Al Museo della musica di Bologna #novecento spegne dieci candeline!

Il Museo della musica di Bologna, tra liuti e flauti, pochette, ghironde e serpentoni, mirabili dipinti e una raccolta libraria tra le più prestigiose, ospita #novecento, apprezzata rassegna di “narrazioni musicali, incontri e concerti” giunta quest’anno alla decima edizione. Musica Jazz ha intervistato il suo ideatore, Enrico Tabellini, ed Emiliano Pintori, musicista e docente, curatore della sezione Jazz Insights che ne arricchisce, esplorando gli universi di protagonisti della musica afro-americana, l’articolato e interessante palinsesto.

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Quando e come nasce la rassegna #novecento?
Enrico Tabellini: #novecento nasce ormai 10 anni fa all’interno della nostra ricca programmazione (che spazia dalla musica antica alle musiche dal mondo fino al contemporaneo) dalla volontà del Museo della musica di creare una rassegna di narrazioni musicali, incontri e concerti in cui scrittori, storici, accademici, ma soprattutto musicisti, potessero raccontare in parole e musica i personaggi, gli stili, gli anniversari, i capolavori della loro arte durante il lungo “secolo breve”.

Come si è sviluppata negli anni?
Tabellini: Beh, l’idea di partenza è legata al fatto che, curiosamente, negli studi storiografici così come in quelli di storia delle discipline artistiche, i termini Novecento e XX secolo non sono sovrapponibili: mentre il secondo è limitato all’aspetto puramente cronologico, la parola Novecento richiama un universo semantico popolato da concetti come popular, (post)modernità e avanguardia, in opposizione all’arretratezza e alla provincialità dei movimenti ottocenteschi. Ma soprattutto contemporaneità, termine che però paradossalmente riflette più un’idea del secolo futuro che dell’epoca in corso. “Novecento” insomma è allo stesso tempo punto di arrivo di influenze storiche ma anche in(dis)solubile punto di partenza per nuovi processi, incorporando così la critica al mondo attuale e, idealmente, la spinta a superarne le limitazioni sociali, politico-ideologiche e culturali, nella letteratura come nelle arti e nella musica.

Quali sono le caratteristiche di questa decima edizione che ci accompagna per quasi due mesi?
Tabellini: Anche quest’anno, i vari cicli di cui si compone il programma punteranno ad esplorare il “Novecento” in tutte le sue declinazioni, cercando sempre chiavi di lettura particolari. È sicuramente il tema con cui abbiamo aperto in ottobre Good Vibrations, le buone vibrazioni tra musica e letteratura: quattro tra i più noti scrittori contemporanei raccontano la popular music attraverso le proprie interconnessioni e ossessioni con un artista da loro amato e in dialogo con i brani reinterpretati da musicisti della scena rock, folk, popular e punk odierna.
In parallelo ha preso il via il ciclo Ultimamusica, i concerti e le narrazioni musicali dedicati ai linguaggi, ai protagonisti, alle idee, alle curiosità e agli strumenti della “contemporanea di un altro millennio”: attraverso gli incontri e le inedite performance dal vivo, ci immergeremo in un’epoca musicale fremente, impetuosa, a tratti problematica e troppo spesso avvolta in una mitologia da sfatare, ma sempre capace di includere espressioni artistiche lontane, a volte contraddittorie, diversissime tra loro, ma in ogni caso segnanti.

Massimo Urbani

Alcuni appuntamenti si svolgono in collaborazione con prestigiose rassegne che si tengono in città…
Tabellini: Sì, novembre sarà come d’abitudine il mese della collaborazione con il Bologna Jazz Festival, all’interno del quale da diversi anni trova spazio il nostro Jazz Insights, le narrazioni musicali di Emiliano Pintori (e i suoi special guests) legate ai più importanti anniversari della musica africano-americana, dei suoi protagonisti e delle vicende che ne hanno caratterizzato la storia. Ma quest’anno, a 19 anni dalla prima edizione, si rinnova anche la collaborazione con il festival AngelicA per Voci dall’aldilà, la rassegna di cinema documentario dedicata a musicisti delle più diverse estrazioni: negli appuntamenti di Extravoci presenta due prime italiane della regista francese Jacqueline Caux, che lo storico curatore Walter Rovere incontrerà in occasione della proiezione del 10 novembre.

A chi si rivolge #novecento?
Tabellini: A tutti coloro, esperti, appassionati o semplicemente curiosi, che ricercano uno sguardo che sia davvero unico, documentatissimo ma sempre antiaccademico su quelle musiche e quei volti del Novecento in musica che ormai fanno parte a tutti gli effetti del nostro immaginario collettivo.

Sun Ra

Come anticipato da Enrico Tabellini, le sezioni di #novecento sono svariate: quadri nei quadri volti a sviscerare la complessità e la ricchezza del secolo scorso. Una in particolare interessa Musica Jazz e i suoi lettori. Com’è nata la sezione Jazz Insights di cui sei ideatore e curatore?
Emiliano Pintori: Jazz Insights nasce nel 2014 quasi per gioco, quindi per un motivo piuttosto serio. Fui contattato da Luca Bernard del Museo della Musica per occuparmi di quattro incontri dedicati al jazz all’interno della rassegna “Nell’anno di … i musicisti raccontano i musicisti” la cui peculiarità era quindi quella di invitare dei musicisti ad essere contemporaneamente relatori ed esecutori. Decisi il titolo del ciclo ma non gli argomenti (che quell’anno, come poi in futuro, toccavano ambiti diversi, da Cab Calloway a Cole Porter, da Ray Charles a A Love Supreme di John Coltrane) e sperimentai per la prima volta questa formula, facendo un lavoro molto approfondito. La serie di incontri fu poi inserita nel programma del Bologna Jazz Festival e grazie anche al lavoro del museo (che nel corso del tempo è stato in grado di costruire un pubblico attento, aperto e curioso) e alla comunicazione del Festival, la risposta fu ottima e i posti disponibili si esaurirono in pochi giorni. Da quell’edizione, ogni anno Jazz Insights è diventato un appuntamento fisso di novembre, arrivando in alcuni casi anche ad un ciclo di sei incontri per un totale, sino ad ora, di quarantacinque inclusi quelli previsti quest’anno, ognuno dei quali dedicato ad un tema diverso e presentato per la prima volta in questa sede. Elemento fondamentale è stata la disponibilità di autorevoli amici musicisti che si sono prestati sempre con entusiasmo ad essere miei ospiti per la parte musicale.

Quest’anno gli appuntamenti sono cinque, dedicati rispettivamente a Cedar Walton, Massimo Urbani, Laurens Hammond, Sun Ra e Nina Simone. In che modo hai assemblato il palinsesto?
Pintori: Come detto, prima di #novecento la rassegna complessiva si chiamava “Nell’anno di…” e il criterio vincolante per scegliere gli argomenti era quello di un importante anniversario. Ora non sarebbe più necessario, ma l’abbiamo mantenuto non tanto perché sia appassionato di anniversari (che talvolta, anzi, risultano essere un espediente per celare assenza di progettualità), ma piuttosto come elemento di costrizione che ponendo dei limiti mi porta a scegliere talvolta argomenti che non valuterei in un primo tempo. La linea che cerco di seguire sempre è quella di affrontare diversi ambiti, quindi in questi anni ho dedicato incontri ai grandi protagonisti della stagione del bebop, a Sidney Bechet, all’Art Ensemble of Chicago, a Hank Jones o Jan Johansson. Ho realizzato anche incontri tematici legati a singole registrazioni, a precisi periodi storici e inoltre presentazioni di libri dedicati alla storia del jazz (invitando in questo caso i curatori, vale a dire Francesco Martinelli per il bellissimo libro di Maxine Gordon su Dexter Gordon e Stefano Zenni per il prezioso volume sugli scritti di Louis Armstrong a cura di Thomas Brothers edito da Quodlibet). Per quanto riguarda quest’anno direi che ogni incontro ha le sue peculiarità. Cedar Walton è stato scelto per essere stato uno di quei giganti del jazz imprescindibile per un musicista o semplice appassionato ma di cui però non si è scritto a sufficienza e va meglio conosciuto da un pubblico non esperto o neofita. Inoltre Walton era molto legato a Bologna, ad Alberto Alberti e a Piero Odorici che sarà ospite (insieme a Paolo Benedettini e Adam Pache) e quindi porterà anche una testimonianza diretta della sua esperienza. Massimo Urbani è stato recentemente ben ricordato su queste pagine per i trent’anni dalla scomparsa. È la prima volta che dedicheremo un incontro ad un musicista italiano e trovo la figura di Urbani estremamente attuale, per integrità e necessità espressiva. Sono felice di avere come ospite (insieme a Filippo Cassanelli e Andrea Grillini) Carlo Atti che, anche in questo caso, ha condiviso tanti momenti con il geniale altista romano. L’incontro dedicato all’organo Hammond (in cui sarà ospite proprio lo strumento, un magnifico Hammond B3 con un Leslie 122) è invece un incontro di carattere, è il caso di dirlo, organologico e tecnico (quindi cercheremo di indagare come si è evoluta la creatura di Laurens Hammond, apriremo letteralmente l’organo e cercheremo di capire come produce questa infinita gamma di suoni) ma va inteso anche come una guida all’ascolto, presentando una storia che, se da una parte ha una nicchia di cultori molto appassionati, dall’altra è stranamente messa un po’ ai margini della storia del jazz nonostante straordinari protagonisti e capolavori prodotti nel corso del tempo. Anche se non sono indicati nel programma, mi accompagneranno nuovamente Adam Pache alla batteria e Marco Bovi alla chitarra. L’incontro su Sun Ra ci proietta invece verso il cosmo, ma soprattutto verso un’esplosione di spunti eterogenei: complessità dell’identità afroamericana, esoterismo, antico egitto, esplorazioni spaziali, avanguardia e sperimentazione, afrofuturismo, danza, noise e swing era. Poi musicalmente si tratta di un incontro musicale per me inedito, anche se ci conosciamo da anni, vale a dire quello con Fabrizio Puglisi, a cui cederò il pianoforte e che in più porterà con sé un Arp Odyssey, mentre io sarò all’organo (non Hammond). Chissà cosa salterà fuori: d’altra parte entrare nel cosmo vuol dire sfidare il vuoto. L’ultimo incontro fa parte di una serie di ritratti che ogni anno decidiamo di dedicare ad artisti afro-americani più connessi in generale con la popular music (penso in passato ad incontri dedicati a James Brown, Aretha Franklin, Otis Redding). Nina Simone oltre ad essere attualmente una delle voci maggiormente influenti anche in produzioni contemporanee, ha una vicenda estremamente narrata, e anche per questo cercherò di osservarne aspetti meno indagati. Come ospite Silvia Donati che proprio recentemente ha inserito in alcuni suoi progetti brani di Nina Simone, quindi non potevo avere un ospite migliore.

Nina Simone

Com’è strutturato abitualmente un appuntamento di Jazz Insights?
Pintori: Questo dipende anche dal tipo di argomento. Sono un consumatore di divulgazione e così come apprezzo quella ben fatta, detesto quella fatta male. Per quanto riguarda il jazz, anche oggi, se si esclude la lettura di giornali specialistici come questo, sulla stampa generalista capita ancora di leggere articoli colmi di stereotipi e luoghi comuni. Quindi l’ambizione è quella di essere comprensibile a tutti, riuscire ad essere leggeri ma senza semplificare o cadere nell’aneddotica, tantomeno in quelle operazioni narrative e retoriche che spesso capita di incontrare. Gli incontri sono pensati per essere leggibili su più livelli, non sono e non possono essere corsi universitari (quelli li faccio in conservatorio) ma ciò non toglie che si possano inserire argomenti più complessi e talvolta anche scoperte molto recenti in ambito musicologico. Il vantaggio di essere musicista, oltre alla possibilità di invitare ospiti con cui suoniamo ciò di cui parlo, mi permette di poter fare molti esempi musicali in tempo reale che accompagnano la narrazione e l’analisi storica, e molte cose sono esprimibili con esattezza solo attraverso la musica stessa. Inoltre amo lavorare molto con le immagini, cosa che, anche come retaggio dei miei studi di comunicazione di massa, mi permette di suggerire riferimenti al mondo del costume, della moda, della tecnica e in generale dei mass media. Inoltre, non avendo la pretesa di imporre alcuna visione, mi piace che alcuni elementi e frammenti sonori e visivi che offro vadano da sé, oltre la mia descrizione, dei dettagli di vita decentrati, dei “biografemi” per dirla alla Barthes, che si disperdano con leggerezza tra il pubblico che poi ne fa ciò che vuole.

C’è un appuntamento tra quelli in programma a cui tieni particolarmente e che ci vuoi anticipare?
Pintori: Rispondo diplomaticamente, ma anche sinceramente visto che la domanda è personale e direi ognuno per diversi aspetti. Walton e Urbani rappresentano la mia formazione. L’Hammond rappresenta la mia altra metà come musicista. L’incontro con Sun Ra i miei interessi culturali e il gusto per sperimentare territori differenti da quelli che frequento abitualmente. La figura di Nina Simone infine il mio interesse per questioni politiche, vicende esistenziali e la connessione esatta e netta con esse che possono esprimere le grandi voci.

E un appuntamento che rappresenta ancora un sogno nel cassetto?
Pintori
: Più che sogni, ci sono molti progetti: ogni anno scegliamo gli incontri a partire da una lista molto più ampia, quindi rimangono molte idee da sviluppare per una edizione successiva. Quest’anno era previsto un incontro dedicato a Fats Waller che per varie ragioni non è andato in porto ma che vorrei assolutamente realizzare. In ballo c’era anche un incontro dedicato ad Ahmad Jamal, altra mia passione. Poi non abbiamo ancora trattato giganti come Bix Beiderbecke, Lester Young e Wayne Shorter e artisti personalissimi come Steve Lacy. Naturalmente anche un incontro su George Gershwin e magari un intero ciclo su Duke Ellington. Quindi, insomma, se avete pazienza posso andare avanti ancora qualche decennio.

www.museibologna.it/musica

 

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