Monique Chao Jazz Orchestra, Time Chamber: Blue Note Milano, 14 settembre 2025

Il report del live dell'orchestra diretta da Monique Chao.

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È una forza gentile ma coinvolgente e inarrestabile quella con cui Monique Chao guida la propria orchestra. Direttrice, compositrice, pianista e cantante nata a Taipei, da tempo residente a Milano, in pochi anni ha attirato l’attenzione della critica internazionale. Il suo “Time Chamber”, album d’esordio da leader della sua big band, è stato riconosciuto tra le uscite più rilevanti del 2024, con 4,5 stelle assegnate da Down Beat. Nello stesso anno Musica Jazz l’ha segnalata al Top Jazz nelle categorie “Formazione dell’anno” e “Nuovo talento”, mentre la stampa asiatica l’ha definita “la voce più originale del jazz contemporaneo di Taiwan”.

Il concerto del 14 settembre scorso, debutto al Blue Note di Milano della formazione composta dai migliori talenti della scena jazz di area milanese, la gran parte dei quali under 30, davanti a un pubblico accorso numeroso fino al sold out, è stato un nuovo riconoscimento del valore del percorso artistico condotto in questi anni da Chao con originalità e poesia. Una testimonianza sul campo di come il rigore della scrittura orchestrale, quando si accompagna a un forte senso narrativo, intimo e autentico, sia capace di entrare in profonda relazione con l’ascoltatore, anche non necessariamente esperto o ascoltatore di jazz.

Foto di Roberto Cifarelli

Il progetto “Time Chamber” si è rivelato in concerto nella sua pienezza timbrica e nella capacità di alternare densità polifoniche a spazi lirici, dinamiche serrate a episodi meditativi. Chao si muove sul podio con naturalezza, senza gestualità eccessive, ma con una chiarezza d’intenti che consente ai musicisti di affrontare partiture complesse con grande compattezza ed efficacia. La sua scrittura dialoga con la tradizione delle grandi orchestre jazz — da Ellington a Maria Schneider — ma introduce soluzioni metriche e armoniche che attingono tanto al linguaggio contemporaneo quanto a suggestioni extrajazzistiche. Non si tratta di citazioni, quanto piuttosto di un lavoro di introspezione e narrazione, capace di produrre una sorprendente quantità di episodi musicali lungo il filo conduttore della melodia e ispirati da diverse tradizioni musicali, in una ricca tavolozza di contrasti timbrici e tensioni ritmiche.

La scaletta ha ripercorso quasi integralmente le composizioni dell’album: da Trophy, energica apertura sostenuta dal sax alto di Andrea Ciceri, a Hollow, rarefatta e sospesa. Olive Tree, unica composizione non firmata dalla Chao, adattamento di un canto tradizionale taiwanese, che ha offerto il momento più intimo grazie anche agli interventi di Dario Spezia alla chitarra, mentre Melting City ha proposto un tessuto orchestrale urbano e poliritmico che ricorda certe atmosfere immaginate da Carla Bley in “Tijuana Traffic”, Elegiaca la resa di Whale Fall, una descrizione musicale del lento sprofondare della balena che, una volta cadavere, si inabissa e diventa nutrimento per le creature dell’oceano, seguita dalle atmosfere gospel di Firefly Gazing, alle metriche irregolari di Hyperbolic Time Chamber a Chakra Marching, un incedere processionale costruito in modo orizzontale sulle scale della musica indiana, all’evocativa Taroko ispirata dai ai paesaggi naturali taiwanesi che ha aperto un respiro melodico ampio, prima del bis Chester Is Boss, dedicata a Chester Bennington scomparso leader dei Linkin Park e idolo musicale della Chao, che ha coinvolto l’intera sala in un canto corale diretto dalla leader.

Monique Chao
Foto di Roberto Cifarelli

Al di là dei singoli, ciò che convince è l’impianto generale, la capacità di Monique Chao di mantenere un equilibrio fra scrittura e improvvisazione in cui prevale la dimensione collettiva, strettamente orchestrale, mai a discapito dei solisti, tutti di notevole livello ma sempre a servizio del progetto. In tal senso la MJO si colloca in continuità con esperienze internazionali di big band contemporanee, ma con una voce propria, radicata in un percorso biografico e culturale originalissimo che unisce Taipei e Milano.

La lunga standing ovation finale, con il pubblico coinvolto a battere le mani sulle ultime battute di Chester Is Boss è stato l’indicatore di un debutto che difficilmente si dimenticherà. Più che l’esplosione di una “nuova promessa”, l’impressione è di trovarsi di fronte a un progetto destinato a imporsi stabilmente nel panorama internazionale delle orchestre jazz.

Rosarita Crisafi

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