Rava On The Dance Floor (ECM) in edicola a € 9,90 in esclusiva per Musica Jazz

670
Rava on the dance floor

Rava On The Dance Floor

Enrico Rava & Parco della Musica Jazz Lab

Enrico Rava: trumpet; Mauro Ottolini: trombone, tuba and arrangements; Andrea Tofanelli: trumpet; Claudio Corvini: trumpet; Daniele Tittarelli: sax alto; Dan Kinzelman: sax tenor; Franz Bazzani: keyboards; Marcello Giannini: guitar; Giovanni Guidi: piano; Dario Deidda: bass; Zeno De Rossi: drums; Ernesto Lopez Maturell: percussion

Registrazione live del 20 maggio e 30 novembre 2011

Auditorium Parco della Musica, Roma

ECM New Series, 2012

Che Enrico Rava, ieri come oggi uno dei più noti jazzisti in circolazione, nel 2012 si fosse ficcato in testa – a un’età in cui, di solito, si preferisce raccogliere i frutti di una lunga e onorata carriera e non certo rimettersi in discussione – di esplorare il repertorio della pop star più famosa di tutti i tempi (The King Of Pop per l’appunto, ovvero Michael Jackson), doveva essere suonato ben strano a certuni. Le prime reazioni che si udirono nell’ambiente jazzistico al solo annuncio dell’uscita di «On The Dance Floor» (ECM), furono di malcelata ironia condita da qualche sorrisetto di troppo, come per dire: «Ma cosa c’entra Michael Jackson col jazz?».

Già, cosa c’entra? Provate a dirlo alla miriade di jazzisti che, da oltre un quarto di secolo, ne stanno proponendo il songbook. Ecco un breve elenco, destinato a riservare qualche sorpresa, di chi si è «sporcato» le mani con la musica di Jackson: Miles Davis, Jimmy Smith, Chico Freeman, Lionel Hampton, Stanley Jordan, Kenny Burrell, Maynard Ferguson, Charles Earland, Tony Reedus, Joe Locke, la Rebirth Brass Band, Kevin Mahogany, Monty Alexander, Shirley Scott, Ray Bryant… e ci fermiamo qui. Anzi, no; impossibile non ricordare colui che, più di tutti, si era gettato a capofitto nei brani di Jackson e, in un certo senso, fu il nume ispiratore dell’operazione di Rava: Lester Bowie.

«In effetti», racconta al telefono un pimpante e soddisfatto Enrico, «la versione di Thriller incisa dalla Brass Fantasy nel 1987 su “Twilight Dreams” la conosco alla perfezione, tanto da averle voluto rendere omaggio nel mio disco con un arrangiamento di Mauro Ottolini che a essa si ispirava dichiaratamente. Come raccontavo nelle note di copertina, la mia passione per Jackson è una cosa assai recente, di sette-otto anni fa. Dalla sua musica e, soprattutto, dal personaggio mi ero sempre tenuto lontano. Non so perché, ma mi sembrava molto distante dai miei gusti. Purtroppo fu stata la notizia della sua morte a spingermi ad ascoltare qualcosa di suo – avrei dovuto farlo prima, certo – e soltanto allora mi resi conto di che razza d’artista avessi trascurato. Il detonatore fu quel micidiale riff di Smooth Criminal, l’hai presente, no?… E da lì andai avanti come un treno, ascoltando e vedendo praticamente tutta la sua opera, dai dischi ai concerti su dvd. Così giunsi a una conclusione definitiva: Jackson era un genio, e dovevo a tutti i costi suonare la sua musica».

Uno dei tratti distintivi e sorprendenti dell’album, in realtà, è l’insistenza sul repertorio dell’ultimo Jackson, non su quello ben più famoso – e forse più gestibile da un punto di vista jazzistico – dei celeberrimi dischi arrangiati e prodotti da Quincy Jones come «Off The Wall», «Thriller» e «Bad».

Rava on the dance floor
Roma, Auditorium Parco della Musica, 20 05 2011, Enrico Rava – tromba, Mauro Ottolini – trombone e arrangiamenti, Andrea Tofanelli – tromba, Claudio Corvini – tromba, Daniele Tittarelli – sax alto, Dan Kinzelman – sax tenore, Franz Bazzani – tastiere, Giovanni Guidi – pianoforte, Dario Deidda – basso elettrico, Zeno De Rossi – batteria, Ernesto Lopez Maturel – percussioni, Marcello Giannini – chitarra. Foto ©Musacchio & Ianniello

Chi scrive considera questi tre album il vertice della carriera di Jackson, ma Rava non è d’accordo.
«Non mi sono mai piaciuti più di tanto. Troppo perfetti. Trovai invece subito affascinante l’ultimo Jackson, nel quale si avverte benissimo una profonda vulnerabilità unita a un assoluto controllo della situazione: proprio gli elementi che maggiormente amo in un artista. In un certo senso, avvicinerei gli ultimi dischi di Jackson al famoso “White Album” dei Beatles che, pur con tutti i suoi difetti, per me offre l’immagine più nitida di ciò che era il gruppo. E decisi, assieme a Ottolini, di mischiare le carte a modo mio, infilando – come in History – richiami abbastanza evidenti ad altre esperienze che mi hanno sempre colpito: per esempio, le influenze bandistiche della musica di John Philip Sousa e di Carla Bley».

Ed è importante segnalare la notevole prestazione del Parco della musica Jazz Lab. Che cosa ne pensa, Rava, a distanza di cinque anni?
«Altro che. E fui davvero felice di poter aggiungere al nucleo di base alcuni elementi che ritenevo imprescindibili per realizzare questo progetto, come lo strepitoso Andrea Tofanelli e l’altrettanto bravo Claudio Corvini: due trombettisti fantastici, e mi spiace solo che uno dei pezzi rimasti fuori per motivi di spazio contenesse un magnifico assolo di Claudio. Ma vorrei anche segnalare il gran lavoro di Dario Deidda al basso elettrico – il migliore in assoluto, per questo genere di cose – e, soprattutto, la prestazione batteristica di Zeno De Rossi in un tipo di musica che non avrei mai pensato potesse adattarsi al suo stile. Invece Zeno mi ha sorpreso, e ne sono rimasto entusiasta».

Dal retro di copertina

Enrico Rava, musicista di fama internazionale, registra per ECM fin dagli anni ’70. Il suo primo album per la casa discografica bavarese fu “The Pilgrims And the Stars” del 1975 (con John Abercrombie, Palle Danielsson e Jon Christensen), a cui sono seguiti nel corso degli anni numerose altre incisioni come leader o co-leader. È dell’autunno dello scorso anno l’ultima uscita per ECM, “Tribe”, album osannato sia dalla critica, sia dal pubblico, che hanno potuto apprezzare una formazione completamente italiana, con Gianluca Petrella, Giovanni Guidi, Fabrizio Sferra, Gabriele Evangelista e Giacomo Ancillotto. Rava è un musicista mai pago dei tanti traguardi raggiunti nell’arco della sua lunga carriera: ogni volta riesce a rinnovarsi e a trovare nei partner musicali che sceglie i migliori compagni di viaggio.

Negli album pubblicati a suo nome per ECM, Rava ha sempre proposto sostanzialmente un repertorio di composizioni originali, ma con “Rava On The Dance Floor” si cimenta con l’universo musicale di una autentica icona della pop music, Michael Jackson. Il trombettista racconta che tutto è avvenuto in modo casuale” una sera di inizio estate, dolce e tiepida come solo Roma sa regalare. Era il 25 giugno 2009, nella Cavea dell’Auditorium”. Proprio quella sera, dopo un suo concerto, Rava apprende la notizia della morte di Michael Jackson, artista di cui fino a quel momento non aveva approfondito la conoscenza. Nei giorni seguenti, solleticato dal battage mediatico, si incuriosisce e si sente attratto da questo personaggio multiforme. Dirà: “Forse a darmi il colpo di grazia è stato il riff contagioso di Smooth Criminal; sta di fatto che da un certo momento in poi Michael Jackson ha invaso la mia vita. Lunghi viaggi in macchina che avrebbero potuto essere d’una noia mortale si sono trasformati in entusiasmanti sedute d’ascolto. Insieme a mia moglie Lidia ci siamo procurati tutti i suoi dischi e tutti i video che siamo riusciti a trovare. Mi sono reso conto di aver ignorato per anni uno dei grandi protagonisti della musica e della danza del ‘900. La visione del film «This is it», che documenta le prove di quello straordinario spettacolo che la sua morte ha impedito di realizzare, mi ha colpito profondamente. Vedere questo Peter Pan cinquantenne, così fragile e vulnerabile, trasformarsi in palcoscenico in un dominatore benevolo ma assoluto, in controllo del più piccolo particolare, da una luce troppo debole a una nota di basso non abbastanza enfatizzata, dal passo imperfetto di un ballerino a una pausa musicale troppo breve. Un artista completo, assoluto, perfezionista. Un genio”.

Rava racconta come alcuni dei dischi più recenti di Jackson, da History a Invincible, anche se forse meno noti dei precedenti, sono probabilmente tra i più interessanti. Per Rava il call and response di Stranger In Moscow è meraviglioso; e si emoziona con la melodia di Speachless. Little Susie è poi un capolavoro. Ma anche Smile, sulla musica di Charlie Chaplin, fa parte delle sue preferite. Rava si rende dunque conto che questo personaggio lo ha “stregato” e che il miglior modo per “esorcizzarlo” sia stato proprio quello di realizzare un disco.

Il trombettista dice: “A questo punto ho sentito la necessità di immergermi nella sua musica mettendoci qualcosa di mio. Ho trovato in Mauro Ottolini il complice ideale per lavorare sugli arrangiamenti. La Band non poteva che essere il PMJL.  Il luogo: l’Auditorium Parco della Musica di Roma, dove tutto è nato”.

Il PMJL Parco della Musica Jazz Lab è un ensemble prodotto dalla Fondazione Musica per Roma: ha riscosso da subito notevole successo e tra i molteplici progetti ai quali ha partecipato – sempre capitanati da Enrico Rava – c’è proprio l’album dedicato a Michael Jackson. Per l’occasione l’organico dei musicisti è aumentato.