«Symphonic Bop»: il nuovo album del trio svizzero Vein. Parla Michael Arbenz.

Nuovo progetto con musiche originali del trio svizzero, affiancato dalla Norrbotten Big Band, in uscita l'8 marzo.

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Un nuovo progetto di particolare valore. Come è nata l’idea di suonare con una big band?
Negli anni scorsi ci siamo principalmente concentrati nel suonare in trio e, in alcuni casi, con alcuni ospiti di prestigio come Dave Liebman, Greg Osby e Glenn Ferris. L’approccio alla collaborazione con la big band è venuto fuori proprio dall’idea di suonare con dei solisti. In pratica, all’interno della big band il trio sarebbe la voce solista. Inoltre, penso che la musica dei Vein sia molto orchestrale nella sua concezione, così è stato un processo naturale arrangiare per un ensemble più ampio.

Il repertorio è tutto a firma dei Vein?
Sì, tutte le composizioni presenti nel disco sono dei componenti dei Vein, in particolare da me firmate e arrangiate appositamente per questo progetto.

Quindi, tutte le composizioni sono state create specificatamente per big band o ve ne sono alcune adattate con arrangiamenti dedicati?
Entrambe le cose. Penso che la cosa più importante sia che il centro della musica è da identificarsi nel trio. Inoltre, l’idea centrale degli arrangiamenti ruota intorno allo spirito dell’interplay dei Vein. Così, l’identità musicale rimane chiaramente quella del trio.

C’è quale riferimento storico nell’ambito jazzistico al quale questo album attinge?
L’approccio musicale è (come è la filosofia dei Vein) piuttosto classico-sinfonico, più che appartenente alla tradizione jazzistica. Naturalmente è impossibile prescindere dalle influenze di Duke Ellington o Thad Jones quando si scrive per big band, ma gli arrangiamenti sono principalmente inspirati dalle coloriture del suono orchestrale di compositori quali Debussy, Stravinsky o Mahler.

La prima assoluta di «Symphonic Bop» si è tenuta nel gennaio di quest’anno al Piccolo teatro di Milano. Come è andata?
E’ stato meraviglioso suonare al Piccolo di Milano! La band era eccellente e, soprattutto, vi erano grandi solisti, compreso il nostro trio! Siamo molto soddisfatti da questa collaborazione.

Da Ravel al bop per big band, passando attraverso la concezione europea del jazz. Non rischiate di confondere il vostro pubblico?
Sin dall’inizio l’idea principale dei Vein è stata quella della versatilità. Ci sono, in fatto, due idee principali che perseguono i Vein: una è che i tre strumenti del trio hanno eguale importanza; la seconda è che i Vein intendono fare riferimento sia alla tradizione classica europea che a quella jazz statunitense. Ciò premesso, tutti questi progetti recenti hanno senso. E, forse, un po’ di confusione può essere il giusto sale per il nostro pubblico, e non solo.

Dopo le vostre collaborazioni con Dave Liebman e Greg Osby (Glenn Ferris, a parte), avete collaborato anche con Andy Sheppard. Sembrerebbe che il sassofono sia il vostro «quarto elemento». Per caso state pensando di diventare un quartetto?
No, il trio è sempre il punto focale del nostro pensiero musicale. Ma queste collaborazioni ci stanno ispirando e ampliano anche il nostro modo di intendere la musica.

Come va tra il jazz e la Svizzera? Quali sono i jazzisti svizzeri che ritenete particolarmente significanti?
C’è una generazione più anziana come Daniel Humair, Franco Ambrosetti, George Gruntz che, senza ombra di dubbio, una spiccata influenza su tutto ciò che avviene nella scenza Svizzera oggi. Penso che la nostra generazione (e i più giovani ancor di più) è più portata a pensare in modo europeo al jazz. La Svizzera è così piccola e viaggiare è semplice. Così si ha la possibilità di aprire scambi e collaborazioni tra i musicisti svizzeri e quelli del resto d’Europa.

Photo VEIN feat. NBB

Quali sono i vostri prossimi impegni?
Questa primavera saremo in tour, fino all’estate, in diversi paesi europei, in trio con Andy Sheppard. In maggio, invece, saremo in tour con la Norrbotten Big Band per promuovere il nuovo disco. Il cambiamento è sicuramente una nostra costante.

State lavorando ad altri progetti?
Sì, abbiamo già nuove idee per future collaborazioni, ma non si sono ancora concretizzate. L’obiettivo primario è quello di sviluppare il linguaggio musicale del trio.
Alceste Ayroldi