La prima domanda riguarda il tuo imminente disco, di cui mi hai parlato, in duo con Stefano Bollani. Puoi dirci qualcosa di più al riguardo?
Siggi Loch mi ha concesso una serata tutta mia nell’ambito della sua rassegna Jazz at Berlin Phil. Ho invitato Stefano a suonare con me su due pianoforti. Eravamo all’inizio del 2023 alla Grosse Saal e abbiamo registrato il concerto. Si tratta di un programma tutto italiano. Suoniamo Verdi, Puccini, Donizetti e altri compositori.
Al momento, il tuo disco più recente è «Tough Stuff», in trio con Conor Chaplin e Anton Eger. Mi sembra che sia la prima volta che collabori con loro due. Come è nato questo progetto?
I pianisti jazz di solito finiscono per suonare con basso e batteria. Il trio è la formazione di base. Conosco Anton Eger per averlo sentito nella band di Marius Neset e lo volevo alla batteria. Anton mi ha consigliato Conor come bassista. È così che è nato il trio.
Facciamo un passo indietro e parliamo di «Veneziana». Una dedica alla città di Venezia o a qualche compositore in particolare?
«Veneziana» non è una vera e propria dedica. Era solo una serie di pezzi che avevano tutti un legame con Venezia.
Il 2016 vede il tuo omaggio a John Lennon. Lo dico in tono provocatorio: penso che John Lennon sia sopravvalutato. Qual è secondo te il valore di Lennon?
Io invece penso che non sia sopravvalutato. Imagine è stata scelta come la canzone pop più importante del secolo scorso. Il testo di Imagine ha ancora più valore oggi che alla fine degli anni Settanta. Credo che la musica di Lennon sopravviverà allo stesso modo di quella di Vivaldi, Verdi, Bach o Mozart. Diciamo che non siamo d’accordo!
Non credi che il suo comportamento non sia stato dei migliori, soprattutto nei confronti del figlio Julian?
Ma sai, io mi concentro sulla musica, non sugli affari di famiglia.
Quali sono state le tue prime influenze?
Bach, Mozart, Corea, Jarrett, Bernstein, Egberto Gismonti, Richard Tee.
Hai iniziato come autodidatta. Poi hai deciso di studiare pianoforte all’Accademia Sibelius. Pensi che questo studio abbia influenzato anche la tua improvvisazione pianistica?
Ho iniziato a cantare all’età di sei anni, soprattutto Bach, in un coro maschile. Ho iniziato a suonare il pianoforte classico a dieci anni e mi sono avvicinato a jazz, pop, rock a quattordici. Non mi sono mai diplomato in nessuna scuola. Ho imparato a suonare nelle band, sul palco e a casa, a forza di studiare. Le scuole di musica non hanno avuto il minimo effetto sul mio apprendimento.
Hai studiato pianoforte classico. Ma la tua scelta è caduta sul jazz. Puoi spiegare le ragioni che ti hanno spinto a scegliere il jazz?
Volevo liberarmi degli spartiti. Non voglio leggere la musica sul palco. Nel jazz posso guardare chi suona, fare assoli e creare atmosfere, sul momento. Ma oggi sono tornato alla musica classica. Il 50% del mio lavoro è classica.
So che sei sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo. Quali sono i tuoi mezzi e le tue fonti di ricerca?
Sono molto curioso di imparare cose nuove. Cinque anni fa mi sono appassionato all’opera buffa. Ora ne ho già composte tre.
Cosa succede nel tuo corpo quando ascolti? Ascolti con gli occhi aperti o chiusi?
Con gli occhi chiusi. Non ho mai pensato a cosa succede mentre ascolto. Mi osserverò la prossima volta che ascolterò!
Una domanda che mi pongo molto spesso. Tu che sei l’araldo del jazz finlandese, pensi che esista un linguaggio jazzistico tipicamente scandinavo?
No, sinceramente non credo proprio.
Credo che la tua carta vincente sia che riesci a goderti ogni occasione e ogni collaborazione. Mi sbaglio?
Ho la massima libertà. Posso scegliere cosa suonare, con chi suonare, dove suonare, quando suonare. Apprezzo molto questi aspetti della mia professione.
C’è mai stata una situazione in cui ti sei trovato in difficoltà e che avresti preferito evitare?
Una volta sono andato a vedere un’opera di Richard Wagner. Per fortuna sono riuscito a scappare tra un atto e l’altro!
Secondo studi scientifici, le esperienze musicali più profonde e incisive si fanno tra i 13 e i 16 anni. Cosa significava per te la musica a quell’età, e cosa è cambiato da allora?
Confermo, è proprio vero. Sono fortunato perché già a quell’età mi piacevano vari stili. E sono ancora quelli che preferisco.
Quando decidi di collaborare con qualcuno, quali sono le caratteristiche che cerchi nei musicisti?
Energia buona e positiva, e capacità di comunicazione.
Come descriveresti il tuo rapporto con il tuo strumento?
Un amore profondo.
Quali sono, secondo te, le idee chiave del tuo approccio alla musica?
Divertirsi!
Quali sono i tuoi progetti futuri e i tuoi prossimi obiettivi?
Fare più musica.