Nel fitto panorama dei festival europei, Udin&Jazz si distingue da anni per una cifra curatoriale lucida e coerente. La 35ª edizione – in scena a Udine dal 12 al 20 luglio 2025 per l’organizzazione di Euritmica – non fa eccezione. Forte di un’identità solida e di una direzione artistica (Giancarlo Velliscig) che sa parlare tanto agli ascoltatori più esperti quanto alle nuove generazioni di appassionati, il festival rilancia un programma corposo che attraversa l’intera filiera del jazz contemporaneo. Il tema scelto per quest’anno è “Generations”: un concetto ampio, che qui si traduce in un dialogo vivo tra icone storiche, protagonisti dell’attualità sonora e nuovi volti dal potenziale esplosivo.
Si parte con Jazz for Freedom: musica e impegno civile
Ad aprire il festival, il 12 luglio al Parco Moretti, sarà un evento a fortissimo impatto simbolico: “Jazz for Freedom”, realizzato in collaborazione con Medici Senza Frontiere e Time for Africa. Un’iniziativa che vuole ricordarci che il jazz è nato a margine del potere, controcorrente, tra le crepe della storia. Oggi, in un mondo nuovamente ripiombato nell’incubo delle guerre, questa musica può tornare ad essere ciò che è sempre stata: una forma di resistenza culturale, di libertà espressiva, di umanità non negoziabile. Il jazz non consola: espone, interroga, tiene viva la coscienza. Il concerto d’apertura, dedicato in particolare alle popolazioni colpite dai conflitti a Gaza e in Ucraina, vedrà protagonisti Francesco Bearzatti – sassofonista tra i più radicali e visionari della scena europea – e il collettivo Wicked Dub Division, in una collisione creativa tra free jazz e dub elettronico, simbolo di un’alleanza sonora tra improvvisazione e coscienza civile.
Alle 21.30 al Giardino Loris Fortuna, in collaborazione con Cinemazero, la Zerorchestra sonorizzerà dal vivo la proiezione di The Strong Man, film diretto da un giovane Frank Capra e interpretato da Harry Langdon, “il clown triste” del grande schermo.
Il jazz e la continuità generazionale
Basta uno sguardo ai nomi in cartellone per cogliere la portata del progetto. Da una parte c’è Herbie Hancock (16 luglio Castello di Udine), figura leggendaria, autentico ponte vivente tra la storia del jazz modale e le più audaci esplorazioni elettroniche. Il suo ritorno in Italia – accompagnato da una band all’altezza del suo passato e presente: Terence Blanchard, tromba; Lionel Loueke, chitarra; James Genus, basso; Jaylen Pentinaud, batteria – promette un set dove classicità e azzardo si fondono con naturalezza.
Dall’altra parte, Jacob Collier (15 luglio), enfant prodige del jazz globale, capace di riscrivere le regole della performance musicale attraverso poliritmie complesse, stratificazione di armonie e un uso creativo della tecnologia. Il suo è un laboratorio sonoro in perenne mutazione, che guarda al jazz come a un contenitore capace di assorbire tutto: dalla classica al funk, dal gospel al glitch.
Tra spiritualità, groove e ricerca timbrica
Nel cuore del programma si collocano proposte che indagano le dimensioni più rituali, collettive e identitarie del jazz. Il giovane sassofonista Isaiah Collier (13 luglio) è uno degli esponenti più rappresentativi di questa tendenza: con il suo quartetto The Chosen Few propone live set che sono molto più di semplici concerti, sono esperienze, radicate nella spiritualità della Great Black Music e nella tradizione afroamericana più profonda.
Sul fronte europeo, l’appuntamento con Matteo Mancuso (19 luglio) è un banco di prova per chi ama la tecnica chitarristica allo stato puro. Il suo stile fingerstyle applicato all’elettrica, senza plettro, è già materia di studio per molti musicisti: frasi cristalline, articolazioni raffinatissime, controllo dinamico totale. Prima di lui, nella stessa serata, il bassista spagnolo Vincen García: fenomeno social, ma anche autore di una proposta sonora robusta e versatile, che fonde jazz, funk e urban con forte senso del groove.
Tra esperimenti, contaminazioni e forme ibride
Il cartellone non rinuncia alla sperimentazione. Il 14 luglio vedremo tornare sul palco udinese (dove nel 2016 presentarono in anteprima mondiale “Eros”) la collaudata coppia Paolo Fresu – Omar Sosa con il progetto “Food”, concept album e creazione transmediale costruita su registrazioni ambientali legate all’universo sensoriale del cibo. Il risultato è un work-in-progress che si poggia su found sounds, sintesi acustica e una libertà improvvisativa calibrata.
È una proposta multisensoriale, che fonde elettronica, suoni naturali e improvvisazione, senza mai perdere la coerenza poetica.
Un altro momento di elevato spessore artistico sarà quello con Raphael Gualazzi in versione sinfonica, sostenuto dalla Naonis Orchestra di Valter Sivilotti e dalla direzione di Stefano Nanni. Jazz, soul e lirismo classico si fondono in un’operazione arrangiativa di grande finezza, in cui il confine tra song e suite orchestrale diventa sempre più labile (18 luglio).
Spazio alla scena italiana e al jazz “di prossimità”
Udin&Jazz continua sulla strada della valorizzazione della scena locale e nazionale, offrendo spazio a progetti originali e ricercati. Si va dal nuovo lavoro del pianista Glauco Venier, Quartetto Nuovo, che in questa occasione si presenta in trio (13 luglio) all’irriverente ensemble guidato da Mauro Ottolini (14 luglio), passando per Trust the Process (18 luglio) di Filippo Ieraci in trio, che gioca tra linearità melodica e destrutturazione ritmica. Presente anche la Jazz Big Band del Conservatorio di Udine, alla sua prima uscita pubblica, a testimoniare l’attenzione verso la formazione musicale.
Interessante l’inserimento di format ibridi come (R)Evolution di Elisabetta Antonini e Alessandro Contini (17 luglio), in dialogo con la tromba ipnotica del norvegese Nils Petter Molvær: elettronica e improvvisazione per un set narrativo ispirato all’opera di figure rivoluzionarie dell’arte e della cultura del Novecento: da Fela Kuti a Sebastião Salgado, da Pina Bausch a Charles Bukowski, da Dino Buzzati a David Sylvian.
Da segnalare anche Iadora’s Journey – Racconti Elettrici – Parole e Musica tra Blues, Funk e Rock (15 luglio), uno spettacolo che unisce la forza della musica live con lo storytelling.
Un festival che sa parlare a tutti
A completare il tutto, il grande evento finale del 20 luglio con The Amy Winehouse Band – la band originale della scomparsa cantante britannica – che proporrà un omaggio emotivamente forte e stilisticamente curato, accompagnato dalla voce della giovane Bronte Shandé, a evocare, più che imitare, l’essenza artistica di una performer che ha saputo mettere in dialogo soul, jazz e confessional songwriting. L’intera serata sarà una vera festa collettiva, con dj set e momenti conviviali per salutare la chiusura del festival.
Udin&Jazz 2025 è dunque molto più di una semplice rassegna estiva. È un laboratorio aperto sul presente e sul futuro del jazz. Un luogo dove ci si confronta, dove la memoria si mescola al cambiamento e il jazz torna ad essere – com’è nella sua natura – movimento, trasformazione e linguaggio universale. Anche quando, come in “Jazz for Freedom”, la musica si fa voce di popoli senza voce.
Per il programma completo e le info su biglietti e abbonamenti: www.euritmica.it