Andy Bey: un ricordo del grande cantante recentemente scomparso

Un artista schivo ma vigoroso, un alchimista vocale che trasformava il dolore in bellezza, un fiero combattente della marginalità inflitta dall’essere nero, omosessuale e HIV-positivo nel mondo del jazz, ancora pieno di mascolinità tossica

- Advertisement -

All’inizio degli anni Novanta del secolo scorso vi fu il grande ritorno dei cantanti. Molti di loro – i più vecchi d’età – gli stessi che durante gli anni Settanta vivevano nel quasi totale anonimato, tornarono improvvisamente in auge. Voci mature come Freddie Cole, Oscar Brown Jr., Jimmy Scott allargarono i confini del pubblico che fino ad allora le aveva seguite e Andy Bey finalmente fu apprezzato per quello che era: uno dei quattro o cinque cantanti determinanti nella storia del canto jazz. «Non appena apre bocca, ti porta in un altro mondo» disse una volta riferendosi a lui l’inglese Jamie Cullum per sottolineare che lo stile morbido e delicato di Andy Bey creava un’atmosfera quasi mistica. Uno stile che lui stesso definiva «silenzioso» per la capacità di usare la sua voce baritonale con una dolcezza intrisa di malinconia. Andy cantava con il palato molle sfruttando i suoi suoni più […]

Questo è un contenuto premium! Abbonati!

Se sei già abbonato accedi con la tua user e password!

- Advertisement -

Iscriviti alla nostra newsletter

Iscriviti subito alla nostra newsletter per ricevere le ultime notizie sul JAZZ internazionale

Autorizzo il trattamento dei miei dati personali (ai sensi dell'art. 7 del GDPR 2016/679 e della normativa nazionale vigente).