Bill Withers: una ristampa e un disco di omaggi

244
Bill Withers «+ ’Justments» Elemental Music

Bill Withers «+ ’Justments» Elemental Music, distr. Egea

Una ristampa e un disco di omaggi. Bill Withers ha festeggiato da non molto ottant’anni, e quindi oggi si torna a parlare di lui come di un maestro della black music. È davvero uno strano destino, quello dell’artista originario di Slab Fork, West Virginia. Un po’ come il collega Terry Callier (scomparso nel 2012), Withers si muove in equilibrio instabile tra soul, funky e canzone d’autore, tra folk, r&b e jazz. Proprio per questo è un personaggio difficilmente classificabile, più noto al grande pubblico per i suoi successi che come artista in carne e ossa. E pensare che quel giovanottone alto quasi un metro e novanta pareva destinato a diventare un militare di carriera nel corpo dei marine. Ma nel 1965 Bill decide di gettare via la divisa della Marina per dedicarsi alle canzoni e per suonare la chitarra, trasferendosi a Los Angeles in cerca di fortuna. La sua attività ha il momento di massimo splendore negli anni Settanta: è da quel decennio che vengono i suoi grandi successi, primo tra tutti un pezzo leggendario ed eseguito in decine di versioni come Ain’t No Sunshine (dall’album di debutto del 1971, «Just As I Am»). A questo fanno seguito Lean On Me e Grandma’s Hands, Use Me e Lovely Day fino a Just The Two Of Us, un duetto con il sassofonista Grover Washington Jr., finito subito in classifica nel 1981 e incoronato col Grammy Award quale miglior brano Rhythm & Blues. Dalla seconda metà degli Ottanta l’attività del nostro rallenta. Anche se le sue canzoni – eseguite da lui con voce calda e suadente e riprese da Michael Jackson e Barbra Streisand, Aretha Franklin e Tom Jones, Joe Cocker e Mick Jagger, Diana Ross e Paul McCartney, Linda Ronstadt, Sting e altri – si ascoltano in molti film, telefilm e serie tv.

Ben venga, dunque, la nuova ristampa in cd di «+ ’Justments», il suo terzo lavoro uscito in origine nel 1974 e ripubblicato da Elemental Music in collaborazione con la Sony. Un disco che, pur non contenendo grandi hit, regge bene il passare del tempo. Tra ballate, pezzi mossi e arrangiamenti sofisticati (l’uso dell’arpa su un tappeto di strumenti elettrici in Green Grass; il basso pulsante di Ruby Lee; le congas di José Feliciano, ospite speciale in Railroad Man, il brano più lungo e audace del disco). Assolutamente da non perdere, e da riascoltare anche per chi lo aveva già in vinile.

Anthony David «Hello Like Before. The Songs of Bill Withers

Anthony David «Hello Like Before. The Songs of Bill Withers» Shanachie, distr. IRD

Come è da ascoltare l’omaggio che gli regala il chitarrista, vocalist e cantautore di Savannah Anthony David. Timbro baritonale e pieno, sei album da leader alle spalle, il musicista della Georgia (conosciuto tra l’altro per la sua collaborazione con la diva del nu-soul India.Arie) non ha mai fatto mistero di considerare Bill Withers e, guarda caso, anche Terry Callier, tra le sue maggiori fonti di ispirazione. Questioni di affinità elettive che gli permettono di firmare un disco di cover nel quale non c’è la minima tentazione imitativa. Il risultato è un’emozionante rilettura del repertorio del Maestro con sensibilità contemporanea. Un lavoro che passa dal blues di I Can’t Write Left Handed – sofferto inno pacifista – al funky torrido di Use Me fino alla disco music gioiosa di Lovely Day. Nella scaletta manca all’appello Ain’t No Sunshine. Ma va bene così.

Franchi

[da Musica Jazz, novembre 2019]