Fiesole, Teatro Romano
6 giugno
Collocato nel quadro delle iniziative del Music Pool, l’evento inaugurale della 77esima edizione dell’Estate Fiesolana ha messo in risalto il saldo legame esistente tra Joey Calderazzo, John Patitucci e Dave Weckl. Un legame giustificato dalla lunga militanza – iniziata nel 1985 – di Patitucci e Weckl nella Akoustic Band e nella Elektric Band di Chick Corea, nonché dalle frequentazioni giovanili del bassista con Calderazzo. Con un repertorio esclusivamente basato su composizioni originali, il trio ha coniugato un linguaggio saldamente radicato nel lessico jazzistico con sprazzi di autentico virtuosismo e una tangibile gioia di suonare e comunicare.
Noto principalmente per le sue passate collaborazioni con Michael Brecker e Branford Marsalis, Calderazzo è un pianista generoso, dotato di uno stile contrassegnato da una certa influenza di Herbie Hancock soprattutto per quanto riguarda la capacità di variare e rielaborare le linee tematiche, e di esplorarne le implicazioni armoniche. Al tocco nitido, al fraseggio fluido ricco di inventiva melodica e al vivace piglio ritmico sugli 88 tasti abbina il gusto per un uso misurato delle tastiere. L’approccio al sintetizzatore risente, per scelte timbriche e costruzione delle frasi, della lezione di Joe Zawinul, come dimostra l’introduzione (a dire il vero, un po’ prolissa e ridondante) della sua The Oracle. In un altro brano di sua composizione, The Charmer, trae dall’altra tastiera – altrove utilizzata in funzione di supporto prevalentemente armonico – le sonorità tipiche del piano elettrico Fender Rhodes, profumate di soul jazz e funk.
Su entrambi gli strumenti Patitucci sciorina la ricchezza di intuizioni e la creatività che gli sono abitualmente riconosciute. Al contrabbasso, seppur a tratti affetto da alcuni problemi di feedback, elabora linee scorrevoli e dialoganti con la consueta cavata corposa. Inoltre, è prodigo di invenzioni melodiche che sa trasferire efficacemente anche sulle sei corde del basso elettrico Yamaha, altro suo inconfondibile tratto distintivo. Patitucci si conferma inoltre anche fine compositore, specialmente in due brani dedicati a Corea. In Chickmonk unisce idealmente la fertile vena melodica dell’amico e mentore scomparso all’intrico asimmetrico tipico della poetica di Thelonious Monk. In Chôro for Chick sovrappone a strutture di matrice afrocubana le tessiture contrappuntistiche di questa forma popolare brasiliana, nata dall’incontro tra danze europee e ritmi africani.
Troppo spesso superficialmente associato alla corrente della fusion, Weckl è un batterista jazz nel vero senso della parola. Lo testimonia la sua capacità di costruire figurazioni ritmiche variegate, di dosare le dinamiche e di giocare sottilmente con piatti, hi hat e rim shots, gli accenti in controtempo ottenuti percuotendo i bordi del rullante. Weckl rifugge da effetti spettacolari anche negli spazi che gli sono riservati, che siano breaks o assolo. Particolarmente efficace risulta in questo senso l’introduzione solistica – fonte di ingegnose soluzioni anche timbriche – di Eddie P., composizione di Patitucci dedicata a Eddie Palmieri, il pianista e compositore di origine portoricana annoverabile tra i maestri indiscussi del latin jazz.
Del tutto meritata, quindi, l’ovazione tributata dal pubblico del Teatro Romano alla superlativa prestazione del trio e al magistero dei suoi componenti.
Enzo Boddi