Edizione di compleanni, questa di Umbria Jazz. Il popolare festival ha celebrato quest’estate il suo 45° anniversario (tanti sono gli anni di apprezzata militanza che separano questa edizione da quella del 1973, e già allora c’erano l’Arkestra di Sun Ra, i Weather Report, Mal Waldron e la big band di Thad Jones e Mel Lewis con un’ancora sconosciuta Dee Dee Bridgewater) con un’offerta musicale come sempre all’altezza delle aspettative. E l’inaugurazione della kermesse è stata dedicata ai festeggiamenti in onore degli 85 anni di Quincy Jones (con ospiti di lusso quali Patti Austin, i Take 6, la già citata Dee Dee, Paolo Fresu, Noa, Ivan Lins, Alfredo Rodríguez, Pedrito Martínez, Nathan East e l’Umbria Jazz Orchestra diretta da John Clayton). Poi i consueti grandi nomi: Pat Metheny, Caetano Veloso, Stefano Bollani, Melody Gardot, Gregory Porter e Gilberto Gil ma anche proposte più strettamente jazzistiche come quelle di Billy Hart (con Joshua Redman), Vijay Iyer e Roy Hargrove, e musicisti non propriamente jazz ma di alta qualità (oltre che di intraprendente ricerca sonora) come David Byrne e i Massive Attack. E moltissimi emergenti di grande talento, sui quali è quasi fin troppo facile scommettere per il futuro.
Come sempre, il jazz si è sparpagliato per tutta la città, anche fuori dalle sedi concertistiche istituzionali. L’arena Santa Giuliana ha ospitato, come d’abitudine, i concerti di maggior richiamo, con l’importante appoggio del Teatro Morlacchi e della Galleria Nazionale, ma la musica era dovunque: anche per le strade, nei ristoranti e tra i tavolini dei bar.
Molto atteso (proprio al Teatro Morlacchi) il concerto del grande batterista Billy Hart, il cui quartetto – con Ethan Iverson al pianoforte e Ben Street al contrabbasso – ospitava Joshua Redman in sostituzione del sassofonista titolare Mark Turner. La musica del gruppo, ben delineata ma molto abile nel sembrare assai spontanea e improvvisata, mostra chiaramente l’influenza dei grandi del passato e allo stesso tempo usa con divertita libertà e molta sicurezza materiale sonoro extra-jazzistico, come canzoni dei Beatles, Led Zeppelin, Police o Nirvana. Vijay Iyer, invece, che è riuscito a diventare una stella internazionale offrendo una musica senza concessioni, ha suonato in sestetto col gruppo del recente cd «Far From Over», offrendo la sua sempre elegante e avvolgente stratificazione ritmica. Molto apprezzato, ma per una musica completamente diversa, il contrabbassista Kyle Eastwood, figlio di tanto padre e anche autore di colonne sonore, qui alla sua prima volta a Umbria Jazz, e la cantante Somi, nata negli Stati Uniti ma di origini ugandesi e ruandesi, con le sue canzoni dai testi politicamente diretti e socialmente impegnati.
E i giovani? In alcuni concerti gratuiti su uno dei piccoli palchi sparsi per le strade cittadine si è messo in mostra il grande talento del sassofonista Claudio Jr. de Rosa, uno dei più brillanti tra i giovani emergenti, ma sono state notevoli le esibizioni del trio del trombonista Filippo Vignato, recente vincitore del nostro Top Jazz, con la complicità di Francesco Ponticelli al basso e Francesco Diodati alla chitarra. Da segnalare anche la buona prova del Max Gallo Quartet.
Giusto ricordare, infine, il vincitore del jazz contest organizzato dal festival, che ha visto la partecipazione di oltre cento concorrenti da 25 paesi: il sassofonista britannico Alex Hitchcock, nel cui quintetto militano il trombettista James Copu, il pianista Will Barry, il bassista Joe Downard e il batterista Jay Davis.