I lunedì del Jazz Club Ferrara sono ripartiti davvero alla grande con il favoloso quartetto del sassofonista portoricano Miguel Zenón, giunto al Torrione (oramai Miguel è di casa nella città estense!) per presentare il nuovo album «Sonero: The Music Of Ismael Rivera».
Questo progetto è nato come omaggio al leggendario salsero portoricano, nato nel 1931 e scomparso nel 1987, ma osservandolo attentamente negli sviluppi in scena, e con cognizione di causa latino-americana, risulta evidente come Zenón – con grande spirito improvvisativo e creativo – utilizzi l’opera di Rivera più come ispirazione che riproposizione. Non si tratta infatti di una rilettura verosimile dell’opera discografica di Rivera, bensì di un rimescolamento in tutto e per tutto «jazzificato» di citazioni e piccolissimi frammenti melodici di celebri brani del repertorio del Sonero Mayor, icona della musica boricua, interprete di bomba e plena e anche di quella salsa nata dal son montuno di cui era diventato un protagonista ammirato in tutto il Sudamerica.
Un concerto di grandissima intensità eseguito da quattro musicisti di enorme spessore, tutti ottimi solisti in grado di stupire il pubblico esperto ed esigente del Torrione per oltre ottanta minuti. Abbiamo così ascoltato un sassofonista geniale (Zenón), un pianista stellare (Luis Perdomo), un batterista di livello incredibile (Henry Cole) e un efficacissimo contrabbassista neozelandese (Matt Penman), sorprendentemente più Latin dei suoi colleghi (due portoricani e un venezuelano) sul magnifico e basilare tumbao di Traigo Salsa.
Su questo, e sugli altri brani di «Sonero», ha ruotato la scaletta di un fascinoso e suggestivo concerto in chiave global jazz e non in jazz en clave con ritmica afro-latina, come invece Ismael, da meraviglioso sonero e rumbero, avrebbe forse preferito per dialogarci assieme.
Gian Franco Grilli