Barry Guy & Maya Homburger a Genius Loci

Il suono dell'anima

159

Firenze, Cappella dei Pazzi

29 settembre

Evento di spicco della sesta edizione della rassegna Genius Loci, organizzata da Controradio in collaborazione con Opera di Santa Croce, il concerto di Barry Guy e Maya Homburger ha dimostrato come più identità possano convivere in una forma poetica compiuta e coerente.  Violinista di formazione classica, Maya Homburger è specializzata nel repertorio barocco, ma non disdegna incursioni nell’ambito classico-contemporaneo. Entrambe le dimensioni sono state frequentate con grande rigore da Barry Guy che, com’è noto, vanta un amplissimo curriculum come contrabbassista attivo nel campo della musica improvvisata di derivazione jazzistica, oltreché come compositore e animatore di molte iniziative, tra cui la London Jazz Composers Orchestra.
Queste molteplici componenti hanno trovato pienamente riscontro nella loro esibizione all’interno della Cappella dei Pazzi, divisa in tre sezioni distinte. La principale sfida consisteva nell’affrontare i non trascurabili problemi derivanti dall’acustica del capolavoro architettonico di Filippo Brunelleschi. In tutt’e tre le circostanze Guy e Homburger hanno aperto con Veni Creator Spiritus, inno sacro del IX secolo normalmente inserito nel repertorio del canto gregoriano. Lucenti linee melodiche che si intersecano ricercando l’interazione con lo spazio circostante: anche letteralmente, in virtù del movimento della violinista che si dispone dal lato opposto in un gioco dialettico di rimandi.

Quanto al repertorio classico, si può ben definire una bellissima riscoperta la Sonata Seconda per violino e basso continuo di Dario Castello, esponente del primo barocco: fonte continua di lucide invenzioni per il violino, con il contrabbasso che si occupa della funzione di basso continuo normalmente affidata al clavicembalo. Il duo ha poi attinto a piene mani alle Sonate dei Misteri (conosciute anche come Sonate del Rosario) di Heinrich Ignaz Franz Biber, compositore e violinista austriaco del XVII secolo. Nella circostanza la scelta è caduta sulle sonate n. 1, 9 e 10, esempi palesi delle tecniche – per quei tempi innovative – messe a punto dall’autore: arpeggi legati, staccati e balzellati, ma soprattutto la scordatura, cioè l’uso di differenti accordature per esaltare gli aspetti timbrici e i tratti polifonici. In questi frangenti, il canto del violino – dalle connotazioni quasi vocali – si libra letteralmente sul sostegno fornito dalle possenti arcate del contrabbasso. Non poteva poi mancare Bach, punto di riferimento irrinunciabile. Il Preludio e Allemanda dalla Sonata per violino in mi minore è contraddistinto dai bordoni e dalle puntualizzazioni del basso, e animato dalle linee sinuose e dalle arcate incalzanti del violino. Per solo violino, l’Allemanda dalla Partita in re minore BWV 1004 è alimentata da fraseggi palpitanti e struggenti. Infine, ogni singola cellula della Sarabanda dalla Suite per violoncello BWV 1011 viene distillata con parsimonia.

Sul versante contemporaneo ampio spazio è stato accordato a György Kurtág, anche in virtù delle possibilità timbriche ed espressive che il compositore ungherese offre. Hommage à J.S.B., tributo a Bach, vede Homburger provvedere a secche interiezioni e avventurarsi su registri estremi, mentre Guy si produce in bordoni, arcate ronzanti, pizzicati strappati e percussione sulle corde con un battente e una bacchetta. In origine concepito per piano, Perpetuum mobile prevede un ampio uso del glissando. Arrangiata da Guy, la Elegie per piano si basa su una serie di chiamate e risposte, con cellule ricorrenti che generano un clima sospeso.
Quanto alle composizioni di Guy, Hommage à G.K. (dedica a Kurtág) alterna le timbriche potenti e minacciose prodotte con l’arco a un pizzicato secco e perentorio. Hommage à Max Bill – per violino e basso – è disseminato da sfregamenti sulle corde e glissando che sfociano in frasi scarne ma ricche di valenze timbriche. Sempre per violino e basso, Five for Anja trae giovamento da scambi serrati, dalla dialettica tra passaggi incalzanti con arco e pizzicato frenetici, nonché dall’uso esteso dei glissando.

Il programma è stato completato da tre assoli del contrabbassista, che ha potuto sfoderare tutte le risorse timbriche. Pizzicato e glissando potenti, corde strappate e percosse con veemenza in Peace Piece e Still. Al culmine di questa ricerca sonora si colloca Five Fizzles for S. B.: timbri leggermente alterati e distorti con l’ausilio di un pedale; inserimenti di bacchette e di un’asta sotto le corde e il ponticello; corde solleticate e strusciate con un pennello; arcate roboanti, squassanti nel crescendo finale. Ovvero, la dimostrazione di come un’esplorazione su timbri e dinamiche – che certamente affonda le sue radici nelle esperienze del secondo Novecento europeo – può infondere linfa vitale alla pratica di un’improvvisazione ormai svincolata da matrici definite.

Enzo Boddi                                                               Foto di Alessandro Botticelli