Saalfelden Jazz Festival 2023, jazz ad alta densità partecipativa

Si è tenuto dal 17 al 20 agosto il festival austriaco. Ecco il nostro resoconto.

508
Dave_Douglas_New_Quintet_lores © jazzsaalfelden.com/ Matthias Heschl

In origine era un prato, per la precisione quello della fattoria del signor Karl Niemeyer (conosciuta ai più come il “ranch”), occupato da tende, furgoni VW e mille teli colorati. Siamo nel maggio del 1978 e stiamo parlando di Drei Tage Jazz (Tre giorni di jazz), nome di battesimo del Saalfelden Jazz Festival, che da allora ha ospitato artisti del calibro di Chet Baker, Cecil Taylor, Gil Evans, Sun Ra, Lester Bowie e Michel Petrucciani tra gli altri, conoscendo rare battute d’arresto, tanto che nel 2019 è entrato negli “anta” in splendida forma.
Oggi il Saalfelden Jazz Festival si svolge ogni anno nel mese di agosto, gode del sostegno dell’Ente turistico comunale ed inossidabile resta la sua vocazione alla scoperta delle “voci” più audaci e contemporanee del jazz. L’edizione 2023 si è svolta nell’arco di quattro densissime giornate, in cui l’intero centro cittadino si è trasformato in un evento diffuso e fortemente partecipato. Oltre al Centro Congressi, luogo deputato al palco principale del festival, i concerti si sono svolti in diversi luoghi come la Kunsthaus Nexus, il piccolo parco cittadino, la Otto Gruber Halle, fino a spingersi in alta quota in rifugi montani, itinerando lungo percorsi in mezzo a boschi, a bordo lago, o con flash mob estemporanei all’interno di mezzi pubblici, in gallerie di supermercati, per un totale di 60 concerti e 176 artisti coinvolti, senza mai perdere di vista l’humus locale, ovvero quanto di nuovo ha da proporre la scena musicale austriaca. Da quello che abbiamo potuto toccare con mano, la kermesse si conferma anche punto imprescindibile d’incontro per gli artisti stessi, che qui trovano terreno fertile a interazioni musicali e umane.

Ullén_Bergman_Lund_SPACE
© jazzsaalfelden.com/ Matthias Heschl

Ma veniamo agli ascolti. Abbiamo particolarmente apprezzato la presentazione di Space, progetto del trio svedese formato da Lisa Ullén al piano, Elsa Bergman al contrabbasso e Anna Lund alla batteria. Una formazione tutta al femminile, di inter pares, che ha portato in scena un jazz libero, contemporaneo, dal ritmo sostenuto se non propulsivo, sghembo ma non spigoloso e assolutamente trascinante, come trascinante è stato l’approccio delle tre ai rispettivi strumenti che vengono tutti percossi, pizzicati, mentre la batteria si colora delle sfumature di altre mille piccole percussioni. La musica di Space non conduce l’immaginazione a paesaggi nordici, come forse ci si sarebbe potuti aspettare, ci siamo piuttosto sentiti piacevolmente catapultare in un piccolo, affollato, jazz club chicagoano…
Ullén e Bergman fanno parte altresì di Attack, pirotecnico sestetto svedese guidato dalla portentosa alto sassofonista Anna Högberg e completato da Elin Forkelid al sax tenore, Niclas Barnö alla tromba e Dennis Egberth alla batteria, che si è riunito a Saalfelden, con esito più che positivo, per presentare il progetto “Lena”.

Dōjō_and_Eivind_Aarset
© jazzsaalfelden.com/ Matthias Heschl

È giunto poi il momento di Dōjō, duo giapponese formato da Michiyo Yagi ai koto di 17 e 21 corde, elettronica e voce e Tamaya Honda alla batteria. Dōjō in Giappone è anche il luogo in cui si svolgono le arti marziali. Ecco allora che in questo spazio, già di per sé così particolare, fa il suo ingresso, in punta di piedi, il chitarrista svedese Eivind Aarset.
Tra la voce di Yagi e la chitarra di Aarset si è innescato fin da subito un etereo call and response che ha aperto la mente a squarci sconfinati, ad autentici paesaggi dell’anima in cui convivono tradizione e contemporaneità, lungo un ponte che unisce Svezia e Giappone.
Ma l’eco di un Giappone antico si alterna a brani puntuti che giocano su cellule melodiche all’apparenza astratte. Le peculiarità degli strumenti, dell’elettronica messa in campo ed il modo in cui vengono utilizzati, dichiarano un’unione d’intenti che si materializza in un crescendo coinvolgente e cavernoso al contempo, il quale assume le sembianze di un rock progressivo e psichedelico. È un incontro terminato alla pari, in cui tutti si sono posti al servizio della collettività, motivati da un obiettivo comune: la bellezza di condividere musica. Altre splendide, quanto ardite, occasioni d’ascolto di questi artisti si sono presentate nei giorni successivi quando Dōjō si è esibito insieme al bassista Ingebrigt Håker Flaten e Michiyo Yagi ha duettato con il batterista Hamid Drake.

Zoh_Amba_Bhakti
© jazzsaalfelden.com/ Matthias Heschl

Cosa dire poi di Zoh Amba se non che si tratta di una forza della natura? In Bhakti, progetto presentato dalla giovane sassofonista e flautista a Saalfelden, il suo sax urla, ruggisce, si contorce e stride volteggiando vorticoso su di una base saldamente sostenuta, quanto sollecitata, da Micah Thomas al pianoforte e Chris Corsano alla batteria. Nel titolo stesso del disco, edito lo scorso anno da Mahakala Music, è forse racchiusa la filosofia abbracciata dall’ardimentosa ventitreenne: Bhakti, nelle religioni indiane, indica infatti la devozione intrisa di amore incondizionato e totalizzante verso una divinità personale, o un maestro spirituale (Albert Ayler? O la musica in generale?), e la radice di questo termine sanscrito porta con sé svariati significati quali praticare, amare, donare, coltivare. Non stupisce quindi la trasposizione di tale approccio alla sua musica (e forse alla vita), inscindibile da una matrice spirituale. Ma Amba sorprende ancor di più quando intavola melodie delicate che il suo suono sa rendere struggenti, come ha dimostrato anche in front line con Anna Högberg  nel quartetto guidato dal contrabbassista Lukas Kranzelbinder, completato dal batterista Billy Martin (dei Medeski Martin & Wood), che ha portato in scena una meravigliosa giungla di suoni.

Lux_Quartet
© jazzsaalfelden.com/ Matthias Heschl

Infine, non in ordine di importanza, segnaliamo la vibrante eleganza del Lux Quartet, nato dall’incontro tra la pianista Myra Melford e la batterista Allison Miller, a cui si sono aggiunti altri due pezzi da novanta come Dayna Stephens al sassofono e Scott Colley al contrabbasso, il cui repertorio ha visto l’avvicendarsi di brani dei diversi componenti; e ancora, il nuovo quintetto guidato dal trombettista Dave Douglas, in cui ha fatto breccia il tocco delicato e stravagante di Marta Warelis al piano.
Ah, che brave queste donne spericolate! E bravó Saalfelden Jazz Festival!
Eleonora Sole Travagli