Paolo Angeli dal vivo

Il concerto del chitarrista e compositore sardo al teatro Garbatella di Roma.

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Foto di Nanni Angeli

È al Teatro Garbatella di Roma, all’interno della rassegna curata da Diffuse Sound, che Paolo Angeli ha inaugurato, il 30 novembre scorso, il tour italiano di «Rade», per la ReR Megacorp e con il quale il musicista sardo prosegue la propria instancabile ricerca a cavallo tra post-rock e musica tradizionale sarda. Un percorso che lo ha reso in una manciata di anni uno dei più interessanti musicisti italiani della sua generazione e gli è valsa due candidature ai Grammy Awards 2022, quelle per «Album of the Year» e «Best Alternative Music Album».
Il concerto – che è un’unica, lunga suite senza pause, dove gran parte del live è improvvisato – si apre con una breve introduzione di Angeli sull’iter che lo ha condotto a questo disco. Tra digressioni personali e considerazioni sul proprio approccio alla musica e alla composizione, è subito chiaro che ciò cui stiamo per assistere non sarà un solo, ma un duetto: quello tra il musicista e la sua incredibile chitarra «preparata» a 18 corde, autentica orchestra capace, tra le sapienti mani di Angeli, di evocare universi ricchi di rimandi e continue suggestioni. Suggestioni alla base delle quali c’è sempre la Sardegna con i suoi paesaggi, i suoi suoni e la presenza costante degli elementi naturali – primo fra tutti, il mare – che Angeli riesce con rara sensibilità a trasportare sempre all’interno della propria musica, con costruzioni melodiche e deviazioni percussive in grado di restituire in modo unico il «ritmo» della propria terra. Ma non solo. Angeli è ormai di casa da molti anni in Spagna, a Valencia, e le influenze iberiche nella sua musica sono tangibili, così come le sonorità arabe e post-folk. Un melting pot che conferisce alle composizioni un respiro ampio, impossibile da imbrigliare dentro un canone specifico.

Nel suo set semiacustico, il musicista fa ampio uso di delay e distorsioni analogiche alternando diverse tecniche, avvalendosi dell’archetto come di dischi metallici a sostituire il plettro, mentre il ritmo di ogni brano viene scandito da un uso percussivo dello strumento del tutto peculiare. A piedi nudi sul palco, Angeli diventa un tutt’uno con la propria chitarra, immerso in una sorta di estasi di grande impatto, evidenziata ancora di più dal suo canto ipnotico, struggente, nel quale si sentono fortissime le influenze del folk tradizionale sardo, riletto però attraverso una cifra del tutto personale. E così, mentre si è letteralmente immersi nella sua trascinante esecuzione, sembra quasi di scorgerle quelle rade che danno al titolo all’album, approdi per le imbarcazioni ma qui, in senso più ampio, insenature ideali nelle quali riposare lo spirito, fermarsi e farsi invadere dalle sensazioni che questa musica è in grado di evocare.

Foto di Nanni Angeli

Dopo la prima, lunga suite, il concerto si chiude con una potente esecuzione di J’ara, tratta dall’omonimo album del 2021, un brano che riflette l’inquietudine del momento nel quale è stato composto (in pieno lockdown) e che ha però coinciso, per Angeli, con il riappropriarsi della Sardegna più antica, vera e a tratti ancora indomata. Un ritorno alle origini che viene ulteriormente sottolineato dalla poesia che viene cantata in dialetto sardo dal musicista, arricchendo la sua già intensa interpretazione di una ineffabile sacralità.
È il potere di una musica arcaica, dal fascino antico eppure straordinariamente moderna, percorsa da un’irrequietezza e da un’urgenza che si alimentano di spinte opposte e contrarie. Terrigna e al contempo profondamente spirituale, materica ma anche rarefatta, capace di condurre attraverso rotte sconosciute il cui orizzonte resta sempre il Mediterraneo. Lo smarrimento dal quale si può venire colti è tutt’altro che spiacevole, se si riesce ad abbandonarsi alla corrente. Poiché in questo perdersi vi è forse il senso più profondo di una musica che rifugge volutamente i confini e che di bussole non ha bisogno, nella quale – per orientarsi – è forse sufficiente ascoltare e imparare veramente a «sentire».
Lucilla Chiodi
Ecco il link dell’intervista a Paolo Angeli: https://www.musicajazz.it/intervista-paolo-angeli-nijar/