«Sonmi 451». Intervista ai Tamurakafka

Uniscono musica, poesia, letteratura, arti visive, danza i dieci giovani italiani riuniti sotto la stella di Murakami. Al secolo sono: Maria Asta, Massimo Baiocco, Maurizio Boco, Caterpillar, Tiziana Cesarini, Noemi Colitti, Pamela Gargiuto, Enrico M., Stefano Sastro, Joseph Severino.

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E’ da poco stato pubblicato il loro secondo album, «Sonmi 451», che abbatte ogni barriera musicale e ogni epoca storica. Suoni visivi, immagini raccontate tra il canto e la recitazione poetica, dove la tradizione traslittera verso l’universo underground. Del progetto Tamurakafka, dell’album e di altro ne parliamo con Massimo Baiocco, voce e compositore dei brani.

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Come nasce il progetto artistico Tamurakafka?
Tamurakafka nasce nel 2014 dal desiderio di sperimentare con la musica, di contaminare tutto il contaminabile, di raccontarci, di riunire in un unico frullatore di idee le nostre passioni: il rock, la musica da camera, la letteratura, le arti visive e performative. Tamurakafka è uno spazio condiviso di libertà espressiva.

Il vostro nome mutua a Kafka sulla spiaggia, libro di Haruki Murakami. Cosa vi ha affascinato, in particolare, di quest’opera?
Del libro di Murakami ci ha affascinato la natura di ogni personaggio…sono vite fuori dal comune. Il protagonista, da cui la nostra band trae il nome, è un adolescente alle prese con vicende e temi esistenziali ben più complessi della rappresentazione che socialmente abbiamo di questa età. Nel suo viaggio di educazione sentimentale attinge a risorse, che scopre di avere solo grazie alle sfide che gli si presentano. Penso che ognuno di noi nasconda dentro di sè una ricchezza molto più grande di quanto ci viene fatto credere.

E anche il secondo album, fresco di stampa, si raccorda con un’opera letteraria; in particolare Cloud Atlas – L’atlante della nuvole di David Mitchell. Un libro particolare in quanto Mitchell utilizza differenti stili letterari. E’ fuor di dubbio che anche la vostra musica si affianchi al concetto polisemantico. E’ questo il vostro obiettivo?
L’obiettivo era quello di raccontare in musica il forte impatto emotivo che questa lettura ha avuto su di noi. Come dici tu, Mitchell utilizza differenti stili letterari e intreccia racconti ambientati in epoche molto lontane, ci trasporta nel passato e ci proietta nel futuro, cambia continuamente personaggi ed elementi scenici, ma mantiene intatto il concetto di fondo: gli ingranaggi della storia e gli eventi sociali schiacciano chi non appartiene alle élite di potere. Solo attraverso atti di insurrezione ci si può liberare dal conformismo e dalla schiavitù fisica e mentale. Per noi questo atto di insurrezione è rappresentato dal voler creare qualcosa di inascoltato, rompendo gli stili precostituiti o viaggiandoci attraverso senza fermarci in nessun luogo preciso. In questo modo, sentivamo di poter rendere la complessità narrativa di Cloud Atlas a livello musicale.

La seconda domanda in proposito è: i testi dei vostri album si ispirano al contenuto dei romanzi?
La mia impressione è che i romanzi a cui ci siamo ispirati per scrivere i nostri primi due dischi abbiano toccato delle corde dentro di noi, facendole risuonare per simpatia e da questa vibrazione siamo partiti per scrivere la nostra personale versione della storia. I romanzi sono lo stimolo di partenza, il dito che pizzica la corda, ma le parole che trovi nei nostri dischi non sono citazioni, bensì brani originali che parlano di noi. In «Sonmi-451» convivono testi melodici e recitati, che contribuiscono a delineare i temi narrativi del concept album.

Chi di voi sceglie i libri che saranno oggetto del vostro discorso musicale?
Finora è capitato a me, sono libri che leggiamo insieme a mia moglie, durante i nostri spostamenti in macchina. Quando leggi ad alta voce, il racconto diventa improvvisamente vivo e le immagini sono continue, il romanzo come un film viene proiettato sul cruscotto della mia auto. A quel punto non devo fare altro che aggiungere la colonna sonora!

La formula del concept-album si era quasi del tutto persa, invece è il vostro marchio di fabbrica. Probabilmente, il fatto che non fossero prodotti concept album deriva dal discorso commerciale: gli album nell’era del digitale sono frammentati e venduti «a pezzi». Non rischiate, così facendo, di compromettere la vostra posizione nel mercato musicale?
Scriviamo brani che sfiorano i dieci minuti, non ci curiamo della forma canzone, citiamo Ravel e Béla Bartók…Direi che la nostra posizione nel mercato musicale è compromessa in partenza! Il concept album è in linea con la nostra motivazione a fare arte per riflettere su temi di natura esistenziale, sociale e politica.

La vostra musica oltrepassa i generi: li mescola, li tiene insieme. Dall’approccio cantautoriale ai riferimenti alla classica contemporanea alle sonorità rock anni Ottanta, all’alternative rock, al minimalismo, all’elettronica e molto altro. Come nascono le vostre composizioni?
Le nostre composizioni nascono su pentagramma e poi vengono testate e riscritte in sala tutti insieme. Dici bene che la nostra musica attinge a molte fonti diverse, perchè è frutto della nostra formazione musicale.

Qual è il vostro background artistico?
Ci siamo formati sui palchi rockettari e nei conservatori musicali, la notte suonavamo fino a tardi e la mattina dopo a preparare gli esami di strumento. Ci nutriamo delle note di musicisti di ogni epoca, altitudine, longitudine e imperterriti continuiamo ad amare gli artisti della nostra adolescenza.

Qual è il significato del titolo «Sonmi 451»?
Sonmi-451 è il personaggio che più abbiamo amato del libro di Mitchell. E’ una donna, un clone creato in laboratorio allo scopo di servire i consumatori, come vengono chiamati gli esseri umani del futuro. Sonmi fa una vita ripetitiva e ignora il suo destino, fino al giorno in cui si risveglia. E qui comincia una nuova storia…

Sul palco siete in dieci, tra musicisti, danzatori, attori, visual artists. Uno spettacolo impegnativo anche per chi organizza gli eventi. Avete pensato anche a risoluzioni alternative?
Sì, in effetti quello al completo è uno spettacolo impegnativo, che facciamo in teatro. E’ stato così anche con il disco precedente, che abbiamo presentato allestendo mostre fotografiche e proponendo performance prima e durante il concerto. Ma anche allora avevamo previsto soluzioni alternative: abbiamo fatto concerti acustici in piccole librerie e localini. Allo stesso modo, lavoreremo per questo secondo disco, non appena sarà possibile tornare a fare i live. Inoltre, questo disco ha anche una versione per chitarra classica solista: l’album «Sonmi Suite» è uscito nel 2017 per la casa editrice Sinfonica Jazz. Trovate anche questo nel nostro sito!

Quali sono le vostre riflessioni sulla situazione provocata dal COVID-19 e, in particolare, l’arte e lo spettacolo verrà percepita dal pubblico così come lo era prima?
Le misure adottate contro il COVID hanno condotto le nostre vite in una condizione simile a quella che vive «Sonmi-451»: ci è permesso solo lavorare, faticare e consumare (produci, consuma, crepa), ma ci vengono proibiti ogni forma di piacere, di convivialità e di espressione artistica che non sia mediata dai mass-media. I temi del nostro album sono così aderenti a questo discorso, che molti amici ci hanno chiesto se il disco fosse stato scritto durate il primo lockdown. Noi continuiamo a credere che la creazione artistica, la possibilità di guardare al mondo con occhi tali da vedere oltre gli aspetti pratici e funzionali delle cose, sia quanto più ci rende sensibili e umani. La capacità di trasformare il mondo è il miracolo che l’arte compie.

Cosa è scritto nell’agenda dei Tamurakafka?
E’ in uscita il nuovo video del secondo singolo estratto dall’album: La prima volta è un brano molto forte, caratterizzato dal contrappunto delle voci che cantano due testi in uno e che si ritrovano su una sola melodia nell’esplosione del ritronello. Lo troverete presto sul sito e sul canale Youtube di Tamurakafka, speriamo che vi piaccia.
Alceste Ayroldi