Adi benvenuta a Musica Jazz. Presto sarai in Italia per diversi concerti e, soprattutto, sarai ospite del festival Mundus dove suonerai il 14 luglio a Reggio Emilia. Cosa hai in mente per il pubblico italiano?
Ho tenuto diversi concerti in Italia lo scorso anno, mi piace tantissimo esibirmi in Italia, il pubblico è molto accogliente, mi piace molto lavorare in Italia, mi piace come gli artisti vengono trattati da tutto lo staff che è sempre molto presente, il pubblico è sorridente e balla, quindi è molto divertente.
In questo album parli anche della tua esperienza di donna nera immigrata negli Stati Uniti. Vuoi raccontarci qualcosa di questa esperienza?
La mia esperienza di donna nera immigrata negli USA non è un caso singolo, è un caso come tanti altri, è una questione generale che ha a che fare con l’essere diversi. Sono cresciuta in Francia, e lì c’era una certa situazione, poi mi sono trasferita negli USA e ho trovato un’altra situazione. Non avevo intenzione di scrivere un album politico, volevo solo raccontare la mia storia. In «Lotus Glow» racconto di dove e come sono cresciuta e di quale è stata la mia esperienza. Non è sempre divertente essere considerato una minoranza. Essere una donna nel mondo della musica non è sempre facile, dobbiamo affrontare la mascolinità tossica, e penso che in generale essere una donna nera nella società non sia sempre semplice perché non sempre veniamo prese sul serio, non siamo percepite come intellettuali, ma le cose stanno cambiando perché oggi se ne parla.

La tua carriera è iniziata come modella e DJ? Come ti sei avvicinata alla musica e al basso elettrico?
Non ho iniziato come dj o modella, ho sempre cantato, da quando avevo 2 anni. Ho iniziato a lavorare come Dj e come modella molto più avanti, quando mi sono trasferita a New York per guadagnare un po’ di soldi. Quindi sono una musicista innanzitutto. Il basso è arrivato un pochino dopo, prima di fare la DJ, sempre quando mi sono trasferita a New York e ho avuto il mio primo gruppo. Stavamo cercando un bassista, e quello che abbiamo ingaggiato diede forfait all’ultimo secondo prima del concerto e siccome sapevo suonare la chitarra, i membri del gruppo mi hanno proposto di suonare il basso, ho accettato e da quel momento mi sono innamorata di questo strumento.
Perché hai scelto Oasis come pseudonimo?
Innanzitutto mi piace come suona. E, poi, questo nome mi è arrivato durante il periodo della pandemia, un periodo in cui riflettevo su me stessa come persona e cosa volevo essere per i miei amici, per la mia famiglia, e su cosa fosse la musica per me, perché nel periodo 2020-2021 quando le cose stavano andando male per molti artisti, io ero in un buon periodo, la mia carriera stava fiorendo e ho trovato il nome Oasis in questo modo: nel mezzo di un deserto ho voluto vedere l’isola e il lato positivo, ed è ciò che la musica rappresenta per me.
Parigi, poi New York. Dal punto di vista musicale, qual è la città che ti si addice di più?
100% New York, che è il motivo per cui ho lasciato Parigi e mi sono trasferita a New York per fare musica.

In che modo la collaborazione con altri ha influenzato il tuo suono, la tua visione e la tua autostima?
L’ autostima non cambia in base alla persona con cui collaboro, l’autostima è il modo in cui amo me stessa e nessuno può cambiarlo. Non penso che collaborare con altri artisti mi abbia influenzata, piuttosto mi sento ispirata dalle persone con cui lavoro e quello che mi piace della collaborazione è che mi permette di vedere come lavorano altri artisti da cui posso imparare a migliorarmi come producer e cantautrice.
Chi sono i tuoi musicisti di riferimento?
I musicisti che più mi hanno influenzato sono quelli del passato, primo fra tutti Prince, ma anche altri come Curtis Mayfield, e in tempi più recenti Grace Jones.
Qual è il tuo rapporto con il pubblico in generale, e con quello italiano in particolare?
Il pubblico è il motore; anzi: io sono la macchina, il pubblico la benzina. Non potrei esibirmi senza di esso e soprattutto nei concerti c’è uno scambio di energie, io sento loro, loro sentono me, è questo è il bello di ciò che facciamo. Il pubblico italiano è molto divertente, mi sono esibita solo due volte in Italia, ma terrò altri concerti nel corso dell’anno e mi farò un’idea più precisa.
Se dovessi girare un film come regista, quale sarebbe la trama di questo film?
Se dovessi girare un film lo farei sulla mia storia, io sono la persona di cui riuscirei a parlare meglio, inoltre avrei tanti aneddoti divertenti soprattutto sulla mia vita a New York…

Foto di Elliot Ashby
Hai un background culturale molto ricco. In che modo le tue radici influenzano la tua arte?
Le mie origini caraibiche hanno influenzato la mia musica tantissimo e non me ne ero resa conto fino a quando recentemente non ho riascoltato brani del genere zouk dove si percepisce bene la linea del basso, e questo mi fa ricordare perché sono una bassista.
Cosa è scritto nell’agenda di Adi Oasis?
Migliorare sempre ciò che faccio, cantare meglio, suonare meglio, migliorare come producer e cantare presto nuova musica.
Alceste Ayroldi