GERRY MULLIGAN «Nocturne»

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AUTORE

Gerry Mulligan

TITOLO DEL DISCO

«Nocturne»

ETICHETTA

Red Records

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L’uscita di questo live del 1992, neppure così infarcito di ridondanze da concerto, è una giusta occasione per riesaminare il trascuratissimo caso del Mulligan post-anni d’oro. Certo, sappiamo bene che allo scioglimento della gloriosa Concert Jazz Band nel 1963 segue un Mulligan minore, visibilmente spaesato come leader e anche un po’ dimesso come strumentista: è il periodo della lunga malattia della sua compagna, l’attrice Judy Holliday, che muore nel 1965. Ma forse non molti si sono accorti che Mulligan, già da quando comincia a incidere con il quartetto di Dave Brubeck (1968), ha un’espressione strumentistica persino più densa che in passato e che, a partire dal suo ritorno nei panni del leader (l’album «The Age of Steam» del 1971), questo si abbina a uno stile di composizione personalissimo, in cui sembra concretizzarsi l’idea di jazz vagamente sincretico che in passato avrebbe fatto da sfondo alle sue scelte più personali di musicista, inclusa, dall’origine, quella del suo stesso strumento. Da quel momento e fino al termine della carriera, infatti, Mulligan si posiziona nella maturità sincretica del jazz da musicista «completo», strumentista inscindibile da un’idea di musica, non solo dalla composizione. Il suo sound baritonistico ha dato un colore supremo e inimitabile alle suggestioni ora pop, ora folk, ora elegiache, ora drammaturgiche che attraversano le sue nuove composizioni, così come alla tristeza del tango di Astor Piazzolla (nel memorabile Summit del 1974). 

In questo live, invece, il sound mulliganiano campeggia inevitabilmente in un contesto più prossimo al mainstream, trattandosi di un classico quartetto con piano, contrabbasso e batteria. Mainstream è che il repertorio includa Take the «A» Train e un paio di classici mulliganiani orfani della rivoluzionaria polifonia d’origine (Line for Lyons e Walkin’ Shoes), e anche che in più esecuzioni ci si dilunghi in qualche exchange di troppo. Ma se questi «incerti del mestiere» non sfiorano in alcun modo la versione raccolta e ombrosa di My Funny Valentine (nel cui mood si cala anche un Harold Danko eccezionalmente sollevato dal suo manierismo), alcune gemme di un Mulligan più contemporaneo – in tutti i sensi – sono esempi magistrali di come lo stile di composizione e il sound del sassofonista funzionino da pieno antidoto all’effetto mainstream un po’ connaturato alla circostanza. Alcune di tali gemme provengono dal cd «Lonesome Boulevard», 1989 (The Flying Scotsman, Lonesome Boulevard e Curtains, insieme a pezzi meno notevoli); un’altra, Midas Lives, rappresentativa di un Mulligan dalla melanconia distaccata, sembrerebbe invece apparire qui per la prima volta e mai registrata in studio. Un’esecuzione che in ogni caso la valorizza in tutto il suo spessore.

Da questo punto di vista è paradossalmente un peccato che il concerto sia pubblicato per intero, impegnando un doppio cd più costoso anziché uno singolo più fitto di grandi esecuzioni. Evidentemente il produttore ha voluto assecondare la tendenza della maggior parte degli appassionati, sempre molto attratta dal possesso del documento completo. 

Paolo Vitolo

DISTRIBUTORE

IRD

FORMAZIONE

Gerry Mulligan (bar.), Harold Danko (p.), Dean Johnson (cb.), Ron Vincent (batt.).

DATA REGISTRAZIONE

Bologna, aprile 1992.

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