Non lasciano spazio e tempo per il rilassamento, i cinque Irreversible Entanglements, da una parte la poetessa e attivista Moor Mother, al secolo Camae Ayewa, che declama, grida, sussurra le sue considerazioni sul mondo, dall’altra Aquiles Navarro alla tromba e conchiglie, Keir Neuringer al sax alto e soprano, Luke Stewart al contrabbasso e Tcheser Holmes alla batteria che in perfetta sintonia la incitano, la sostengono la commentano con quasi totalmente libere improvvisazioni, in una performance divisa in due lunghi tronconi, uno simile all’altro, che avrebbero potuto anche essere uniti insieme senza che ne soffrisse l’unità stilistica. Quello che hanno “interpretato”, nel senso che non ne hanno seguito pedissequamente le orme, è il loro lavoro più ambizioso e avvincente, l’album «Protect Your Life» uscito per la Impulse! nel 2023, che rappresenta un continuum evolutivo rispetto ai tre precedenti incisi per la International Anthem, incanalando la musica in un contesto meno sperimentale, meno selvaggiamente spontaneo. Ma in concerto i quattro brani del disco vengono uniti e sovrapposti, destrutturati e ricomposti, allungati o anche semplicemente ignorati, per recuperare la vitalità iconoclasta e sfacciata che ha contraddistinto sin dalle origini il gruppo.

Foto di Andrea Mazzoni
I momenti free totalmente improvvisati, basandosi su due accordi ripetuti, ritmi funk tiratissimi e groove contagiosi, unitamente alle parole spesso di fuoco e spesso reiterate ossessivamente da Moor Mother, rimangono ancora la parte preponderante della proposta che adesso, rispetto al passato, trova momenti di acquiescenza e quiete, anche con l’aiuto, inedito, dell’uso di un piano elettrico e di un synth suonati alternativamente da Navarro e Neuringer. La loro musica è in definitiva un riuscito mescolamento del free jazz storico radicale (Archie Shepp, Art Ensemble Of Chicago) con il rap, non solo stilistico-musicale, ma anche per l’atteggiamento politico contestatario e la denuncia di razzismo, della brutalità della polizia e di ingiustizie sociali, ricordando la tradizione del rap militante (Public Enemy); però Moor Mother non ne segue le metriche e le rime tipiche, ma si muove liberamente come in un flusso di coscienza con tono ieratico e con immagini visionarie e afrofuturiste.
Aldo Gianolio