Federica Michisanti & Trioness – gennaio 2017, Casa del Jazz Roma

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Trioness - foto Sandro Cerini

21 gennaio 2017, Casa del Jazz Roma

Il 2017 riparte a Villa Osio con la presentazione al pubblico – un giorno dopo la pubblicazione ufficiale per l’etichetta Filibusta – dell’album «Isk», opera seconda del Trioness della contrabbassista romana, che segue all’esordio omonimo del 2012.

Il trio presenta Simone Maggio al pianoforte, Gianluca Vigliar ai sax tenore (con assoluta e pertinente prevalenza) e soprano e, ovviamente, la leader al contrabbasso. La formazione si esprime come un tutto unico, sottolineando tale fusione (di intenti, timbri e intrecci sonori) sin dal nome prescelto, mirato a sottolineare l’intima coesione (e il mirabile equilibrio) della struttura triadica.

Federica Michisanti

Il clima espressivo è di stampo schiettamente third stream (Jimmy Giuffre docet) di prevalenza ispirato a una evidente quietness – che Michisanti ha voluto ribadire anche a parole, nella cordiale interlocuzione intrattenuta con il publico – fatta di assorta e pensosa gentilezza, intrisa di forti aspetti melodici e tuttavia mai disgiunta dal nerbo necessario a garantirne la tenuta, in termini tensivi, in ragione del continuo e sapiente intessersi delle tre voci. Inoltre, benché l’impianto complessivo risenta di una naturale attitudine raziocinante, esso non è mai privo di una forte capacità di coinvolgimento emotivo, ponendo in bella evidenza gli interventi di Maggio.

La sostituzione di Matt Renzi (che ha preso parte alla registrazione del disco suonando, oltre al tenore, il clarinetto basso, l’oboe e il corno inglese) con Vigliar sottrae un minimo alle possibilità timbriche, per la rarefazione delle possibilità strumentali. Ma è davvero un nonnulla, ampiamente compensato dalla bontà degli interventi al tenore, che riportano gli equilibri complessivi più in direzione del primo album del trio.

Centrale, come è del tutto naturale, il ruolo di Michisanti non soltanto per la commendevole capacità di scrittura (brani pressoché esclusivamente originali, tutti provenienti dalla sua penna) ma anche per l’esercizio di una conduzione discreta, capace tuttavia di garantire la tenuta di equilibri a volte molto complessi con interventi e puntualizzazioni sempre di assertivo garbo.

In scaletta alcuni brani del primo album (L’arciere, Le Voleur) ma ovvia prevalenza per quelli della nuova uscita (Before I Go, Slow March, Hush, Reset). In chiusura l’unico brano non originale, Wrapped Around Your Finger di Sting, prima del bis di Isk.

Notevole il gradimento del pubblico, in una sala gremita, per una proposta fresca e fortemente originale, che sa assumere rischi sfuggendo la trappola dell’ovvio. I più vivi complimenti a Luciano Linzi per non essersela fatta sfuggire.

Sandro Cerini