Sul finire degli anni Settanta, ventiseienne, John Lurie decise cosa avrebbe fatto da grande: l’attore e il musicista. Nel primo caso cominciò in souplesse, con pellicole minorissime, mentre come compositore e sassofonista fece subito il botto con un album di astute dissimulazioni, «The Lounge Lizards». Il titolo, che replicava il nome della band, offriva già una traccia: «lucertole d’albergo» è un termine gergale a definire certi avventurieri, per lo più gigolò, che ciondolano nelle sale d’albergo vestiti con eleganza in attesa di catturare le loro prede, di solito ricche signore annoiate. Nella raffinata copertina ideata da Peter Saville i cinque membri della band si mostravano giusto così, camicia bianca e cravatta scura, ben curati, come una tranquilla formazione di mainstream jazz; e siccome il produttore designato era nientemeno che Sua Maestà Teo Macero, e in scaletta spiccavano due cover di Thelonious Monk (più il venerando Harlem Nocturne di Earle Hagen), […]
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