Intervista a Chassol

Lo abbiamo incontrato in occasione della sua tappa a Monte Sant’Angelo per FestAmbiente Sud. Di seguito un breve estratto dell’intervista che sarà pubblicata prossimamente sulle pagine della rivista Musica Jazz.

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Per completezza anagrafica Christophe Chassol, il quarantanovenne pianista e compositore di Issy-les-Moulineaux, con radici nella Martinica, amato bipartisan: sia da chi apprezza il jazz, tanto quanto da chi ama la musica contemporanea, ha dato un notevole contributo all’evoluzione dell’approccio pianistico, grazie alla sua creatività e alla sua capacità di saper «attingere» da chi lo ha preceduto con abilità innata: Chassol «ruba», per dirla con Austin Kleon, come solo i grandi artisti del passato hanno saputo fare. Già al fianco di Solange (sorella della ben più nota Beyoncé), di Frank Ocean e altri musicisti coevi, ha messo in pratica gli insegnamenti ricevuti al Berklee di Boston personalizzandoli, fino a creare un genere musicale indipendente che lui stesso ha definito, già in due album, Ultrascores. Esperto compositore di colonne sonore per cinema e televisione, ha reso i suoi live degli show multimediali, conditi da sonorità contemporanee e da dinamiche tra il minimalismo, l’improvvisazione e il prog di Canterbury.

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Chassol, inizierei subito dal tuo ultimo lavoro «Chassol plays Basquiat». Perché hai scelto proprio lui?
La Philharmonie de Paris, nel 2023, stava preparando una mostra su Basquiat e la musica associata alla sua breve vita; si chiamava Basquiat Soundtracks. E così chiesero a tre compositori di realizzare un brano a testa. Tale richiesta fu formulata al rapper Yasiin Bey, alias Mos Def; al trombettista Ambrose Akinmusire e al sottoscritto.
Questo è il motivo per cui ho realizzato questo disco. Come artista nero, è inevitabile conoscere  ed apprezzare Basquiat, che seguo da molto tempo.
Mi piace la sua tecnica e il suo approccio alla realtà. Già conoscevo le opere di Basquiat, ma questa mostra, in particolare, mi ha fatto guardare la sua pittura in modo diverso. Per esempio, leggevo ad alta voce le parole sul dipinto. E quando c’era una parola cancellata, non la menzionavo. Così la lettura è diventata ritmica, ancor più musicale.

In generale, ascoltando la tua musica si ha sempre un impressione di imprevedibilità, di non sapere cosa accadrà. E’ una tua tecnica voluta o è spontanea?
Credo di voler essere sorpreso in generale. E allo stesso tempo, mi piace qualcosa di stabile, cioè, mi piacciono le cose che conosco. Ma nell’ambito della musica, invece, voglio essere sorpreso: non mi piace sentire sempre gli stessi accordi. Per questo ascolto raramente le novità. Non le ascolto molto, perché gli accordi sono sempre gli stessi. Ad essere sincero, come ho detto prima, nella mia musica ho rubato le tecniche da molti compositori; quelli non proprio imprevedibili, ma geniali, come Ennio Morricone, Steve Reich.
Questi grandi artisti sono stati capaci di mettere insieme accordi semplici e restituire delle musiche meravigliose.

Dove trovi l’ispirazione? Come lavori durante la fase di composizione e durante la fase di arrangiamento?
Non c’è una pagina bianca dalla quale parto, perché tutto è già davanti a noi. Quindi non è una questione di ispirazione, è una questione di togliere cose perché ce ne sono troppe, devo solo osservare  (mostra il paesaggio che lo circonda in quel momento, N.d.R.). Vedi i bambini con le biciclette? C’è un sacco di rumore. C’è mio figlio, si sente il rumore della sua bicicletta. Quindi questo è un brano per me. E’ qualcosa da cui partire, ma anche arrivare.
Si tratta di capire come lo si inquadra, come lo si presenta, come lo si diffonde, qual è la storia che si racconta, la storia che c’è dentro. Quindi per prima cosa penso a cosa voglio dire e perché lo voglio dire; e se vale la pena che lo dica. Ci sono molti brani musicali meravigliosi, quindi perché dovrei farne uno? Sto cercando di rispondere molto onestamente a questa domanda, con estrema sincerità. Insomma, io parto da questi punti che ritengo fondamentali: cosa voglio dire? perché voglio dirlo? e, poi, voglio condividerlo davvero? Quando ho risposto a queste domande, posso iniziare a cercare le immagini, il suono che fuoriesce dalle immagini che la vita ci offre. Così, per esempio, il mio nuovo brano che uscirà alla fine dell’anno parla dei comici stand-up che ho registrato e filmato, e dei quali ho armonizzato la musica con il loro parlato. E voglio farlo perché trovo che l’umorismo dei comici stand-up sia un valore molto alto, che può aiutare le persone e, sicuramente, aiuta me. Quindi metterlo in musica fa sì che la gente ricordi le loro battute, i contenuti e la precarietà economica di questi comici. Mi sembra sia un buon mantra per la vita e ritengo che possa aiutare le persone.
Alceste Ayroldi

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