NO END: TORNA KEITH JARRETT CON UN INEDITO DEL 1986

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Inaspettato, ecco arrivare un nuovo disco di Keith Jarrett per ECM. Si tratta di un doppio album che, sorpresa, risale al 1986 e, seconda sorpresa, è stato registrato dallo stesso pianista nella propria abitazione. Terza sorpresa, è inciso – anzi, sovrainciso – in totale solitudine: Jarrett si esibisce, nell’ordine indicato sul retro, su chitarre elettriche, basso elettrico, batteria, tablas, percussioni, voce, flauto dolce e (ma non in modo così predominante) pianoforte.

Non è, come ognun sa, la prima volta che Jarrett affronta una qualsivoglia parete “in solitaria”. La storia è ormai lunga, fin da “Restoration Ruin” del 1968 per la Atlantic transitando per l’assai sottovalutato “Spirits” (ECM) del 1985. Sono, per così dire, importanti momenti di riflessione che il pianista si concede in periodi non facili della sua vita e della sua carriera, e hanno quasi la funzione di spartiacque tra una fase e l’altra.

Vediamo cosa succederà adesso. “No End”, ai primi ascolti, è assai diverso da tutto ciò che Jarrett ha pubblicato fino a oggi; se proprio è necessario cercarne un precedente, ma più a livello “atmosferico” che musicale, bisogna risalire a “Ruta And Daitya”, il duo del 1971 con Jack DeJohnette: la musica non è certo la stessa (anche se le analogie ci sono, senza dubbio) ma lo spirito è sostanzialmente analogo.

Approfondimenti su questo importante lavoro sul numero di dicembre di Musica Jazz, con qualche piacevole sorpresa. Nel mentre, un disco da ascoltare e, finalmente, qualcosa su cui discutere che non sia l’ennesimo disco in trio o in piano solo.

L Conti