«Circle». Intervista a Sun Hee You

Sarà disponibile dal 28 novembre il nuovo disco della pianista e attrice di Seul, ma da tempo residente a Roma. Un lavoro che mette in rilievo le composizioni classiche di Billy Joel attinte dall’album «Fantasies & Delusions» arrangiate da Hyung-ki Joo, nonché due composizioni di quest’ultimo. Un disco che attraversa generi e stili.

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Buongiorno Sun Hee e benvenuta a Musica Jazz. Parliamo di «Circle» in cui metti insieme il pianista e compositore britannico Hyung-ki Joo (ben noto al pubblico anche come componente del duo Igudesman & Joo) e Billy Joel. Ci vorresti spiegare meglio questo connubio e i motivi che ti hanno spinto a incidere un album?
Questo album rispecchia quello che mi sento oggi come artista, ed è un cerchio che si chiude tra tre artisti lontani come me, Hyung-ki Joo e Billy Joel, connessi profondamente attraverso degli eventi accaduti nella nostra vita.

Tu avevi già pubblicato la tua interpretazione di Chandeliers di Hyung-ki Joo, con un video bello e coinvolgente. Quali sono gli aspetti compositivi di Joo che ti affascinano maggiormente?
Gli aspetti che mi affascinano della sua musica sono inspiegabili, è una sensazione che sento mentre suono la sua musica, una profonda connessione, qualcosa di molto istintivo e viscerale, come si dice insomma. Credo molto sia per il background che abbiamo, un asiatico piantato in Europa, nonostante sia io che sia lui siamo ormai «occidentalizzati»  (sicuramente lui di più perché è nato in Inghilterra), ma nello stesso tempo il nostro aspetto fisico non inganna, siamo coreani e di radice culturale asiatica. Ne parliamo spesso di questo argomento, di come noi ogni giorno nella nostra vita dobbiamo trovare il nostro equilibrio nel stare in due mondi diversi.

Parliamo del live Affinity che, di recente, hai portato in scena anche alla Casa del Jazz di Roma. Innanzitutto ti aspettavi di essere ospitata in una dimora jazzisitica?
A dire il vero non mi sorprende di essere ospitata in una dimora jazzistica visto che mi piace avere diverse contaminazioni tra cui anche il jazz. Ho pubblicato un disco di piano solo dedicato al compositore ucraino Nikolai Kapustin, la cui musica ha una struttura classica tradizionale ma il linguaggio e lo stile appartengono al mondo del jazz. Sono molto onorata e felice di aver portato la musica ad un pubblico attento e caloroso come quello della Casa del Jazz.

Oltre al tuo album «Circle» il tuo spettacolo live cos’altro propone?
Come dicevo prima, continuo a portare il mio repertorio jazzistico di Nikolai Kapustin insieme a «Circle». Che poi, insieme, creano un’atmosfera magica e nello stesso tempo vivace e più popolare.

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Nel 2015 avevi licenziato un album dedicato a Nikolai Kapustin, musicista particolarmente legato alle sonorità jazz. Qual è il tuo rapporto con il jazz e con l’improvvisazione?
Ho sempre amato il jazz, sempre affascinata dalle improvvisazioni. Cosa che per noi musicisti del mondo della classica, dove lo spartito, la musica scritta sono fondamentali, quindi farsi ispirare al momento e improvvisare è un’abilità che assolutamente ci attrae. Da quando suono Kapustin mi cimento alle improvvisazioni, certo, non è facile uscire dallo schema da cui vengo, ma mi aiuta a liberarmi dalle rigidità, non parlo solo musicalmente, ma anche caratterialmente mi sento che aiuta a farmi sentire meno confinata.

Ti definiscono – e così è scritto anche nella tua biografia – una musicista classica di nuova generazione. Ciò significa che sei al di là degli schemi precostituiti?
Credo di sì. Nel senso che nonostante io sia formata squisitamente dalla scuola classica, sin da bambina la famosa Yewon School per bambini prodigio in arte, in Conservatorio e l’Accademia di Santa Cecilia, per poi proseguire i miei studio con un pianista russo, una legenda per noi pianisti, Lazar Berman. Ad un certo punto della mia vita musicale mi trovo a sperimentare non solo nella musica classica, ma con i generi completamente diversi come pop, jazz, elettronica ecc.. Sono sempre stata molto curiosa e credo anche per questo motivo non mi sono limitata a stare solo nella mia comfort zone ma di provare a vivere diverse esperienze artistiche.

Comunque, in effetti, sei piacevolmente fuori dagli schemi, visto che collabori anche con Max Gazzè.
La collaborazione con Max Gazzè è un punto importante della mia crescita artistica ma anche umana. Anni fa non avrei mai immaginato di suonare con un musicista pop. La prima volta che ho suonato con lui è stato al concerto di Primo Maggio, quel palco è una vera esperienza, il pubblico vicinissimo che ti grida, canta e balla, insomma da musicista classica non ho mai vissuto una cosa del genere ed è stato folgorante. Ma soprattutto mi sono trovato molto bene con Max, così mi ha invitata a fare il tour insieme a lui come special Guest, dove ho portato anche la musica di Rachmaninoff ad un largo pubblico. Ho sempre cercato di portare un tocco della mia origine in un mondo più popolare come quello del pop.

Sei stata paragonata a Oscar Peterson… che ne dici?
Onoratissima. Questo paragone è stato fatto per il mio disco di Nikolai Kapustin da un noto critico internazionale, per il ritmo e timing del mio modo di suonare. Un mito come Oscar Peterson, che è stato uno dei miei primi pianisti jazz che ho ascoltato, senza ricordare la sua immensa arte, quasi mi imbarazza essere citata vicino al suo nome.

Senza parlare del fatto che sei anche un’attrice ben nota. A proposito, come è iniziata la tua carriera di attrice?
È successo in modo molto inaspettato. Durante il covid un mio amico attore un giorno mi chiama per chiedermi se ero interessata a entrare nella sua agenzia di attori che cercavano un volto asiatico, visto che ero ferma con i concerti, dovuto alla pandemia, ho detto di sì senza grandi aspettative. Poi, come primo provino della mia vita arriva la proposta del film di Nanni Moretti, faccio questo provino e mi prendono per il film Il Sol dell’avvenire ed ecco, mi catapulto sui set cinematografici.

Nanni Moretti, tra le altre, è sempre stato uno molto attento alle colonne sonore dei suoi film. Ricordo sia Keith Jarrett che Brian Eno, entrambi parte integrante della narrazione filmica. Come è andata con lui?
È indubbiamente un grande artista, un maestro, uno che sa quello che vuole. Ma anche strada facendo scopre quello che cerca, quello che vuole dire attraverso i suoi film. Si capisce che ama la musica senza distinguere i generi. In effetti nel suo film Il Sol dell’avvenire la colonna sonora è molto importante, fa parte narrante del film, oltre ad essere bellissima la musica originale scritta da Franco Piersanti, un grande compositore nonché un collaboratore consolidato del regista.

Si legge nella tua biografia che sei stata una enfant prodige. A quale età hai iniziato?
Ho iniziato, credo a quattro anni. Mia madre suonava il pianoforte per piacere e dava le lezioni a mio fratello di un anno più grande di me, il quale non ne voleva sapere di suonare. Avevo l’abitudine di stare alle sue spalle quando suonava e, un giorno, mi sono seduta al pianoforte a suonare il brano che lui cercava di imparare da lungo tempo; un brano che a me sembrava la cosa più naturale del mondo. Così mia madre ha scoperto che avevo qualcosa in più, che ero predisposta alla musica, quindi si è «sbarazzata» del mio povero fratello e si è focalizzata su di me.

Posso chiederti qual è il tuo background familiare?
Mio padre ha lavorato in banca ma proviene da una famiglia di pittori, infatti mio nonno paterno era un pittore paesaggista, così anche tutti i miei zii si dedicano alla pittura. Devo dire che tra tutti loro il più talentoso è mio padre, non perché sia mio padre, ma l’ha sempre sostenuto anche mio nonno. Ed obiettivamente mi sembra così! (sorride, N.d.R.). Da parte di mia madre nessuno è artista ma, come ho detto prima, ho ricevuto le mie primissime lezioni di pianoforte proprio da lei, che suonava per piacere.

A quattordici anni hai lasciato la Corea per venire in Italia. Quali sono i motivi di tale scelta?
A tredici anni ho avuto la possibilità di fare una masterclass con un pianista italiano, Valfrido Ferrari che all’epoca era docente al conservatorio di Bari.  Ho partecipato con un gruppo di musicisti coreani adulti: ero l’unica adolescente e l’esperienza è stata bellissima! Non solo musicalmente, ma proprio perché ero stata accolta con tanto calore e affetto in questa città del sud di cui non avevo mai sentito parlare prima. Oltre a questo, durante il corso si mangiava benissimo; io che ero una ragazzina non ero assolutamente abituata a mangiare secondo i criteri della cucina italiana: ogni giorno antipasto, primo, secondo, dolce, frutta… era una vera esperienza! Così alla fine del corso quando lui mi suggerì di venire in Italia a studiare con lui accettai volentieri. E quindi mi trasferii a Roma per studiare. Ho sempre pensato che nonostante in Corea avessimo un ottima scuola pianistica, bisognava studiare la musica dove è nata, cioè in Europa perché la musica non è solamente imparare tecnicamente come si suona uno strumento, ma si tratta di imparare e vivere la cultura dalla quale proviene. Non è stato facile convincere i miei genitori a far mandare la loro piccola figlia dall’altra parte del mondo, per giunta da sola.

In una tua dichiarazione-intervista ha parlato di teatralità musicale. Ci spiegheresti questo concetto?
Per me unire la musica insieme ad altre arti è importante, sia per il pubblico  sia per noi in quanto musicisti. L’esperienza di un concerto tradizionale dove uno assiste un interprete che suona, è totalmente immersiva musicalmente cosa che io amo. Ma è altrettanto interessante vivere i diversi generi dell’arte uniti nello stesso momento. Infatti, di recente, ho portato un progetto dedicato al tema di sostenibilità ambientale, basato sui quattro elementi della Natura, (fuoco, acqua, aria e terra), insieme ai ragazzi di Imaginarium Creative Studio. È un progetto dedicato al pianoforte e video-mapping ed è uno spettacolo molto teatrale che fa suscitare la coscienza ambientale attraverso un’esperienza artistica.

Sei molto attiva sui social media. Pensi che siano un elemento imprescindibile per la carriera di un artista?
È necessario avere un tipo di comunicazione adeguata ai tempi di oggi, soprattutto per noi artisti. In questo momento storico i social media sono gli strumenti più usati è per me è fondamentale utilizzare questo tipo di comunicazione. Sinceramente all’ inizio ero molto scettica, ma ad un certo punto ho pensato che bisogna accettare il fatto che i tempi sono in continuo mutamento e trarne i vantaggi dell’immediatezza e della facilità con cui si può comunicare ed esprimere.

Il compositore James Macmillan ha detto: «Il pop è una cultura spazzatura, un fast food delle idee cui non solo non c’è alcun reale bisogno, ma che personalmente considero dannoso». Un po’ troppo tranchant, non credi? Cosa ne pensi di questa affermazione?
In effetti è un’affermazione molto estrema. Ovvio che c’è il pop da spazzatura, ma per fortuna non è tutto così. Come tutte le forme di cultura, anche il pop è la forma di “arte” che rispecchia il mondo in cui viviamo in questo momento storico. Ma quello che penso sempre è senza distinguere i generi culturali, esistono due generi di musica, o è una bella musica o è una brutta musica.

Un’altra frase, senz’altro provocatoria, che mi ha colpito è di David Lang: «Se ti piace la musica classica sei uno snob». Che ne pensi?
Direi anche questa è molto estrema. Per me non è vero che se ti piace la musica classica sei per forza uno snob, si tratta di gusti personali. La musica classica è ovunque, senza per forza dover andare a vedere un concerto classico nelle sale da concerto. Mentre cammini per la strada puoi anche sentire una strofa di qualche brano famoso, in TV senti nei spot pubblicitari o in un film, oppure per sino quando ti mettono in attesa al numero verde. Sono tutti  contesti quotidiani in cui anche se poco, uno può sentire un brano classico e pensare che quella musica ti piace. A piccole dosi per poi arrivare ad andare a vedere un concerto classico, o cercare una playlist di musica classica sulle piattaforme streaming. Non vedo perché debba essere considerata da snob.

Cosa è scritto nell’agenda di Sun Hee You?
Al momento sono molto impegnata a promuovere il mio nuovo disco, in uscita streaming il 28 novembre, ufficialmente il primo dicembre si possono acquistare i CD. Porterò questo progetto prossimamente a Roma e Milano, ed in giro per l’Italia e poi naturalmente anche in Corea, la mia terra.
Alceste Ayroldi

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