«THE PAINTER». INTERVISTA AD ANDERS BERGCRANTZ

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Anders Bergcrantz, trombettista e compositore svedese ha dedicato un suo progetto musicale alla musica della compositrice di musica classica contemporanea Anna-Lena Laurin. Ne parliamo con lui.

Anders, cosa ti ha affascinato della musica di Anna-Lena Laurin?

La musica di Anna-Lena secondo me è perfetta per le improvvisazioni di un trombettista. Non è musica cross-over o del tipo «il jazz incontra la musica classica». Mi sono immerso totalmente nell’intero spettro musicale di Anna-Lena e ho avuto tantissima libertà di esprimermi nella sua musica. E’ come un concerto di musica contemporanea per tromba, con la significativa differenza che i miei assolo sono improvvisati e, quindi, i concerti sono diversi di sera in sera. E penso che questo sia unico! La musica di Anna-Lena Laurin è così melodica e al contempo drammatica e adoro suonare la mia tromba con un’orchestra sinfonica alle spalle.

Rispetto al tuo precedente disco «About Time» parecchie cose sono cambiate.

I brani di «About Time» sono stati scritti per il quintetto. E molti di quei brani rappresentano la musica che amo suonare. Ora, questa band non esiste più, ma abbiamo vissuto cinque meravigliosi anni insieme. E’ stato un disco che ha riscosso molto successo e ricevuto alcuni importanti premi in Svezia, tra cui The Golden Record; in realtà, è la terza volta che ricevo questo premio. La musica che suono adesso ha un approccio più libero: sempre con molto swing, ma esplorando anche un universo differente.

Adesso stai lavorando a un nuovo album?

Sì! Sono in un periodo particolarmente creativo della mia vita. Sono a metà dell’opera del mio nuovo disco, che sarà anche su vinile. Sarà qualcosa di completamente differente rispetto ai miei precedenti lavori. Qualcosa di inaspettato e sono molto curioso di vedere come reagiranno i miei fan e gli ascoltatori. Però, sono quasi certo che la reazione sarà positiva.

Chi è il musicista che, più di altri, ti ha influenzato?

Prima di tutti mio padre Sven Bergcrantz (1931-1998). Lui è la mia principale fonte di ispirazione ed è stato per lui che ho iniziato a suonare uno strumento musicale. La lista delle altre fonti di ispirazione potrebbe essere molto lunga, quindi ne menziono solo qualcuna: Wayne Shorter, Igor Stravinsky, Maurice Ravel, Claude Debussy, Chick Corea, Woody Shaw, Lee Morgan, Freddie Hubbard, Miles Davis, Chet Baker, Fats Navarro, The Beatles, Kate Bush e molti altri.

Ti senti più vicino al jazz suonato in Europa o negli Stati Uniti d’America?

Mi sento vicino dovunque ci sia buona musica e non mi preoccupo della sua provenienza, ma sicuramente sono cresciuto soprattutto con il jazz americano.

Qual è il tuo background musicale?

Sono cresciuto in una famiglia di musicisti. Mio padre era un grande pianista jazz e anche i miei fratelli maggiori suonavano. E spesso suonavamo insieme e questi momenti sono stati importanti e hanno stimolato in modo significativo la mia creatività. Mia padre soleva dire: «Forza ragazzi, create musica inseme» e noi acciuffavamo qualsiasi strumento fosse in quel momento disponibile: registratori, bongos, basso elettrico e suonavamo free o su un groove aperto o qualsiasi altra cosa. Era così bello…

Tecnicamente a quale trombettista ti senti più vicino?

Non saprei, direi  Freddie Hubbard, Woody Shaw, Miles Davis, Lee Morgan.

Cosa ne pensi della scena jazzistica europea?

Un sacco di grandi musicisti dappertutto. Anche se non tutti hanno qualcosa da dire, ma penso che la scena europea sia viva e stia facendo qualcosa di interessante.

E di quella svedese in particolare?

In Svezia abbiamo una lunga tradizione jazzistica e, quindi, abbiamo un sacco di grandi musicisti. La scena è ottima, sebbene sia difficile essere un musicista jazz in ogni parte del mondo.

C’è un evento che ha segnato la tua esistenza?

Sicuramente i primi momenti in cui ho iniziato a creare musica con mio padre e i miei fratelli hanno segnato profondamente la mia vita. Poi, i concerti con il mio New York Quartet con Richie Beirach, Ron McClure e Adam Nussbaum sono stati per me altrettanto importanti. Ho suonato con il batterista Victor Lewis ed è stato uno dei più grandi momenti della mia carriera di musicista: telepatia e comunicazione!

Parliamo del progetto Europe Jazz Union, voluto dall’Unione Europea e che coinvolge Svezia, Polonia, Olanda, Italia e anche Giappone e Stati Uniti.

Penso che sia un grande e promettente progetto! Spero che possa continuare e crescere e andare avanti per tanto tempo.

Quali sono i tuoi impegni futuri?

Innanzitutto voglio portare a termine il mio nuovo disco. Tutti pensano che io incida raramente e, forse, è vero. Ma non mi interessa fare due dischi all’anno o giù di lì. Preferisco fare qualcosa di cui essere veramente orgoglioso e dare qualcosa di significativo agli ascoltatori. Inoltre, non vedo l’ora di incontrare e suonare per un pubblico nuovo in giro per il mondo: questo significa molto per me.

Alceste Ayroldi