Tesi-Vaillant-Trovesi a Fabbrica Europa

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Patrick Vaillant, Gianluigi Trovesi e Riccardo Tesi, foto di Eleonora Birardi

Firenze, Sala Vanni, 8 maggio

Nel 1994 Riccardo Tesi e Patrick Vaillant, forti di una già consolidata collaborazione sviluppata sul fronte del recupero delle tradizioni popolari, sancirono con «Colline» (Silex) il loro incontro con Gianluigi Trovesi, jazzista di vaglia da tempo impegnato nello sviluppo di un linguaggio che tenesse conto tanto delle radici del nostro patrimonio, quanto della sintassi e dell’improvvisazione di matrice jazzistica. A 25 anni di distanza tale sodalizio è stato riproposto nell’ambito della XXVI edizione di Fabbrica Europa, senza per questo ripercorrere pedissequamente tutte le tappe di quella fortunata incisione, alla quale avevano peraltro partecipato il contrabbassista Jean-Jacques Avenel e il batterista Joël Allouche aggiungendo un drive jazzistico ad alcuni brani. Va da sé che il concerto della Sala Vanni – lungi dall’assumere il sapore di una riunione celebrativa – aveva lo scopo precipuo di riannodare le fila del discorso con uno spiccato orientamento verso il riesame di fonti popolari, ma senza contaminazioni artificiali.

Riccardo Tesi, foto di Eleonora Birardi

A suo tempo riscopritore e valorizzatore di uno strumento quasi dimenticato come l’organetto diatonico, partito dal retroterra dell’Appennino pistoiese e dalla collaborazione con Caterina Bueno per poi approdare a una notevole notorietà internazionale con Banditaliana, Tesi sa spaziare con grande curiosità attraverso una vasta gamma di riferimenti: dalla polka e la mazurka penetrate nel nostro patrimonio all’area balcanica; dalla sestrina, musica eseguita dai pifferai delle Quattro Province (Alessandria, Genova, Pavia e Piacenza) fino al Madagascar con Tevakh, sua composizione scaturita dall’incontro con il malgascio Justin Vali.

 

Patrick Vaillant, foto di Eleonora Birardi

Il francese Vaillant, provenzale di nascita e di lingua e cultura occitanica, è un fine specialista di mandolino (nella circostanza imbracciava un modello elettrico). Nelle sue composizioni Vaillant trasmette i valori melodici – quasi fossero autentiche inflessioni linguistiche – insiti nel suo bagaglio culturale, esibendo anche spiccate doti di improvvisatore che gli consentono di rompere gli schemi inevitabilmente ricorrenti e ripetitivi di certe strutture.

Gianluigi Trovesi, foto di Eleonora Birardi

 

Alle prese con i proverbiali clarinetti (contralto e in Mi bemolle), Trovesi integra il lavoro di squadra con bordoni, contrappunti, ornamentazioni e occasionali tensioni, arricchendo la gamma timbrica e dinamica, nonché inserendo nella scaletta del concerto temi a lui cari: Dance From The East n. 2, dalla connotazione dispari tipicamente balcanica, e una villanella ispirata alle omonime canzoni popolari di epoca tardo-rinascimentale. In tal senso, Trovesi si riallaccia a quella ricerca su certi elementi del nostro patrimonio popolare, filtrati attraverso un’ottica jazzistica, che ha sempre caratterizzato buona parte della sua poetica a partire da pietre miliari quali «Baghèt» (1978) e «Cinque piccole storie» (1980), entrambi pubblicati da Dischi della Quercia, o «Dances» (1985), per la Red Records.

In un’epoca in cui la crescente globalizzazione sta imponendo schemi standardizzati e producendo modelli di world music sempre più imbastarditi e artificiali, il lavoro intellettualmente onesto di questi musicisti porta un efficace contributo alla riscoperta di valori culturali autentici e alle loro possibili connessioni, pur nel rispetto delle loro legittime differenze.

Enzo Boddi