«R-Esistenze». Intervista a Danielle Di Majo e Manuela Pasqui

Nuovo album per il B.I.T. Duo, ovvero la sassofonista Danielle Di Majo e la pianista Manuela Pasqui. Un bel disco che mostra il loro forte carattere musicale e la perfetta reciproca empatia. Ne parliamo con loro.

- Advertisement -

Buongiorno Danielle, buongiorno Manuela. Voglio provare a formulare le domande senza leggere i comunicati stampa che riguardano questo vostro affascinante «R-Esistenze». Mi sembra che vogliate inviare un messaggio molto forte, cioè che siamo sempre in trincea e dobbiamo resistere agli attacchi esterni… ma da chi dobbiamo difenderci?
Ci piace l’immagine dell’essere sempre in trincea, ci riconosciamo, ma «R-Esistere» per noi non è necessariamente una difesa, è uno stato mentale che sboccia da consapevolezza e conoscenza. Sentiamo come tutti la pressione enorme della folle politica mondiale, colonialista e consumistica, della crescente povertà e del conseguente disagio sociale e abbiamo voluto con questo progetto ricordare eventi e personalità del nostro passato, che con il loro esempio e lavoro hanno portato luce e speranza nel buio del ventennio fascista (e negli anni successivi), per far sì che questa luce illumini ancora, che la memoria non svanisca. Ricordare chi prima di noi ha pensato, sofferto, combattuto per un ideale, ci ricorda che l’animo umano è capace di gesti generosi e meravigliosi. Ci ha commosso molto vedere che a pochissimi mesi dall’uscita del nostro disco, il popolo Italiano, sceso in piazza in tutta il paese a favore dei Palestinesi oppressi, abbia dimostrato di possedere ancora un senso morale, di non averlo perduto del tutto. É questo un esempio di R-Esistenze.

Parlando del brano L’identità perduta, qual è l’identità alla quale vi riferite?
L’identità perduta contiene estratti di audio originali dell’archivio storico di Firenze con le prime registrazioni dei suoni della guerra effettuate nell’agosto del 1944 e una strofa del Canto degli italiani suonato da una banda militare (che nel 1946, finita la guerra, diventerà Inno di Italia). Crediamo fermamente che di quel momento importantissimo per il nostro Paese dobbiamo mantenere la memoria; è da lì che vengono le personalità dei nostri genitori e da lì, a cascata, anche le nostre. Noi siamo la storia dimenticata, l’identità perduta, e vogliamo difenderla questa nostra identità, ricordandola.

Brigata Menotti è dedicata alla brigata partigiana, perché proprio questa brigata?
La Brigata Menotti ha una storia complessa. Ci siamo stupite leggendo negli archivi, durante le ricerche che hanno preceduto il lavoro compositivo vero e proprio, di non aver trovato nulla sulle attività (peraltro rischiosissime) delle donne presenti nella Brigata, giusto generici accenni. Pochissimi nomi, pochissimo spazio. Noi queste donne dimenticate le abbiamo volute omaggiare. Donne che hanno combattuto non solo i nemici, ma anche il pregiudizio patriarcale. Parliamo di donne che non avevano ancora diritto al voto. Ricordiamo che la legge che prevedeva pene attenuate per i delitti c.d. passionali è stata abrogata nel 1981!  La società italiana non tollerava una donna che agisse violenza, una donna armata, troppo in contrasto con l’immagine sottomessa mariana, eppure in tantissime sono uscite dai panni di casa e hanno imbracciato fucili, rifornito combattenti o passato informazioni a rischio della loro stessa vita. Molte sono state catturate, torturate, uccise dal fuoco nemico. Un sacrificio mai abbastanza ricordato.

Poi, almeno i titoli, ci conducono in un altro emisfero, quello dei sentimenti e delle sensazioni. Chi è Miriam?
È Miriam Mafai, un personaggio incredibilmente moderno, una donna fortissima, scrittrice, giornalista e politica italiana, una donna laica e libera che visse da protagonista i grandi eventi e le battaglie del XX secolo. Fra le molte attività fu la promotrice dei treni della felicità (su cui Cristina Comencini ha realizzato il film Il treno dei bambini) uno dei migliori esempi di solidarietà tra Nord e Sud Italia. Abbiamo inviato il nostro omaggio alla figlia di Miriam, la quale ci ha scritto, commuovendoci, che questo abbinamento fra una donna del secolo scorso e una musica così contemporanea le sarebbe piaciuto moltissimo.

Una doppia dedica alla Sicilia con Bagheria e Lipari. La prima piuttosto scontrosa, dinoccolata e con acuti che sembrano dolorosi. Come e perché questo tipo di dedica?
Bagheria è ispirata all’omonimo romanzo autobiografico di Dacia Maraini in cui la scrittrice toccava argomenti inerenti alla Sicilia della sua fanciullezza e adolescenza. Danielle condivide con Maraini queste radici. È particolarmente legata a Bagheria e Dacia ha saputo toccare, con delicatezza e maestria, argomenti che seppur vissuti al passato, spiegano l’attuale complessità Siciliana, tra abusivismo selvaggio e sessismo. Danielle racconta con la sua melodia lenta e spigolosa la memoria di un quotidiano a Bagheria, l’andamento brullo delle terre sicule, la storia familiare con la sua complessità di rapporti.

Mentre Lipari si destreggia tra la malinconia e armonie contemporanee. Qual è stata la genesi di questo brano?
Quando siamo state in tournée negli U.S.A., a Chicago abbiamo conosciuto lo scrittore Luca Di Vito; parlando del nostro progetto «R-Esistenze» ci ha raccontato delle sue ricerche storiche conclusesi nella stesura nell’avvincente romanzo storico Lipari 1929 fuga dal confino, scritto a quattro mani con Michele Gialdroni (ed. Laterza). Il libro racconta la fuga dal confino di Lussu, Nitti e Rosselli con un collage narrativo dei ricordi, delle lettere e dei dispacci dei protagonisti. Leggendolo siamo state trasportate su quell’isola e travolte dalle emozioni. Un’esperienza che abbiamo trasformato in questa nostra composizione, anch’essa a quattro mani.

Un disco che mette insieme musica, ricordi storici, letteratura e poesia. Nasce spontanea una riflessione sullo stato della cultura oggi, visto che per cultura si vanno a intendere cose a volte del tutto avulse dal sentimento culturale. È anche questa una forma di resistenza?
Assolutamente sì, chissà quante forme di resistenza Lei, saggista, docente e critico musicale, incontra quotidianamente! Nel nostro piccolo cerchiamo di consegnare un significato profondo, un «sentimento culturale» alla musica che componiamo, a discapito di qualunque logica commerciale. Ci sembra la cosa giusta da fare. 

Siete sicure che queste ultime barricate per difendere la cultura non siano già state divelte e superate?
Siamo entrambe ottimiste caratterialmente. Non con leggerezza, o superficialità ma con ostinazione e fiducia.  Le barricate sono state erette per millenni, è un’idea molto antica, ha sempre rappresentato per l’uomo un’attività naturale, quasi istintiva, per difendersi dagli attacchi esterni, per separare una realtà interna conosciuta e consolidata da una minaccia che poteva venire dall’esterno e che rappresentava l’incognito, la perdita di ogni sicurezza. Alla base c’è un meccanismo psicologico elementare: la barricata o il muro è la materializzazione dello «spazio sicuro» in cui muoversi, la divisione fra un «interno» sicuro, amichevole e protettivo e un «esterno» ostile e pericoloso. Crediamo che con «l’esterno pericoloso» sia proprio importante averci a che fare invece! Per cui no, non pensiamo che siano state divelte le ultime barricate, ma riteniamo che il loro abbattimento sia il mezzo attraverso il quale si manifestino le nuove idee. Diceva Italo Calvino nel Barone Rampante: «Se alzi un muro, pensa a cosa lasci fuori».

Danielle Di Majo e Manuela Pasqui

A proposito di genesi, come è nato questo disco? Quali sono i punti di partenza e come vi siete divise il carico compositivo?
La nostra esigenza è stata sin dalla nostra prima collaborazione, quella di poterci esprimere totalmente, senza restrizioni e dare voce non solo a noi in quanto individui, ma in quanto donne. Siamo due donne adulte che lavorano professionalmente con l’arte e l’insegnamento e abbiamo provato negli anni e sulla nostra pelle quanto sia ancora arretrato questo bel paese. Attraverso la musica che componiamo parliamo di questo e vogliamo ricordare anche le donne che prima di noi hanno combattuto per darci dignità, per il voto (come genere votiamo solo dal 1946!), e in generale per l’autodeterminazione. Ci sembra un buon momento per farlo. Inoltre Scavare nella storia è come prendere antichi album di famiglia, con foto in bianco e nero o cartoline scritte ad inchiostro da paesi lontani; tasselli che costruiscono immagini di un passato dal quale veniamo ma che non abbiamo vissuto. La nostra generazione, e ancor più quelle successive, hanno completamente dimenticato i sacrifici che le generazioni precedenti hanno fatto per conquistare le libertà, l’agio e il benessere odierni. Scaviamo tra le personalità del passato per illuminare queste storie nelle quali affondiamo inconsapevolmente le radici, e così facendo comprendiamo più a fondo noi stesse e il nostro Paese. Sono centinaia le personalità alle quali ci siamo ispirate; durante i nostri studi ci siamo imbattute in storie e letture incredibili, moderne, audaci, commoventi: donne come Maria Montessori, Anna Kuliscioff, Sibilla Aleramo o Ada Negri, poetesse e poeti, come Lalla Romano, Miriam Mafai, Joyce Lussu, Dacia Maraini o Eugenio Montale, ma anche persone semplici dal forte senso civico; e la lista è ancora molto lunga! Tutte persone che hanno lasciato un segno indelebile nella storia del nostro paese attraverso l’azione politica, l’attivismo e la poesia. Nel nostro disco la scelta ha dovuto convergere forzatamente su poche personalità che ci ispiravano più profondamente a livello musicale.
Dal punto di vista compositivo ci siamo concesse il massimo della libertà e ognuna di noi ha scelto e composto sulla base di ciò che più profondamente la aveva colpita. È stata un’esperienza molto profonda.

Possiamo dire che «R-Esistenze» sia il giusto prosieguo del precedente «Equilibrismi»?
Si! Seguiamo due filoni di ricerca, uno storico e uno esclusivamente compositivo. «R-Esistenze» segue «Equilibrismi» (come «Puccini, My Love» segue «Come Again»), ne ricalca ed evolve gli obiettivi artistici, di costruzione e sviluppo di un nostro specifico linguaggio musicale, l’espressività melodica e l’arte dell’interazione dialettica tra i due strumenti musicali.
I nostri dischi sono le tappe di un percorso artistico. Ci fermiamo, fotografiamo e poi riprendiamo il cammino.

Come da voi accennato, nel mezzo troviamo il vostro personale tributo a Giacomo Puccini. Con tributi di questo genere si rischia sempre di cadere nella banalità, anche se non è il vostro caso. Perché avete sentito questa esigenza?
In primo luogo per un motivo che riguarda la memoria storica: Puccini è stato un compositore all’avanguardia musicalmente e comunicativamente, che a cavallo di due secoli ha rappresentato l’Opera italiana, plasmando l’immaginario collettivo e componendo melodie entrate a fare parte del patrimonio collettivo italiano e mondiale (basti pensare agli innumerevoli film e pubblicità che hanno utilizzato e utilizzano, le sue musiche). I nostri nonni, che nei primi del Novecento non avevano radio o televisioni o tanto meno telefoni, hanno vissuto appieno questa influenza, trasmettendocela quasi geneticamente. Conoscevano tutte le arie, le trame, i testi; hanno amato Puccini profondamente. Ci siamo così trovate a affondare nelle nostre radici comune, in un lavoro archeologico familiare, molto emozionante. Il secondo aspetto che ci ha affascinate è la visione del femminile. Le donne raccontate dal Maestro toscano, infatti, rivelano molti elementi moderni e di certo hanno ispirato la generazione delle donne a lui contemporanee e hanno contribuito a plasmare la percezione del pubblico sul ruolo stesso delle donne, offrendo esempi di figure femminili più pronte ad auto-determinare la propria condizione.

B.I.T. un acronimo misterioso… cosa significa e perché lo avete scelto?
B.I.T. significa Back In Time. L’acronimo ha due significati. Il primo è quello di macchina del tempo: nella nostra indagine sulle origini musicali, ci siamo rappresentate come i piloti di una macchina del tempo, viaggiando attraverso le epoche alla ricerca di frammenti che ci indicassero da dove veniva il nostro linguaggio musicale. Frutto di questo lavoro sono «Come Again», «Puccini, My Love». Il secondo è, sfruttando anche un’assonanza con la parola beat (pulsazione), essere allo stesso tempo, insieme: riguarda uno dei nostri primi obiettivi di sincerità espressiva, ascolto reciproco e simultaneità della presenza durante l’improvvisazione. Da questo concetto prendono vita «Equilibrismi» e l’ultimo lavoro «R-Esistenze».

Danielle Di Majo e Manuela Pasqui

Il vostro connubio è iniziato nel 2019. Come è nato e come si è evoluto?
Ci siamo incontrate nel 2019, suonando insieme nel quartetto Kind Folk (con il quale abbiamo inciso «Lights» per Filibusta). Fin dall’inizio è nato un legame speciale, una grande sintonia e abbiamo scoperto di condividere gli stessi obiettivi artistici. Dopo quel primo incontro abbiamo cominciato a lavorare in duo e da allora non ci siamo mai fermate, neanche durante la pandemia; in questa formazione abbiamo già registrato quattro album per la Filibusta Records, nel 2021, nel 2023 e nel 2024. Il primo album del duo «Come Again» era basato su una nuova interpretazione di materiale tratto da repertori classici e canzoni originali. In questa fase la nostra intenzione era quella di costruire un suono e un lirismo personali, oltre a sviluppare un linguaggio musicale comune. Il nostro secondo album «Equilibrismi» era una raccolta esclusiva di brani originali. Ha fornito un terreno fertile per approfondire l’espressività melodica e l’arte dell’interazione dialettica tra i nostri due strumenti musicali. Il risultato di una ricerca continua e profonda, sia compositiva che improvvisativa.

Domanda pressocché banale questa che sto per farvi. Il sessismo è stato del tutto debellato nel mondo della musica?
Assolutamente no, come in moltissimi altri ambiti. Nello specifico il mondo della musica è uno dei mondi più maschili, se non addirittura maschilisti poiché la percentuale di donne che suonano uno strumento, producono, compongono, arrangiano o che dirigono case discografiche o un’orchestra è incredibilmente bassa. Essere donne e donne musiciste è dura. Pensiamo che bisogna educare, ricordare, comprendere, aiutare le nuove generazioni e le vecchie a vedere con chiarezza. Nella speranza che le nostre nipoti vivano una sincera parità.

Quali sono i vostri obiettivi artistici sia in duo, che nelle vostre rispettive carriere?
Con B.I.T. stiamo già lavorando all’inclusione di elettronica e a due nuovi progetti, ma per ora concentratissime su «R-Esistenze» , che in fondo è appena nato; ci piacerebbe sicuramente affacciarci ad un pubblico Europeo, dopo il proficuo incontro con quello americano.  Diciamo che in questo momento i nostri obiettivi personali coincidono con quelli del duo; forse è proprio per questo motivo che lavoriamo con tanto impegno da aver prodotto un disco l’anno da quando abbiamo cominciato a collaborare!
Alceste Ayroldi

- Advertisement -

Iscriviti alla nostra newsletter

Iscriviti subito alla nostra newsletter per ricevere le ultime notizie sul JAZZ internazionale

Autorizzo il trattamento dei miei dati personali (ai sensi dell'art. 7 del GDPR 2016/679 e della normativa nazionale vigente).

Articoli correlati

Al via oggi la decima edizione di JAZZMI

Dal 23 ottobre al 9 novembre, prodotto da Associazione JAZZMI, Ponderosa Music & Art e Triennale Milano Teatro, in collaborazione con Blue Note Milano e con la direzione artistica di Luciano Linzi e Titti Santini.

Le anticipazioni di Umbria Jazz Winter, a Orvieto dal 30 dicembre al 3 gennaio

Il programma completo del festival umbro sarà disponibile dal 13 novembre.

Intervista a Jimmy Sax

In occasione dell’uscita del nuovo singolo abbiamo chiacchierato con il celebre sassofonista.