Vijay Iyer – Piacenza Jazzfest, 13 marzo 2018

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Vijay Iyer - Piacenza Jazzfest, 13 marzo 2018

Vijay Iyer, piano solo – Piacenza Jazzfest – Auditorium Conservatorio Nicolini – 13/03/2018

Nella programmazione del Piacenza Jazz Festival uno degli appuntamenti di spicco si annunciava il concerto in solitudine di Vijay Iyer, proprio nell’anno in cui una pioggia di riconoscimenti internazionali ha posto il musicista newyorkese di origine Tamil ai vertici della scena jazzistica contemporanea.

L’attesa performance è stata all’altezza delle aspettative, e il musicista non si è risparmiato, suonando per circa una ora e quaranta con inalterata intensità.

Vijay Iyer - Piacenza Jazzfest, 13 marzo 2018

Ormai depositario di un lessico personale nel quale assorbe la lezione dell’intera storia del jazz, il pianista sembra l’emblema di un approccio matematico alla materia sonora (quasi a voler confermare – anche se lo stesso Iyer si arrabbia non poco a sentirselo dire – la proverbiale attitudine indiana alle scienze esatte) nel quale non c’è spazio per le incertezze. Ogni nota è magicamente legata alla successiva in maniera imprevedibile ed emozionante per lo spettatore, per quanto a posteriori appaia naturale e indispensabile, tanto perfetta da apparire scolpita nella pietra. Nel ribollente magma sonoro si alternano situazioni diverse e importanti echi della tradizione jazzistica, ma sembrano trasportati all’interno di un grande fiume, quasi soffocati dalla inesorabile eppure controllata urgenza espressiva del pianista.

Curiosa e provocatoria la scelta di aprire con un brano di Monk, maestro in apparenza antitetico alla logica musicale di Iyer, ma con un brano che è forse il più adatto dell’intero repertorio di Thelonious: quel Work che pare voler rappresentare l’ordinato e alienante lavoro di fabbrica, eternato da Chaplin nel film Tempi Moderni. Fin dalla prima nota Iyer investe il pubblico con una musica estremamente stratificata nella quale convivono fremiti del passato, lezioni dei maestri del jazz, energia, prorompente vitalità, il tutto riunito dentro l’ammaliante magia di un tocco sublime.

Sono seguite composizioni dello stesso Iyer come Spellbound e Autoscopy, che ampliavano la gamma emotiva offrendo istanti di estasi e rarefazione, comunque integrati nel costante e inarrestabile flusso sonoro al cui interno il pubblico sembrava sempre più coinvolto, accrescendo la propria partecipazione con applausi a scena aperta.

Vijay Iyer - Piacenza Jazzfest, 13 marzo 2018

Veniva quindi il momento di brani più calligrafici come Night And Day, mentre il coltraniano Countdown sfociava in una superba esecuzione dell’ellingtoniana Black And Tan Fantasy. Qui Iyer ha dato un saggio della straordinaria capacità armonica del suo pianismo, capace di evocare con un unico strumento l’intera orchestra di Ellington in tutto il suo sontuoso fulgore. Un brano che già da solo sarebbe valso il costo del biglietto, tale la sua potenza espressiva.

Dopo un primo bis il musicista è stato richiamato a gran voce sul palco e ha donato un brevissimo ma geniale Stablemates (di Benny Golson) dal finale fulmineo, per l’ovazione conclusiva del pubblico.

Giancarlo Spezia
Fotografie di Angelo Bardini

Vijay Iyer - Piacenza Jazzfest, 13 marzo 2018
Un particolare delle mani di Vijay Iyer – Piacenza Jazzfest, 13 marzo 2018