Buongiorno e benvenuta a Musica Jazz. Insieme a Titti Santini lei cura la direzione artistica di Piano City Milano. Parliamo subito dell’edizione che sta per avere inizio. Lo so che è una domanda complicata, ma quali sono i concerti che non bisogna assolutamente non perdere?Suggerisco di non mancare l’apertura con Chilly Gonzales e la chiusura con Amaro Freitas, l’alba di domenica sull’acqua alla Darsena, i Grandbrothers, Gay Guerrilla, Danilo Rea, Hanakiv, Bruno Canino, Uri Caine, Thomas Bartlett e potrei continuare, ma il bello del festival è che ciascuno trovi il suo percorso seguendo l’istinto, avventurandosi tra un concerto e l’altro anche senza guida.
Piano City Milano si caratterizza per mettere insieme linguaggi musicali diversi. Quali sono i criteri con cui vengono scelti gli artisti?
L’unica regola è il pianoforte, per il resto spaziamo il più possibile con programmi che non trovate facilmente altrove, valorizziamo i programmi nuovi e quelli con cui creare esperienze di ascolto uniche, per cui troverete ad esempio tutte le Sinfonie di Shostakovic (a 4 mani o due pianoforti), concerti notturni dove il pianoforte incontra l’elettronica, il Köln Concert che riprende vita con Cesare Picco, Carlo Boccadoro pianista, programmi di autori riscoperti come Julius Eastman e Mel Bonis, giovani talenti che saranno i grandi di domani, e così via.

Quali sono le principali difficoltà da superare?
Quelle logistiche! Provate a immaginare i pianoforti che attraversano la città per essere accordati e provati, poi il concerto, e ripartire per la tappa successiva…
Qual è la risposta del pubblico e qual è l’identikit del pubblico che segue i concerti?
Il nostro è un pubblico davvero eterogeneo, milanesi ma non solo, chi viene dall’Italia e dall’estero, piccolissimi (siamo nelle scuole dell’infanzia), ragazzi, famiglie, anziani. Il festival è diffuso equamente sul territorio, siamo in tutti i quartieri, vi imbatterete anche casualmente in un concerto sotto casa. Il nostro spettatore tipo è curioso, informale.
A suo avviso qual è il valore aggiunto che può dare questo festival alla città di Milano?
Il festival ha fatto scoprire la generosità dei milanesi, che aprono casa propria al pubblico ospitando un concerto. Portiamo la musica incontro al grande pubblico, fuori dalle torri d’avorio, nei parchi ma anche in tanti luoghi sensibili, ospedali, punti della città difficili. Piano City Milano è fondato sulla partecipazione e vive in una città inclusiva.

Lei è un’affermata pianista. Il lavoro di direttrice artistica, immagino, sottragga tempo alla sua attività di concertista. E’ difficile far coincidere le attività?
Suonare per me è occasione per fare musica insieme a ottimi musicisti, mi permette di vivere la musica da un punto di vista molto utile all’attività di direzione artistica, e viceversa esplorando tra i programmi possibili per il festival ascolto tanti musicisti di provenienza diversa, cosa che aiuta a chiarirsi le idee di interprete. Sono due aspetti complementari.
Qual è il suo obiettivo principale come direttrice artistica?
Pensare insieme ai musicisti a nuovi progetti e capire come realizzarli, come in un laboratorio creativo, programmi che poi potranno girare ed essere riproposti in altre sedi, e allo stesso tempo proporre al pubblico tanta ottima musica, anche non ancora nota.
Alceste Ayroldi