R-Home Band. Intervista a Marina Rei

Debutta al Fara Music Festival giovedì 31 luglio (Parco Cremonesi, Abbazia di Farfa) la band nata dall’idea congiunta di Pierpaolo Ranieri e della cantante e compositrice romana, stavolta impegnata alla batteria. Ed è proprio con lei che parliamo di questa avventura. In esclusiva per Musica Jazz, inoltre, l’anteprima del progetto in un breve video.

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Buongiorno Marina e benvenuta a Musica Jazz. Quando è iniziata la tua collaborazione con R-Home Band e cosa ti ha convinto a partecipare a questo sodalizio?
Grazie per l’accoglienza. questo progetto nasce da un’idea maturata nel tempo insieme a Pierpaolo Ranieri. Noi due suoniamo insieme da tantissimi anni. Avevo più volte manifestato il desiderio di proiettarmi in una dimensione strumentale in cui essere solo una musicista, in cui potermi dedicare allo strumento senza dover cantare contemporaneamente le mie canzoni. Questa è una band che nasce con l’intento di reinterpretare quel patrimonio musicale che maggiormente appartiene alla library music italiana che tra gli anni Sessanta e Settanta ha preso piede e creato un mercato discografico abnorme e oltremodo interessante. Nella ricerca siamo partiti da alcuni dischi in cui ha suonato mio padre tra collaborazioni con altri musicisti romani e altre registrazioni per sonorizzazioni. C’era una realtà impressionante ed il nostro intento è approfondire quello specifico patrimonio musicale di Roma. R-Home sono anche Marcello Allulli e Daniele Fiaschi.

Francamente non sapevo che tu suonassi la batteria. Certo, sapevo che sei figlia di un grande batterista qual è stato Vincenzo Restuccia. La domanda è di prassi: quali sono i tuoi riferimenti stilistici?
Il mio approccio batteristico è sempre stato ed è tutt’ora molto rispettoso nei riguardi dei grandi batteristi. Ho sempre vissuto all’ombra di un gigante e ho intrapreso, seppur in un secondo momento dopo le percussioni, lo studio della batteria con enorme timore. Non avrei mai potuto avvicinarmi a cotanta esperienza. Poi andando avanti ho capito che sarebbe stato inutile rincorrere tecniche irraggiungibili e ho iniziato a identificare piano piano il mio suono, anche in virtù del fatto che quasi sempre mi accompagno mentre canto. Da bambina durante i viaggi in macchina, mio padre ascoltava molto Buddy Rich e la sua orchestra, o quei soli musicali pazzeschi di Steve Gadd, e io immagazzinavo senza riuscire effettivamente a capire davvero. Crescendo ho avuto modo di ascoltare tanta altra musica senza mai soffermarmi su un genere piuttosto che un altro. C’era così tanto! E amando cantare mi hanno affascinato le canzoni e da lì altri sound che mi portavano ad ascoltare batteristi come John Bonham, Stewart Copeland, Ringo Starr, James Gadson, Bernard Purdie, per esempio. Oggi sono scioccata da musicisti come Nate Smith, Mark Guiliana, Yussef Dayes, Chris Dave, e altri. Parliamo di livelli insuperabili. Mi piacciono anche batteristi come Tony Allen, Tom Skinner, Anderson Paak, Josh Freese, Billy Conway e molti altri che appartengono a generi musicali diversi ma che trovo oltremodo affascinanti nella loro individualità, soprattutto quando si rapportano alle canzoni. Prendiamo Nate Smith da solo, è pazzesco ma se lo ascolto nell’album di Brittany Howard riesco a godermelo ancora di più; o Mark Guiliana che vidi anche in una masterclass, se lo ascolto in «Lazarus» di Bowie è geniale, fortissimo nei live con St. Vincent, Tom Skinner nel progetto dei Sons of Kemet mi fa un effetto, con i The Smile ha una creatività incredibile e via dicendo.

Qual è il repertorio che affronta la R-Home Band?
Volevamo omaggiare alcuni musicisti, tra cui mio padre, che in quegli anni hanno dato tantissimo alla musica, non solo per le colonne sonore o per i dischi di cantautorato italiano, ma anche per molte sonorizzazioni. Spulciando nella sua discografia ad esempio, ci sono i dischi di gruppi come i Gres, di cui faceva parte lui stesso, insieme al maestro Roberto Pregadio, Giorgio Carnini e Silvano Chimenti. I Marc 4 con Maiorana e il maestro Podio alla batteria che ricordo vedevo spesso da bambina. Anche in «Zoo Folle» di Giuliano Sorgini c’è mio padre. Sorgini è stato uno di quei compositori un po’nascosti al grande pubblico ma di enorme creatività sonora. Suoniamo Stefano Torossi che all’epoca era molto produttivo ma con vari pseudonimi, fino al grande geniale Piero Umilani.

Invece, qual è il tuo rapporto con limprovvisazione e con il jazz?
Devo ammettere che nonostante suoni per la maggior parte del tempo canzoni, nei miei concerti c’è sempre una componente di improvvisazione. In generale cerco sempre, sia vocalmente che “strumentalmente” di esprimermi con musicalità. Si ascoltava il jazz in casa, le voci calde di Ella Fitzgerald, Billie Holiday, ma io ho un debole per Nina Simone: si percepisce tutta la sua storia nella sua vice, il dolore, l’amore, la sofferenza, la lotta, la femminilità.

A parte questa collaborazione, a cosa stai lavorando in questo periodo?
È uscito da poco il mio nuovo disco di inediti «Niente Amore» prodotto da Riccardo Sinigallia, di cui sono veramente molto orgogliosa.
Alceste Ayroldi

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