«Jazz On The Road»: fine delle trasmissioni? Intervista a Francesco Schettino

L'Associazione bresciana Jazz On The Road, che organizza da vent'anni l'omonimo Festival, annuncia di voler chiudere i battenti. Ne abbiamo parlato con il Presidente, Francesco Schettino

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Nel Paese dei duemila e passa Festival, che nessuno riesce neppure esattamente a censire, ha destato netto stupore la decisione annunciata dall’Associazione Jazz On The Road di cessare le proprie attività di organizzazione dell’omonimo Festival, ormai divenuto un tradizionale evento bresciano. La notizia, divulgata già alla metà di luglio, è stata di particolare impatto per molte ragioni. Intanto essa è venuta all’indomani della conclusione della rassegna che festeggiava il ventennale della manifestazione, edizione che, naturalmente, era stata particolarmente ricca di eventi e apprezzata dal pubblico. Inoltre, essa ha segnato un vistoso momento di frattura con le politiche culturali della città, proprio di fronte all’apice di un percorso di riqualificazione durato anni, culminato nell’investitura di Brescia, insieme a Bergamo, come Capitali europee della Cultura per il 2023. Infine, l’impatto negativo è stato massimo perché nessuno lo avrebbe pensato possibile, di fronte a un Festival vivace, gestito da anni in forme collettive e solidaristiche, consone all’analogo sentimento che da sempre anima la città. Ne abbiamo parlato con Francesco Schettino, Presidente dell’Associazione.

Francesco, cominciamo con un bilancio: come sono stati questi vent’anni? Credo, in premessa, che il fatto che questa nostra scelta susciti la curiosità di Musica Jazz evidenzi già, in un certo qual modo, il segno positivo lasciato da Jazz On The Road. Entrare in contatto con tutti gli Artisti che abbiamo invitato nel corso di vent’anni, con le varie edizioni del Festival e degli altri numerosi eventi organizzati insieme, che non sto qui a nominare per non sembrare pedante, e conoscerli, così come conoscere tutti gli addetti ai lavori e gli appassionati che in vari modi hanno gravitato intorno a noi e collaborato con noi, è stata, senza troppi giri di parole, una delle esperienze più importanti, gratificanti  e arricchenti della mia vita. Un fondamentale percorso, non privo di fatica e, talvolta, di frustrazioni e rabbia, che mi ha consentito di crescere, intanto dal punto di vista umano e poi anche dal punto di vista del bagaglio culturale personale. Jazz On The Road ha fatto da sfondo alle mia e alle nostre vite e ha accompagnato me e gli altri «ragazzi» attraverso momenti fondamentali. La storia del Festival è fluita insieme alle «nostre» storie, attraversando amori, affetti, momenti felici e meno felici, anche malattie. Si può quindi ben comprendere il motivo per cui non posso altrimenti dirti che il Festival è stato come un figlio. Abbiamo ospitato Artisti che sono o sono stati leggende e icone del genere: Lee Konitz, Gilberto Gil, Wayne Shorter, Fred Hersch, John Scofield, Dave Holland, Bill Frisell, Joe Lovano, Jaques Morelenbaum, Toninho Horta, Bobo Stenson, Marc Ribot, Jacob Bro, Ambrose Akinmusire, Javier Girotto, Enrico Rava, Paolo Fresu, Roberto Gatto, Sandro Gibellini, Fausto Beccalossi, Barbara Casini, per nominarne alcuni. Abbiamo visto crescere giovani di talento, accompagnandoli, come Gianluca Petrella, Francesco Diodati, Walter Beltrami, Fulvio Sigurtà, Simone Graziano, Giulio Corini, Enrico Morello, Stefano Tamborrino e molti altri, oggi affermati a livello europeo. Abbiamo dato ampio spazio a giovanissimi talenti appena usciti dal nostro e da altri Conservatori. Infine, abbiamo visto esibirsi anche Attori del calibro di Giancarlo Giannini, Alessandro Haber, Daniele Formica, Giuseppe Cederna e altri. Non nascondo che, da Presidente dell’Associazione, provo un grande senso di orgoglio di fronte a tutto questo.

Qual è stata la molla principale che vi ha mossi? Una passione per il genere, di tipo esclusivo; il fatto associativo, dove l’uno trascina l’altro; l’idea di fare qualcosa anche per tutti gli altri e per la città? Oppure tutti questi aspetti insieme? Direi tutti gli aspetti che hai citato. JOTR è nato dalla follia di quattro o cinque veri amici che, innamorati di Brescia e del proprio territorio, stanchi di dover andare sempre via per assistere ai concerti dei propri beniamini, in giro per l’Italia e non solo, a un certo punto, sulla scia già tracciata dalla compianta Daniela Fantoni, hanno deciso di fondare l’Associazione. L’idea fu di creare, di punto in bianco, un grande Festival Jazz, con l’ambizione di farlo diventare uno degli appuntamenti più importanti della nostra Provincia e tra i più riconosciuti a livello nazionale. Volevamo contribuire ad arricchire la nostra comunità nonché ad attrarre turisti, in perfetta sintonia con l’operato dell’Amministrazione cittadina che, in questi vent’anni, ha avviato un processo altrettanto ambizioso di trasformazione della città, da polo a vocazione pressoché esclusivamente industriale, a polo turistico e culturale. Ci siamo riusciti, tutti insieme.

Credo che sia indubbio che siate cresciuti tutti, insieme a JOTR e insieme al pubblico… Te lo dicevo già: non vi è dubbio alcuno che tutti coloro che hanno operato all’interno di Jazz On The Road, per primo il sottoscritto, abbiano avuto la possibilità di crescere, non soltanto dal punto di vista anagrafico e del tempo che, ahimè, corre. Anche e soprattutto come persone e questo pure grazie al contatto con gli Artisti che abbiamo avuto il privilegio di ospitare e conoscere, molte volte divenendone amici. Certamente, anche grazie al pubblico, sempre più numeroso, che ci ha seguito e sostenuto in questi anni ed è cresciuto insieme a noi.

Come si può spiegare questa «crisi del ventesimo anno»? Direi che i fattori che ci hanno portato a prendere questa drastica e sofferta decisione sono molteplici, ma ce n’è uno, in particolare, che più di tutti ha finito per minare pesantemente lo spirito e la passione che ci hanno accompagnato in questi anni, contraddistinguendo sempre il nostro impegno e il nostro approccio. Mi riferisco a un’inspiegabile, inaspettata e costante azione di contrasto che abbiamo dovuto subire, nostro malgrado, da una parte della politica locale. Uso gli aggettivi «inspiegabile» e «inaspettata» perché, in realtà, un’altra parte di essa e parte del medesimo schieramento ha continuato a collaborare con noi, considerandoci come partner strategici per la costruzione di una Brescia sempre più forte e credibile dal punto di vista culturale. Un’altra no: negli ultimi anni ci ha costantemente messo i bastoni tra le ruote, escludendoci categoricamente da ogni proprio progetto. È inevitabile che questa spiacevole e logorante sensazione di isolamento abbia prodotto frustrazione, costringendoci ogni volta a dover dimostrare il valore del nostro operato. Questo, principalmente, ci ha indotti a prendere questa decisione, inevitabilmente.

È un fatto definitivo? Visto il contegno a tutt’oggi tenuto da certe figure istituzionali, che di fatto hanno voluto ignorare questa nostra decisione, temo di sì, credo che sia un fatto irreversibile.

Cosa ne pensa il vostro pubblico? Innanzitutto va detto che quella parte della politica che ci ha ritenuto importanti per la vita culturale di Brescia, anche operando dall’opposizione, ci ha contattato per capire i motivi della decisione e vedere se fosse possibile trovare una soluzione che impedisse la conclusione di un’esperienza evidentemente ritenuta preziosa per il nostro territorio, comprendente anche i Comuni di Padenghe sul Garda e Gussago, che ospitano da alcuni anni vari concerti del Festival. Quanto al pubblico, tutti coloro che hanno appreso la notizia dai giornali, dai canali social, da alcuni concerti in cui l’ho annunciata o, semplicemente dal passa-parola, ci hanno contattato per chiedere spiegazioni e per manifestare tutto il loro affetto e la loro vicinanza. Sono davvero numerosissimi, credimi: Artisti, addetti ai lavori e persone che hanno assistito ai nostri concerti e frequentato i nostri eventi culturali, condividendo con noi le grandi emozioni che sono stati in grado di regalare. Questo contribuisce a compensare la profonda tristezza e amarezza che sto provando in questi ultimi tempi. Alcuni di essi, come il caro amico Roberto, di cui non voglio rivelare l’identità, ci hanno scritto parole commoventi e bellissime, per ringraziarci per tutto ciò che il Festival ha rappresentato per le persone e per la città. Molti si augurano che qualcuno intervenga per farci cambiare idea.

■ Vorresti lanciare un’ultima proposta e a chi? Non saprei davvero cosa aggiungere d’altro: chi aveva orecchie per intendere ha già ben inteso, e questo assordante silenzio istituzionale non fa altro che rafforzare la nostra decisione e il nostro sentimento. A questo punto mi sto convincendo, dunque, che questa scelta faccia addirittura comodo ad alcuni. E qui purtroppo debbo tacere.

Sandro Cerini

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