Jazz in Sardegna – European Jazz Expo

Quarantunesima edizione del festival sardo, che si è tenuto dal 14 al 17 ottobre al Parco della Musica di Cagliari

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Dave Holland e John Scofield Foto di Paolo Piga

Ci sono state varie chiavi di lettura all’interno dell’edizione 41 di Jazz in Sardegna (o Jazzin’ Sardegna come indicato sul programma) a Cagliari. Innanzitutto quella degli ospiti internazionali che caratterizzano ogni buona rassegna che si rispetti a cui si collega quella dedicata alla Spagna, con un gruppo di artisti arrivati a Cagliari grazie alla collaborazione di Acción Cultural Española, AC/E. Poi il focus sulla scena musicale sarda, quindi una parte legata a progetti didattici e una di collaborazione fra varie realtà nazionali sotto il marchio European Jazz Expo. Infine c’è stato lo spettacolo inaugurale con Mario Incudine protagonista fra musica e teatro, unico a essere rappresentato al Teatro Lirico a differenza degli altri concerti allestiti all’Auditorium del conservatorio (entrambi gli spazi fanno parte del Parco della musica).
Per quanto riguarda gli artisti internazionali, l’esibizione più riuscita è quella del duo Dave Holland-John Scofield, che hanno iniziato proprio a Cagliari il tour post pandemia presentando un repertorio in gran parte di originali con la straordinaria semplicità della loro tecnica e musicalità. Quasi un’ora e mezza di dialogo continuo grazie a pezzi come  Not for Nothing, Hangover, Homecoming, la splendida ballata Memories of Home e il tributo a Ray Brown Mr.B. Entusiasmo alle stelle per una combinazione sonora e di intenti assolutamente felice.

Avishai Cohen
Foto di Paolo Piga

Anche il concerto di Avishai Cohen non ha deluso le attese: il contrabbassista punta su uno dei cardini della musica del passato, quel basso ostinato (talvolta affidato al pianoforte) su cui costruire melodie e improvvisazioni. La sua tecnica con pizzicato e archetto mostra autorevolezza da leader e l’invenzione coinvolge anche i due partner del trio (Elchin Shirinov al pianoforte e Roni Kaspi alla batteria)  in un mix tra reminiscenze classiche barocche, elementi ebraici e ritmi dispari con vari brani tratti dall’album Arvoles. Il pianista Emmet Cohen, che viene da Harlem, ci ha voluto portare nell’atmosfera di un secolo fa, tra echi di barrelhouse, continui cambi di ritmo, sfide con i tasti e con la voglia di far divertire chi ascolta. Insieme al suo trio ha proposto standard più tradizionali come Lil’ Darling di Count Basie e altri sorprendenti come Nun è peccato di Peppino di Capri (con lo stesso musicista italiano è nato infatti un rapporto di amicizia). Un concerto che al divertimento ha abbinato l’eleganza nel porsi dei tre musicisti, con le dinamiche mai sopra il dovuto. Yasushi Nakamura al contrabbasso e Kyle Poole alla batteria hanno saputo infatti entrare in punta di piedi, ma con molta efficacia in ogni brano.
Per quanto riguarda gli artisti spagnoli ci piace ricordare la proposta del Concerto per orchestra di Bela Bartok (1943) da un gruppo di nove elementi diretto dal pianista Moises Sanchez. Un progetto di grande valore musicale che vede il linguaggio del compositore ungherese adattato a una prassi jazzistica. Sanchez punta molto sul lavoro di due sax e del trombone per evidenziare l’impasto armonico del brano con il risultato di un ottimo lavoro di insieme per la rilettura di un pezzo classico. Marìa Toro invece viene dalla Galizia e insieme al suo quartetto è ben focalizzata su un linguaggio che lascia ampio spazio all’invenzione strumentale. Lei è flautista (oltre che cantante all’occasione), affiancata da un trio pianoforte-contrabbasso-batteria di ottimo livello per eseguire i brani dell’ultimo album Fume. Più legato al folcore spagnolo è stato invece il flautista e sassofonista Jorge Pardo affiancato dal bassista Carles Benavent e dal batterista Tino Di Geraldo. Nel loro caso la melodia di ispirazione iberica e la derivazione flamenca si innestano su pezzi originali valorizzati da una tecnica individuale molto forte, evidenziata negli assoli oltre che nel suono d’insieme. Infine il Cuarteto Flamenco del pianista Chano Dominguez e del sassofonista Antonio Lizana, ha proposto   standard noti quali Round Midnight e Summertime in una forma tutta originale.  Lizana è anche cantante e a lui sono affidate le linee melodiche, aggiunte a quelle originali, che richiamano il canto flamenco. Un esperimento di grande interesse anche per l’eccellente arte pianistica di Dominguez e della solidità del quartetto.

Mario Incudine
Foto di Paolo Piga

Veniamo ai musicisti di casa. Tra i nomi in cartellone citiamo il pianista Paolo Carrus che si è esibito con il suo New Ensemble. Il gruppo presenta un organico desueto: un trio piano-batteria-basso (la chitarra basso acustica amplificata) con cinque sax dal contralto al baritono. La proposta di Carrus è quella di presentare con un linguaggio personale melodie e atmosfere della musica popolare sarda. In questo è molto aiutato dall’impasto sonoro dei sassofoni che spesso richiamano canti antichi, mediati da un linguaggio jazz ordinato ed efficace, come nei  brani Echi e Tangos. Gavino Murgia è sempre una garanzia di qualità con la sua arte che non comprende solo il fidato sax ma anche la  voce, il cui stile proviene dal canto a tenore. Così è molto interessante il linguaggio del suo trio, formato da Fabio Giachino al pianoforte e alla tastiera e dal batterista Patrice Heral. Così tradizione sarda, improvvisazione e sonorità acustico-elettriche conferiscono ai brani originali un’ottima struttura melodica e armonica.
Concludiamo con lo spettacolo inaugurale Mimì da sud a sud. Mario Incudine, oltre al suo trio di musicisti, ha avuto la possibilità di avere a disposizione l’intera Orchestra Sinfonica del Teatro Lirico di Cagliari diretta da Valter Sivilotti, che ha curato anche gli arrangiamenti. Attore e cantante proveniente dalla Sicilia, Incudine si è focalizzato sul recupero di un aspetto meno conosciuto di Modugno, quello del repertorio dialettale di inizio carriera. Un modo di evidenziare, con la regia di Moni Ovadia, le radici popolane e popolari di colui che avrebbe rivoluzionato la canzone italiana. La musica, con gli strumenti tradizionali e classici, sorregge il lavoro vocale di Incudine, sia il recitato sia il cantato, evidenziato da una bella voce che ha l’ulteriore merito di non scimmiottare l’originale.  Lo spettacolo si chiude con il Modugno più conosciuto con Nel blu dipinto di blu cantato a cappella (rischio enorme, ma superato grazie a un’intonazione perfetta), Vecchio frac e Dio come ti amo.