
Fino all’ultimo si è sperato che Robert Wyatt fosse anche lui presente nel salone del Conservatorio Giuseppe Nicolini di Piacenza per il concerto dello scorso 30 novembre (unica data mondiale) della North Sea Radio Orchestra dedicato alla rilettura di «Rock Bottom». Quel capolavoro inclassificabile del 1974 che l’ex Soft Machine iniziò a comporre su una piccola tastiera Riviera nel dicembre di due anni prima proprio in Italia, a Venezia. Certamente si sarebbe compiaciuto dell’omaggio. Le trame cameristiche dell’ensemble britannico diretto dal chitarrista Craig Fortman, echeggiando il poetico e garbato sound della Penguin Café Orchestra, hanno, infatti, reso giustizia della dimensione sognante, sospesa e quasi mai compiuta dei cinque brani dell’album dalla copertina con i disegni di Alfreda Benge. Tutti suonati rispettando la scaletta originale dell’album prodotto da Nick Mason dei Pink Floyd compreso, ovviamente, la ripresa finale di Little Red Riding Robin Hit The Road. La formazione britannica si era già cimentata quattro anni fa a Lione, in occasione di Les Nuits de Fourvière, nella medesima impresa ed è tornata a ripetere la performance forte di una maturità piena del progetto, anche perché Fortman è un frequentatore abituale del repertorio del connazionale.
Per l’occasione l’ensemble britannico, che si caratterizza per un organico sempre mutevole, si è presentato in settetto, che oltre a Fortman comprendeva l’ex membro dei Cardiacs, William D. Drake (piano, Farfisa e voce), Laurent Valero (violino e flauto basso), Harry Escott (violoncello), Nicky Baigent (clarinetto e clarinetto basso), Luke Crookes (fagotto) e Cheb Nettles (batteria), “prelevato” dai Gong in cui milita attualmente. Non solo, a dar rinforzo sul palco c’erano anche tre elementi esterni alla North Sea Radio Orchestra, che hanno fortemente contribuito alla riuscita del concerto: la vocalist piacentina Annie Barbazza, che ha dimostrato un coraggio non comune nell’interpretare le parti di Wyatt, il percussionista Tommaso Franguelli del Conservatorio Nicolini e l’ex Henry Cow John Greaves che ormai è di casa nella città emiliana. Un lavoro corale, quello creato dalla piccola orchestra di Fortman, dove tutti i musicisti si sono spesi a dare spessore alle creazioni metafisiche di Wyatt senza mai prevalere l’uno sull’altro. Gli arrangiamenti sobri, anticonformisti ed estremamente curati in ogni minimo dettaglio hanno rispettato, senza mai stravolgere, le composizioni originali accentuandone semmai, in alcuni passaggi, la dimensione folk. Il concerto si è articolato in due parti, proponendo prima dell’esecuzione integrale di «Rock Bottom» diversi brani del repertorio wyattiano in senso lato, ovvero includendo anche brani non scritti da Wyatt ma da lui interpretati/incrociati in vari contesti.

Dapprima a salire sul palco è stato il duo Greaves/Barbazza, ormai collaudatissimo e avezzo a frequentare anche il repertorio del cantante. Non a caso, in coda all’album registrato in solitudine da Greaves, intitolato «Piacenza» (2016), aveva fatto capolino una rehearsal bonus track: Sea Song. Del tris proposto in apertura, tutti brani firmati da Greaves, si è fatto preferire The Song, cantata dalla Barbazza accompagnata alla voce e al piano da Greaves, che per l’album «Songs» (1994) la affidò a Wyatt. Un brano che con il suo andamento sghembo, così come anche gli altri due, quello che dà il titolo all’album «Kew Rhone» concepito con Peter Blegvad nel 1977) e Bad Alchemy (scritta ai tempi degli Henry Cow e mai abbandonata), ben chiarisce il comune sentire dei due artisti britannici. Altri cinque i brani che hanno preceduto l’esecuzione di «Rock Bottom», tutti svolti con fragile grazia. Un brano è stato affidato alla voce di Greaves accompagnata dal solo violoncello dell’ottimo Escott (God Song), dal celeberrimo secondo album “maoista” dei Matching Mole, «Little Red Record», 1972). Quattro invece eseguiti a pieno organico: The British Road (da «Old Rottenhat», 1985), Forest (da «Cuckooland», 2003), Shipbuilding, scritta da Elvis Costello e ripresa da Wyatt nel 1982, e Maryan di Philip Catherine, che Wyatt prese a prestito per il suo «Shleep» (1997). Qui a spuntarla per un soffio come gradimento sono state Forest e Maryan, di cui si è restituito per intero l’incanto. Un ottimo antipasto prima del piatto forte.
Gran finale con il pubblico in piedi per un doppio bis: prima O’ Caroline di Dave Sinclair ripescata dal primo album dei Matching Mole (1972), qui eseguita con un tempo quasi ballabile. E infine, nuovamente, Sea Song, ancor più convincente alla seconda esecuzione, a chiudere un esperimento che avrà un seguito come ha annunciato Max Marchini, il direttore artistico della rassegna Musiche Nuove di Piacenza che ha promosso il concerto: i musicisti hanno infatti registrato nei giorni precedenti l’esibizione, presso l’Elfo Studio di Tavernago, un album che uscirà l’anno prossimo. Nel solco, ormai inflazionato, di omaggi e tributi ad artisti o a scene ormai sul viale del tramonto o tenute artificialmente in vita (e Wyatt è uno degli artisti più presi di mira, non solo in Italia), quello effettuato dalla North Sea Radio Orchestra spicca per serietà, rigore e bellezza. E anche per un pizzico di modestia, che non guasta mai.
Claudio Bonomi