Chigiana Percussion Ensemble allo Scompiglio

Elogio della ripetizione

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Tenuta dello Scompiglio, Vorno (Lucca)

24 maggio

Penultimo appuntamento della rassegna Le grandi Accademie, i maestri e gli allievi, il concerto del Chigiana Percussion Ensemble diretto da Antonio Caggiano (curatore della rassegna) ha proposto parecchi spunti di riflessione. Significativamente intitolato La ripetizione e il ritmo, l’evento mirava a richiamare l’attenzione su composizioni di stampo, o anche semplicemente di ispirazione, minimalista. Quindi, non solo il minimalismo storicizzato e codificato di Philip Glass e Steve Reich (autori inclusi nel programma), ma anche gli influssi che quella corrente ha esercitato su varie aree della musica contemporanea intesa in senso lato.

Per rappresentare al meglio la diversità delle espressioni che ne sono scaturite, anche nel repertorio stesso degli autori prima citati, Caggiano aveva allestito una scaletta variegata, affidandone l’esecuzione ai quattro giovanissimi membri dell’ensemble, suoi allievi all’Accademia Chigiana di Siena: Giulio Ancarani, Francesco Conforti, Roberto Iemma e Matteo Lelli. Una scelta rivelatasi felicissima, in virtù della rigorosa disciplina e della straordinaria efficacia dimostrate dagli eccellenti esecutori, di età compresa tra i venti e i ventiquattro anni.

Secondo alcuni pregiudizi, il minimalismo sarebbe una musica solo ripetitiva (essendo basata sull’iterazione di patterns, cioè cellule motiviche e ritmico-melodiche), addirittura monolitica o, peggio ancora, in taluni casi commerciale. Per smentirli, basta prendere in considerazione le tre composizioni di Reich eseguite per l’occasione, risalenti a uno dei periodi più creativi del compositore americano.

Music for Pieces of Wood (1973) è concepita per cinque coppie di legnetti, o claves, spesso utilizzati nella musica afrocubana e, in generale, latino-americana. In realtà, da questa composizione emerge l’interesse di Reich per la musica africana e la sovrapposizione e la stratificazione di poliritmi. I legnetti sono intonati in La, Si, Do#, Re# e Re# un’ottava sopra. Dall’alternanza tra tempi ternari e binari (6/4, 4/4, 3/4) scaturisce un processo di montaggio fatto di intrecci, incastri e ripetizioni cicliche, che generano un’intelaiatura ritmica fitta, vibrante e dall’impatto timbricamente suggestivo.

Marimba Phase è la trasposizione per due marimbe di Piano Phase (1967), in cui Reich applicò la tecnica del phasing, registrando su nastro un motivo al piano e sovrapponendovi poi la stessa sequenza in diretta. Nell’adattamento per le marimbe, nella circostanza affidate a Caggiano e Lelli, l’esecuzione si basa su un unisono iniziale che viene gradualmente abbandonato grazie alle progressive accelerazioni effettuate da uno dei musicisti. Ne risulta uno slittamento che produce un effetto straniante, concettualmente non dissimile dalla musica per trance, che alla lontana richiama la musica balinese.

Drumming Part 1, del 1970, prevede quattro coppie di bongos intonati. Primo di quattro movimenti concepiti per strumentazioni diverse, il brano è strutturato in modo da favorire una dialettica interna di natura sia poliritmica che polifonica, grazie all’intonazione degli strumenti. Al tempo stesso, mette in risalto anche la valenza timbrica. Il contenuto è senz’altro riconducibile all’amore di Reich per la musica africana, ma indirettamente deve qualcosa anche all’esperienza giovanile dell’autore come batterista jazz.

 

Tratto da «Glassworks» (1982), Opening – per due marimbe e vibrafono – evidenzia il lato più accessibile della poetica di Philip Glass. L’esecuzione vede impegnati tutti e quattro i giovani percussionisti, due dei quali si dividono l’onere di operare su una delle due marimbe. Lo sviluppo del brano è basato sulla lenta e graduale stratificazione di delicate cellule motiviche e delle sottili variazioni a cui sono sottoposte.

Per vibrafono e marimba (Conforti e Iemma), Carousel (1993) non è un brano collocabile nel minimalismo, a cui invece si ispira indirettamente nella prima sezione e nella sua ripresa finale. Il brano è firmato dai vibrafonisti David Friedman e David Samuels, prevalentemente attivi in ambito jazzistico e in passato contitolari del quartetto Double Image, completato dal contrabbassista Harvie Swartz e dal batterista Michael Di Pasqua. La composizione è alimentata dalla feconda interazione tra vibrafono e marimba, protagonisti di vivaci figurazioni, gioiosi scambi e intrecci di incisivi spunti melodici, seguiti da spunti improvvisati su capienti armonizzazioni di gusto squisitamente jazzistico. Un carosello, appunto, caleidoscopico e ricco di colori.

Noto ai più come virtuoso violoncellista, Giovanni Sollima è anche un prolifico compositore. Millennium Bug (1999) è concepito per quattro percussionisti che si dispongono dietro a un set composto da un’unica marimba, tom e bongos, producendosi in una febbrile sequenza che richiede l’alternanza e la distribuzione di timbriche tra legni e pelli, ma soprattutto una rigorosa attenzione alle dinamiche. Un lavoro indubbiamente distante dall’estetica del minimalismo storico, comunque pregno di elementi desunti dalle tradizioni etniche, ma senza compiacimenti né ammiccamenti.

Composto nel 2003 dall’americana Julia Wolfe, Dark Full Ride coinvolge i quattro percussionisti impegnati esclusivamente con alcuni elementi metallici della batteria: lo hi hat e i piatti crash. Su questi materiali spartani gli esecutori costruiscono dei pattern variegati che si intersecano, si rincorrono e si incastrano perfettamente. Anche qui timbriche e dinamiche giocano un ruolo fondamentale. Un’operazione ingegnosa, più minimale che minimalista.

Facendo un riferimento esplicito all’opera meritevole condotta dall’associazione che ha ospitato il concerto, si può concludere che le composizioni presentate possono giustamente portare scompiglio nel mondò di un’avanguardia contemporanea a volte paludata e fin troppo ermetica.

Enzo Boddi

Foto di Angelica D’Agliano

 

 

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