pezzi ciascuno. Poi abbiamo scelto alcune altre canzoni brasiliane e svedesi.
Qual è stato il vostro approccio nella fase di composizione e arrangiamento? Ho notato che il vostro stile, il vostro fraseggio non è cambiato molto.
Credo che la nostra musica sia molto melodica e ricca di belle armonie. C’è un amore comune per la buona melodia che va oltre ogni confine. Hai ragione, il mio stile non è cambiato e nemmeno quello di Yamandu. Si è semplicemente fuso in un modo molto piacevole.
Perché hai scelto Inner Spirits come titolo dell’album?
È un titolo che sottolinea l’importanza di suonare la musica «con sentimento» o «dal cuore» piuttosto che «con il cervello».
I tuoi progetti includono anche altri duo, come quello con Lars Jansson e Hans Backenroth o quello con Nils Landgren. Mi sembra però che questa sia la tua prima volta con un chitarrista. Pensa che possa essere un’esperienza che vorrebbe ripetere con altri chitarristi?
È meraviglioso lavorare in duo in generale, per via dell’intimità. E sì, lavorare solo con pianoforte e chitarra è davvero entusiasmante.
Questo disco avrà anche una performance dal vivo?
Sì, speriamo in un tour nel corso del 2025.
Il tuo sodalizio con ACT Music continua. Qual è il valore aggiunto di questa etichetta per te?
È una grande cosa avere una collaborazione affidabile a lungo termine in questi giorni. Sono molto felice di averla trovata con ACT.
Jan, quando hai pensato che la musica sarebbe diventata la tua professione?
Gradualmente, fin da quando avevo vent’anni.
Hai collaborato con molti musicisti americani come Benny Golson e Johnny Griffin. E sei stato spesso negli Stati Uniti. Ma il tuo linguaggio musicale è sempre rimasto molto europeo, soprattutto nord-europeo. Come giudichi la tua esperienza a fianco di quei jazzisti così famosi?
La valuto molto bene, naturalmente. Il jazz feeling, il ritmo e l’improvvisazione… ho imparato molto da loro.
Ma cosa o chi ha determinato il tuo fraseggio, il tuo linguaggio pianistico?
Credo che l’aver avuto la possibilità di lavorare molto presto con grandi musicisti abbia influenzato molto il mio linguaggio musicale.
Quali o chi sono state le tue prime passioni e influenze?
I pianisti che ho iniziato ad ascoltare sono stati Oscar Peterson, Bud Powell, Bill Evans, Jan Johansson, McCoy Tyner e molti altri.
Cosa ci puoi dire del tuo background di musicista?
Ho scoperto il jazz a quindici anni. Prima di allora suonavo solo musica classica.
Qual è stato il disco e/o il progetto più impegnativo e perché?
Domanda difficile… Ma forse questo, intendo «Inner Spirits», e il primo «Mare Nostrum».
Come descriveresti il tuo punto di vista su argomenti come l’originalità e l’innovazione rispetto alla perfezione e all’atemporalità nella musica? Sei interessato a una «musica del futuro» o a continuare una tradizione?
L’originalità arriva se si continua a lavorare. All’inizio quasi tutti imitano. Ascoltare un musicista del tutto originale è un’esperienza appagante. La perfezione è un obiettivo che ho sempre perseguito, ma è importante che non ostacoli il flusso della musica. Sono sempre interessato ad ascoltare un originale, che sia musica per il futuro o per il presente.
Sei anche direttore artistico di festival e club. Ritieni che questa attività sottragga tempo alla tua vita artistica?
C’è sicuramente il rischio che ti porti via troppo tempo. Devi essere bravo a saperti circondare di persone in grado sostenere il tuo lavoro e le tue idee nel modo giusto.
In base a quali criteri scegli gli artisti da ospitare? Crei un progetto, hai un filo conduttore che lega le scelte dei musicisti?
Il mio criterio principale è che scelgo musicisti che mi piacciono molto!
A tuo avviso, il sistema dell’industria musicale europea, in particolare del Nord Europa, è valido? Funziona bene?
Non credo che, così com’è ora, l’industria musicale funzioni molto bene. Oggi l’industria musicale non sostiene certo ad ampio spettro i nuovi talenti. I giovani jazzisti hanno serie difficoltà a farsi conoscere con la loro musica.
Che tipo di atteggiamento hai come insegnante? Quali sono le cose più importanti che cerchi di sviluppare in un musicista?
Cerco di sviluppare costantemente l’originalità dei miei allievi attraverso la conoscenza.
Quali musicisti scandinavi consiglieresti di seguire? Ovviamente non quelli già noti.
Il pianista Joel Lyssarides, senza dubbio.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
«Mare Nostrum 4», che uscirà a breve.