PIACENZA JAZZ FEST: RICHARD GALLIANO TANGARIA

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2 marzo 2014, Piacenza, Spazio Rotative: 

RICHARD GALLIANO TANGARIA QUARTET

L’incipit del Piacenza Jazz Fest è per propria natura dotato di un’energia immensa, come un atteggiamento che lascia intuire molto di chi crea, già da undici anni, questa manifestazione: in tal senso il concerto del quartetto di Richard Galliano, tra l’esecuzione coinvolgente e la poetica musicale, è riuscito per l’ennesima volta a creare la base per l’entusiasmo che da sempre riesce a cogliere gli astanti.

Fuori dalle Rotative – un luogo suggestivo e dall’acustica perfetta – sembrava solo un pomeriggio piovoso di pianura, mentre all’interno il pubblico oscillava tra l’atmosfera dei barrios argentini, creata da un ritmo di milonga (per una volta autentico, trattato filologicamente e con passione) e l’allegra mélancolie di certi quartieri francesi, complice anche il basco nero, iconografico e divertente, dell’ottimo bassista nizzardo Jean-Marc Jafet. Platea al completo, presenza fortemente eterogenea tra addetti ai lavori e famiglie eleganti, ma tutti magnetizzati, ciascuno a suo modo, dall’intensità di molti dei brani. E, soprattutto, l’incredibile sensazione di ascoltare un nuovo progetto costituito però da brani già ben conosciuti.

Perché qui sta la forza del fisarmonicista francese. Sulla brochure del festival è scritto «Richard Galliano in Tangaria» e uno pensa a una costruzione, in chiave nuova, di tutti gli stilemi che gli appartengono; ci si chiede, magari, quale ulteriore rielaborazione possa scaturire dalla sua mente sulle partiture di Astor Piazzolla – considerata la presenza di un violinista luminoso e versatile come François Arnaud a garantire lo jouer, nella sua duale accezione – o addirittura si ipotizza che la vena tanguera possa toccare anche altre pagine, come per esempio qualcosa di Osvaldo Pugliese o Héctor Varela.

Niente di tutto questo: dalla magnifica Spleen a Barbara, da Laurita a Chat Pître – dal ritmo particolarmente scandito – fino a Tango pour Claude, che Galliano nell’introduzione fa a tal punto assomigliare a Libertango da far scattare l’applauso (e poi ne sorriderà sornione), tutto potrebbe restare nella più lineare delle esibizioni, se non fosse per alcuni magnifici espedienti: una sezione ritmica mai banale, tesa a trovare soluzioni alternative al prevedibile ¾ e formata dal già citato Jafet al basso elettrico e da Jean-Christophe Galliano, il quale sembra dividersi per tutto il concerto tra il desiderio di volare alto, con spazzole, mazze, bacchette e sonorità sempre pertinenti e l’approvazione del padre, che ogni tanto gli suggerisce intensità e colori da riservare a un determinato momento del brano e poi gli sorride. Oppure l’inaspettata e breve concessione a Piazzolla, evocato nel Libertango eseguito da Galliano in solo, e dunque nessuna Oblivion o Escualo negli acclamati bis ma, al contrario, una bella rielaborazione di Autumn Leaves (che naturalmente, nei complimenti del dopo concerto, è ritornata a essere Les Feuilles Mortes, non si sa mai…).

Al termine, un pubblico abbacinato ha richiamato sul palco i musicisti con una standing ovation, a decretarne il pieno e meritato successo.

L Cattadori