PARMAFRONTIERE 2025

Barry Guy-Maya Homburger duo, Morten Halle Quintet ‘Into The Wild Hills’ e Andrea Grossi Blend3 feat. Jim Black

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“Oltre la notte nella Luce” era il tema programmatico della 30° edizione del festival Parmafrontiere curato da Roberto Bonati.

Come ogni anno, numerosi appuntamenti erano meritevoli di attenzione: dal progetto di Gianluigi Trovesi con la Filarmonica Mousiké al duo formato da Daniele Di Bonaventura e Krzysztof Kobylinski, ma anche Arve Henriksen & Harmen Fraanje. In questo resoconto ci concentriamo sui concerti ai quali abbiamo potuto assistere: il duo Barry GuyMaya Homburger, il quintetto norvegese di Morten Halle e i Blend3 di Andrea Grossi con Jim Black come ospite speciale.

Roberto Bonati
Il direttore artistico Roberto Bonati

La giornata del 12 ottobre si era aperta con una piacevole e documentata lezione del Prof. Francesco Martinelli sul tema “Opera e jazz, dall’Italia a New Orleans e ritorno”, un argomento di grande interesse storico e imprescindibile per mettere a fuoco alcuni sviluppi della Storia della musica attraverso i suoi retroscena.

Barry Guy & Maya Homburger: un dialogo fuori dal tempo

La sera, al Museo APE, il concerto dedicato alla memoria di Caterina Dallara è stato affidato a Barry Guy e Maya Homburger. I due, già ospiti del festival nel 2007, proseguono da decenni un percorso artistico condiviso, sospeso fra barocco, contemporaneo e libera improvissazione. Si trattava della terza data del loro breve tour italiano, dopo le tappe baresi e romane dei giorni antecedenti.

Maya Homburger e Barry Guy
Maya Homburger e Barry Guy

Il programma musicale, come di consuetudine, è consistito in un vero e proprio viaggio nel tempo: il concerto è cominciato con Veni Creator Spiritus, un inno gregoriano scritto nel IX secolo, per affrontare poi pagine del repertorio di H.I.F. Biber e Bach come Annunciation da “Mystery Sonata No 1” del primo e Prelude dalla suite per violoncello in re minore BWV1008 del secondo. Brani dal fascino senza tempo e in alcuni casi anche dalle storie particolari, come quella che caratterizza 15 delle 16 “Mystery Sonatas”: Biber aveva scritto le partiture volutamente per violino scordato, cercando di evocare in questo modo la sensazione di patimento legata al martirio di Cristo. In queste fasi del concerto, la viola barocca e il violino della Homburger hanno dialogato con le linee dipinte dal basso con archetto di Guy, all’insegna del lirismo e dell’intimità.

Maya Hombuger
Maya Homburger

Non sono mancati i celebri soli del contrabbassista inglese, un vero e proprio gigante della musica improvvisata europea, capace con il proprio stile di ridefinire il linguaggio dello strumento e proiettarlo verso nuovi orizzonti. Ne sono stati una riconferma brani come Peace Piece e la serie di cinque bozzetti impressionistici denominati Five Fizzles for Samuel Beckett, in cui il nostro esplora alcune tecniche non convenzionali (per esempio attraverso l’uso di pennelli e bacchette), con esiti sempre differenti fra un’esecuzione e l’altra. Il bis, dedicato a Steve Lacy, ha visto il violino sostituirsi alla voce del sax soprano, suggellando il concerto con un finale sospeso e rarefatto.

Barry Guy
Barry Guy

Morten Halle Quintet: la scrittura nordica contemporanea

Il secondo appuntamento sul nostro taccuino era quello dedicato al concerto di Morten Halle “Into The Wild Hills”, un quintetto norvegese in cui spiccava la presenza di Helge Lien al pianoforte, un musicista poco conosciuto in Italia ma dal grandissimo talento e una delle voci più autentiche del jazz scandinavo contemporaneo. Messosi in luce con «Badgers And Other Beings» uscito per Ozella (anche in vinile) nel 2014, era la terza volta che suonava nel nostro Paese, anche se non gli è ancora capitato di farlo con il suo trio, il che è un gran peccato. Anche nel progetto capitanato dall’altosassofonista di lungo corso Morten Halle, Lien ha dato il suo contributo con passaggi di grande lirismo e un fraseggio pimpante e ricco di idee.

Morten Halle Quintet Into the Wild Hills
Morten Halle Quintet Into the Wild Hills

L’esibizione dei cinque musicisti norvegesi è stata un’ottima cartina tornasole dello stato attuale del jazz nordico: in particolare sono emerse le qualità di una scrittura sofisticata e degli arrangiamenti adeguati al contesto musicale. Ottima la prova di Gunnar Halle alla tromba, capace di ottenere dal suo strumento una pletora di suoni differenti, in grado di aggiungere ulteriori note di colore ad un progetto ben concepito e lontano dalla routine. È necessaria una menzione anche per gli elementi della sezione ritmica: Christian Meaas Svendsen al contrabbasso e Andreas Wildhagen alla batteria, sempre a loro agio con le trame sonore progettate da Halle e cuori pulsanti dell’ensemble.

Helge Lien
Helge Lien
Gunnar Halle
Gunnar Halle
Morten Halle
Morten Halle e Christian Meaas Svendsen

Andrea Grossi Blend3 feat. Jim Black: una nuova tappa di un percorso in evoluzione

Il terzo concerto è stato quello del trio Blend3 di Andrea Grossi con la partecipazione speciale di Jim Black alla batteria. Ultimo appuntamento in cartellone, per il trio rappresentava  un ritorno “a casa”: proprio alla Casa della Musica, nel 2017, i Blend3 avevano fatto il loro debutto in occasione della Giornata Internazionale del Jazz. Da allora è cominciato un percorso ricco di importanti tappe discografiche e live, culminato con l’uscita di «Axes» per la WeInsist!, con la presenza dello stesso Black.

Andrea Grossi Blend3 feat. Jim Black
Andrea Grossi Blend3 feat. Jim Black

La nuova formazione aveva già suonato live in alcune occasioni (si ricorderà il concerto alla Grande Notte del Jazz di Brescia) ma quella di Parma era una delle rare occasioni (per ora) per vederli all’opera dal vivo. Grossi, alternandosi al basso elettrico e al contrabbasso (ma anche al clarinetto), ha concepito musica specifica per l’organico ampliato: una prima lunga suite in quattro movimenti e tre brani nella seconda parte (Dark Bloom, BadAxes, Pedinte / BadAxes).

Le sezioni suonate all’unisono da Bonifati e Caliumi, evocavano da subito l’estetica di Tim Berne e John Zorn, con le loro traiettorie fitte e spezzate, pronte a deflagrare da un momento all’altro. Jim Black, dal canto suo, ha offerto ciò che lo distingue da sempre: energia, versatilità e un linguaggio ritmico post–jazz/post–punk capace di rinnovarsi costantemente senza perdere la propria identità.

Andrea Grossi Blend3 feat. Jim Black
Manuel Caliumi e Jim Black

La sua presenza, fortemente caratterizzante ma non invasiva, ha ampliato il raggio d’azione del trio, aprendo nuove direzioni espressive. In alcuni momenti l’apporto della batteria ha inevitabilmente riportato la musica su territori più ordinari rispetto all’originaria formula contrabbasso–chitarra–sax, che resta ricca di potenzialità da sviluppare. Tuttavia, proprio questo incontro ha permesso al gruppo di esplorare dinamiche e spazi diversi, senza mai snaturare il proprio approccio.

Andrea Grossi
Andrea Grossi

Nel complesso, un concerto riuscito: non un punto di arrivo, ma una tappa significativa nel percorso dei Blend3, che con intelligenza e curiosità hanno saputo accogliere l’impatto creativo di Black per continuare a espandere il proprio linguaggio.

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