Scarlino, Rocca Pisana
2 agosto
Evento di spicco della quarantacinquesima edizione del Grey Cat Festival, manifestazione inserita nel circuito del Music Pool, il concerto del quartetto di Avishai Cohen ha confermato e consolidato l’originalità della poetica del trombettista e compositore israeliano, nonché l’empatica coesione raggiunta con i membri del quartetto: i connazionali Yonathan Avishai (piano), Barak Mori (contrabbasso) e Ziv Ravitz (batteria). Gran parte del concerto è stato riservato alla riproposizione della suite in cinque movimenti Ashes to Gold, documentata dal disco eponimo pubblicato dalla ECM nel 2024.

Come lo stesso Cohen ha precisato, Ashes to Gold era stata composta sulla scorta dei tragici eventi del 7 ottobre 2023. Tuttavia, lo spirito a cui è improntata la suite ha un respiro e un intento ben più ampi: l’aspirazione a una futura, auspicabile pacificazione in Medio Oriente (da Gaza a Israele, dal Libano alla Siria); il conseguente abbattimento delle barriere di odio generate da leader politici criminali e dai loro seguiti di fanatici.
I cinque movimenti della suite sono costantemente animati da un lirismo pienamente riscontrabile nell’approccio di Cohen. Attento ad esplorare i risvolti della melodia nelle sue sfumature più sottili; lirico anche nei passaggi più spericolati, con un controllo impeccabile del suono anche nei momenti in cui ricorre all’uso del delay; denso di tinte post-impressioniste (con richiami a Debussy, Ravel e Satie) quando imbraccia il flauto.

Nel fraseggio del trombettista si colgono echi della lezione di Freddie Hubbard, per l’ampio respiro delle impennate melodiche; di Woody Shaw (ma forse anche Booker Little), per l’inclinazione a spingersi sugli acuti e avventurarsi in vertiginosi saliscendi; di Kenny Wheeler, per il lucido e formalmente perfetto pensiero melodico. Quest’ultimo suo tratto distintivo si esprime appieno nel rifacimento dell’Adagio Assai tratto dal Concerto per piano in Sol maggiore di Maurice Ravel. Oppure in The Seventh, brano composto dalla figlia sedicenne Amalia e «rubato» dal padre per farle una sorpresa dal vivo in occasione del suo compleanno.
Quel che però colpisce maggiormente è l’equilibrio interno di questa formazione, contraddistinto da un elevato grado di ascolto reciproco, da una dialettica feconda e un’attenzione meticolosa alle timbriche e alle dinamiche. Ciò favorisce il passaggio indolore e fluido dal piano o pianissimo al forte, dal crescendo al diminuendo, da cellule sonore scarne, ma poetiche, dosate con fare certosino a sferzanti impulsi ritmici. Ovviamente, questo processo è reso possibile dalla perizia e dalla sensibilità dei colleghi.

Dalla sua formazione classica Yonathan Avishai ha tratto la disciplina rigorosa che si riflette sul tocco nitido e sullo scrupoloso dosaggio delle dinamiche. Questo gli permette di passare con disinvoltura – spesso senza soluzione di continuità – da nuclei scarni e cristallini a secchi blocchi di accordi, dal modale all’atonale con frasi scandite con forte senso del blues e clusters (grappoli di note) violenti.

Barak Mori è un bassista che fa della parsimonia il proprio forte. Sa centellinare con precisione le linee, gli accenti e le singole note, oltre a produrre sottigliezze timbriche con l’arco.
Ziv Ravitz è un batterista che sa ascoltare: sostiene il flusso ritmico con leggerezza sul piatto ride; gioca con delicatezza – ma, quando necessario, anche con vigore – su rullante e tom; dispensa tocchi essenziali di colore nei passaggi più intimistici. In tal senso, ricorda da lontano la poetica del grande Paul Motian.

La magia creata dallo scrigno della medievale Rocca Pisana ha completato l’opera. I musicisti ne hanno recepito lo spirito e lo hanno saputo ritrasmettere al pubblico, accompagnandolo con le palpitanti emozioni della loro musica.
Enzo Boddi
Foto di Barbara Madrigali