«Camadamia». Intervista ai Camaleoni

Il gruppo è nato a Milano nel 2021, ma si consolida nel 2023 con l’attuale formazione, ovvero Lorenzo Palermo (pianoforte e tastiere), Fabio Pergolini (batteria), Valerio Maria Bandi (chitarra elettrica), Riccardo Savioli (sassofoni), Andrea Brutti (basso elettrico). Parliamo con loro dell’album di debutto e di tanto altro.

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Buongiorno a tutti! Iniziamo subito dal vostro nome che è, almeno penso, un calembour. A chi è venuta l’idea e quanto vi riconoscete in questa ibridazione di animale (camaleonti e leoni)?
Buongiorno a te Alceste e a tutti i lettori! Il nome Camaleoni è nato quasi per caso, da un piccolo diverbio tra Fabio (batterista) e Valerio (chitarrista) agli albori del progetto, quando ancora proponevamo cover. Si discuteva su quale direzione prendere per il repertorio live: Valerio era più orientato verso brani di un solo genere, mentre Fabio proponeva una scaletta più variegata, che lui stesso definì «camaleontica». Quella parola ci fece sorridere, ma allo stesso tempo ci colpì: sembrava descriverci perfettamente. Da lì è nata l’idea. Stavamo scegliendo un repertorio eclettico e mutevole, proprio come dei camaleonti e nei live ci rendevamo conto che portavamo sul palco un’energia intensa, quasi animalesca: da leoni. Così abbiamo deciso di fondere le due nature, dando vita a una nuova creatura: il camaleone. Una fusione simbolica che abbiamo anche rappresentato graficamente nel nostro logo ufficiale, raffigurando un camaleonte con criniera e coda. Ci riconosciamo molto in questo simbolo perché, appunto, sintetizza la nostra essenza.

Per non parlare del titolo del vostro disco d’esordio «Camadamia». E’ una sorta di anagramma di macadamia o altro? Perché questo titolo?
In realtà, inizialmente l’idea era quella di intitolare l’album Macadamia, prendendo spunto proprio dall’omonimo brano che volevamo fungesse da title track. Poi, quasi per gioco, ci siamo accorti che rimescolando le lettere si poteva ottenere Camadamia, un anagramma curioso che ci ha subito conquistati.
Oltre a piacerci per il suono, quel titolo rispondeva perfettamente anche al nostro desiderio di creare un’identità coerente e riconoscibile attorno al mondo dei Camaleoni, giocando con il prefisso cama per dare continuità e forza al nostro brand artistico.

Come e dove è nato il vostro sodalizio?
L’idea è nata nel 2021 da Lorenzo, Fabio e Valerio alla Scuola di Musica Città di Novate Milanese, un’associazione culturale che ha fatto da epicentro per la band. Poco dopo è subentrato, a completamento della sezione ritmica,  Andrea, conosciuto durante alcune lezioni al Conservatorio di Milano. Infine, sul nostro cammino abbiamo incontrato Riccardo durante le prove per la tesi di Andrea: abbiamo istantaneamente capito di aver trovato l’ultimo pezzo di questo bellissimo puzzle. Da quel momento, siamo giunti in breve tempo alla registrazione del nostro primo disco.

Nella vostra musica c’è funk, jazz, soul, R&B e anche delle venature di rock. Quali sono le vostre fonti di ispirazione?
Ciò che definisce l’identità della nostra band è la sua anima camaleontica, frutto della fusione delle influenze musicali e degli ascolti eterogenei di ciascun componente. Ognuno di noi porta con sé un bagaglio sonoro unico: dalla black music di Andrea al funk di Fabio, passando per il background classico e progressive di Lorenzo, l’amore per il jazz di Riccardo, fino all’energia punk-rock di Valerio. Queste diversità si incontrano e si intrecciano in modo naturale, dando vita a un linguaggio musicale originale e in continua evoluzione. A unire il tutto, una base comune fatta di ascolti che spaziano dalla fusion americana contemporanea come quella degli Snarky Puppy, dei Vulfpeck, o di Nate Smith, alla scena jazz/hip-hop inglese (Yussef Dayes, Vels Trio), fino alla scena italiana con i Calibro 35.

Camadamia – Camaleoni – foto R. Cifarelli – Cover

Siete un quintetto democratico o c’è un leader tra di voi?
Per quanto riguarda la nostra relazione interna, non esiste alcuna gerarchia che va a definire i ruoli all’interno del gruppo. Come ha detto Riccardo in un’intervista radiofonica: «siamo microcosmi che fluttuano alla stessa altezza». Non abbiamo un leader vero e proprio: ciascuno di noi contribuisce secondo le proprie attitudini e inclinazioni. Valerio, ad esempio, ha assunto naturalmente il ruolo di vocalist e voce narrante durante i concerti, mentre Lorenzo, supportato dagli altri, si occupa prevalentemente dell’organizzazione. Tutti, però, partecipiamo attivamente alla realizzazione degli obiettivi comuni, mettendo a servizio del progetto le nostre competenze con grande entusiasmo.

Vi ho sentito suonare dal vivo in occasione dell’Italia Jazz Club Music Contest 2024 ad Ascoli Piceno, e ciò che ho da subito apprezzato è stata la vostra energia, la voglia di stare sul palco e condividere la vostra musica. Quando componete partite da una cellula ritmica, da una struttura armonica o da una frase melodica?
Innanzitutto, grazie di cuore per l’apprezzamento: per noi è fondamentale riuscire a trasmettere al pubblico ciò che dà senso al nostro fare musica, ovvero il divertimento e la condivisione di qualcosa di autentico, attraverso le emozioni. Per quanto riguarda il processo creativo, ogni nostro brano prende vita in maniera organica, ma il punto di partenza varia a seconda di chi ne è l’ideatore. Solitamente, tutto comincia da un’idea individuale: uno di noi porta in sala prove una bozza, un frammento o una struttura, che poi viene modellata collettivamente. Lavoriamo insieme per arricchirla, modificarla, adattarla alle sensibilità di ciascuno, fino a farla diventare un pezzo che ci rappresenti davvero tutti. Anche il tipo di idea iniziale cambia a seconda delle personalità musicali: Valerio e Lorenzo, ad esempio, tendono a partire da solide basi armoniche, su cui costruiamo l’impianto ritmico e melodico. Riccardo, una volta ci ha portato un’idea nata da un frammento melodico ispirato al canto di un uccello estinto, e da lì abbiamo sviluppato insieme l’intero brano. Andrea e Fabio, rispettivamente basso e batteria, spesso iniziano da cellule ritmiche, che diventano la spina dorsale su cui costruire tutto il resto.
In sintesi, il nostro approccio alla composizione è profondamente collaborativo e riflette le nostre individualità: ogni brano è il risultato di un processo condiviso, dove l’idea del singolo diventa, passo dopo passo, espressione collettiva.

Se ci fosse un sesto elemento che strumento sarebbe?
Il sesto Camaleone esiste, ed è forse la figura più importante: il pubblico.
Per noi, l’interazione con chi ci ascolta è fondamentale, uno scambio continuo e reciproco di energia. Diamo tutto di noi in ogni esibizione, ma riceviamo altrettanto in cambio: entusiasmo, ascolto, partecipazione.
Suonare dal vivo è una gioia immensa e ciò che più spesso ci viene riconosciuto e che ci rende particolarmente orgogliosi, è la felicità e la naturalezza con cui stiamo sul palco. Vorremmo però sottolineare che tutto questo è possibile proprio grazie a chi ci sostiene. Anche il pubblico, infatti, ha un ruolo attivo e decisivo: riesce a farci sentire a casa, persino in contesti nuovi o carichi di tensione emotiva.
Il pubblico «camaleonico», in fondo, è parte integrante della band e non vediamo l’ora di continuare a farlo crescere insieme a noi.

Siete giovani e fate una musica non commerciale in Italia. Quali sono le maggiori difficoltà che incontrate nel mercato dell’industria musicale?
Il mondo dell’industria musicale è un sistema complesso e, per certi versi, ancora misterioso. È composto da tante parti che interagiscono e si sostengono a vicenda: dall’organizzatore al booking, dai fonici ai tecnici luci, fino alla venue e naturalmente alla band. Tutto è collegato e nulla funzionerebbe senza il contributo delle altre figure coinvolte.
La difficoltà maggiore, per chi come noi si affaccia a questo mondo, è forse proprio quella di non conoscere da subito ciò che esula dalla propria sfera di competenza; nel nostro caso, la scrittura dei brani e le performance.
Se esistesse La guida definitiva alla carriera musicale, sarebbe probabilmente uno dei libri più venduti di sempre, ma non esistendo, ci si orienta passo dopo passo tra tentativi, errori e scoperte.
Fare musica non commerciale, da un lato, ci ha permesso di muovere i primi passi con più libertà e leggerezza. E alla fine, con nostra sorpresa, ci siamo resi conto che forse poi così “non commerciale” … non lo è affatto!

Camaleoni © Roberto Cifarelli

Quali obiettivi vi siete dati?
Il nostro obiettivo è continuare a fare musica, sperimentare e riuscire a rendere i Camaleoni una parte focale delle nostre vite. Desideriamo mantenere il clima di gioia e armonia che si instaura quando siamo sul palco, lasciando da parte i giudizi per dare spazio al divertimento.  E chi lo sa, magari arriveremo ad avere un festival a nostro nome, una serie Netflix o addirittura un documentario su di noi! Ma una cosa è certa: sentirete parlare di noi ancora a lungo. Questo è il vero augurio che facciamo al nostro futuro.

Avete delle rispettive carriere da solisti di cui vorreste parlare?
Una delle grandi forze dei Camaleoni è proprio la ricchezza delle sfaccettature professionali e delle passioni di ciascun componente.
Siamo tutti musicisti professionisti, e capita, o è capitato, di portare avanti anche percorsi individuali. Ma è proprio l’ecletticità dei nostri background a rendere i Camaleoni ciò che sono: un progetto corale, costruito sulla diversità.
Lorenzo, ad esempio, mentre si diplomava al conservatorio ha intrapreso, e sta per concludere, il percorso in ingegneria aerospaziale. Fabio da anni coltiva l’arte della cucina, creando piatti e menù degni di ristoranti stellati… salvo poi invitare troppo raramente gli altri Camaleoni a cena!
Andrea ha da poco concluso la laurea magistrale in musica elettronica, ambito che ha esplorato anche dal vivo con concerti e performance multimediali. Riccardo ha un background da sassofonista classico, è un raffinato arrangiatore, e oggi è uno dei principali portavoce del densoon, un nuovo e particolarissimo strumento musicale (fagotto a diteggiatura assistita, N.d.R.). Infine Valerio, il quale oltre a essere docente, vive di creatività tra l’invenzione di giochi da tavolo e la scrittura di racconti. In fondo, ogni esperienza individuale alimenta il progetto comune e forse è proprio questo il nostro modo di essere «camaleonici».

In breve, qual è il vostro rispettivo background culturale e artistico?
Racchiudere il background culturale e artistico dei singoli Camaleoni in poche righe è una sfida, perché ognuno di noi porta con sé un mondo a sé stante.
Ci accomuna certamente una formazione musicale solida, maturata all’interno dei conservatori e affinata sul palco, ma i nostri percorsi si sono sempre intrecciati anche con altri ambiti dell’arte e della cultura.
C’è chi è cresciuto leggendo i grandi classici, chi si è appassionato alle biografie dei musicisti, chi si lascia ispirare da graphic novel e manga. Alcuni di noi trovano nella cucina un linguaggio espressivo, altri nella scrittura, nel design sonoro, nella danza. In fondo, è proprio questa varietà di riferimenti, a volte complementari, altre volte lontanissimi, a dare forma al nostro modo di fare musica: contaminata, viva, personale.
I Camaleoni, prima ancora che una band, sono un piccolo ecosistema dove le passioni individuali si riflettono in ogni nota.

Quali sono i vostri prossimi impegni?
In questo periodo siamo molto concentrati sulla scrittura del prossimo disco dei Camaleoni, e non vediamo l’ora di portare dal vivo le nostre nuove creazioni.
Chiunque voglia ascoltarci o semplicemente conoscerci meglio, può venirci a trovare il 15 agosto a Chiavari, in occasione della prestigiosa rassegna Chiavari in Jazz.  Saremo inoltre parte della line-up del Linecheck Festival, il 20 novembre al BASE di Milano.
Per rimanere aggiornati, scoprire retroscena e restare in contatto con noi, potete seguirci sui principali social: Instagram, Facebook e TikTok. Cercateci come CamaleoniBand e, con il nostro logo arancione, non potete sbagliare!
Alceste Ayroldi

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